Originale: Center for Economic and Policy Research

http://znetitaly.altervista.org/

18 gennaio 2017

 

L’Uomo di Davos è un protezionista neanderthaliano

di Dean Baker

traduzione di Giuseppe Volpe

 

Sul New York Times è apparso un articolo sulla riunione dei super-ricchi del mondo a Davos, Svizzera. Si riferisce all’Uomo di Davos come a “una élite economica che ha costruito fortune mai viste sugli apparentemente elevati concetti del libero scambio, delle basse imposte e delle limitate discipline di cui si è fatta campione”. Anche se all’”Uomo di Davos” può piacere essere descritto in questo modo, la descrizione non è accurata.

L’Uomo di Davos è in realtà totalmente favorevole al protezionismo che ridistribuisce il reddito verso l’alto. In particolare l’Uomo di Davos appoggia una protezione più forte e più lunga dei brevetti e dei diritti d’autore. Queste forme di protezione aumentano il prezzo dei beni protetti di fattori di decine o centinaia, rendendoli equivalenti a dazi di diverse migliaia o decine di migliaia per cento. Nel caso dei farmaci su ricetta tali protezioni ci costringono a spendere più di 430 miliardi di dollari l’anno (2,3 per cento del PIL) per farmaci che probabilmente costerebbero un decimo di tale importo se fossero venduti in un mercato libero. (Sì, abbiamo bisogno di meccanismi alternativi per finanziare lo sviluppo di farmaci nuovi. Sono discussi nel mio libro gratuito Rigged: How Globalization and the Rules of the Modern Economy Were Structured to Make the Rich Richer.)

L’Uomo di Davos è anche a suo agio con barriere protezionistiche che aumentano il costo dei servizi medici così come la remunerazione di professionisti ad alta istruzione. Ad esempio, l’Uomo di Davos non risulta essersi mai opposto al divieto ai medici stranieri di praticare negli Stati Uniti a meno che completino un programma residenziale statunitense, o al divieto a dentisti stranieri che non hanno completato studi odontoiatrici negli Stati Uniti (o, recentemente, in una scuola canadese). L’Uomo di Davos è seccato soltanto da barriere protezionistiche che aumentino i redditi dei lavoratori dell’industria automobilistica, dell’industria tessile, o di altri lavoratori non laureati.

All’Uomo di Davos vanno bene anche le norme governative che riducono il potere negoziale dei lavoratori comuni. Ad esempio l’Uomo di Davos non si è opposto a norme della banca centrale mirate alla bassa inflazione, anche a costo di aumentare la disoccupazione. Né l’Uomo di Davos si è opposto a tetti privi di significato ai deficit di bilancio, come quelli dell’Unione Europea, che hanno impedito a milioni di lavoratori di trovare un posto.

L’Uomo di Davos è stato anche vigorosamente favorevole ai salvataggi bancari nei quali i governi hanno offerto trilioni di dollari di prestiti e garanzie alle banche più grandi del mondo al fine di proteggerle dal mercato. Ciò ha mantenuto in affari banche troppo grandi per fallire e ha protetto gli stipendi stellari ricevuti dai dirigenti di vertice.

In breve l’Uomo di Davos non ha particolare interesse a un mercato libero o un sistema economico non disciplinato. Si oppone solo a interventi che riducano il suo reddito. Naturalmente l’Uomo di Davos è felice che il New York Times e altri media giornalistici lo descrivano come devoto del libero mercato, anziché semplicemente a diventare incredibilmente ricco.

 


Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/davos-man-is-a-neanderthal-protectionist/

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