Dal sito web del KKE

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17/09/2017

 

Dichiarazione del Partito Comunista di Grecia (KKE) sulla pericolosa situazione nella penisola coreana

di Fabrizio Poggi

 

I comunisti greci evidenziano come gli interessi geostrategici di potenze diverse si scontrino oggi nella regione del Pacifico e come lo scontro USA-RDPC mascheri, nemmeno troppo marcatamente, uno scontro di ben più ampie proporzioni tra attori planetari, tra i quali un ruolo imperialista sempre crescente viene assunto anche dalla UE
 

Di fronte all'animalesca canea scatenata dagli italici media e dai partiti borghesi o socialborghesi, nei confronti della Repubblica Democratica Popolare di Corea, rea di volersi dotare dei mezzi necessari a proteggere la propria indipendenza ed evitare la fine riservata a suo tempo dall'imperialismo USA a Jugoslavia, Iraq, Libia, non pare senza interesse la posizione espressa dai comunisti greci, in cui si evidenzia come le contraddizioni tra interessi capitalisti diversi e tra potenze imperialiste trovino oggi il loro punto focale nella penisola coreana.

I media di regime nostrani, mostrando un'obiettività da retrobottega di vinattieri e nella migliore tradizione delle veline del ventennio, mentre qualificano il leader della RDPC, Kim Jong-un come “pazzo”, “dittatore”, “provocatore” o “imbecille”, inculcano nelle teste dei tele-frastornati la “necessità” di una risposta mondiale alle “provocazioni” di Pyongyang; risposta che, ovviamente, si chiede a gran voce che gli Stati Uniti si incarichino di assicurare quanto prima, a “difesa della pace universale” e della possibilità, oggi preclusa ai monopoli occidentali, di metter le mani sulle ricchezze della RDPC. 

I comunisti greci evidenziano come gli interessi geostrategici di potenze diverse si scontrino oggi nella regione del Pacifico e come lo scontro USA-RDPC mascheri, nemmeno troppo marcatamente, uno scontro di ben più ampie proporzioni tra attori planetari, tra i quali un ruolo imperialista sempre crescente viene assunto anche dalla UE. 

Il KKE, nella consapevolezza che la lotta contro l'imperialismo sia indissolubilmente legata a quella contro il capitalismo, non nasconde nemmeno le responsabilità dei singoli governi nazionali nell'assecondare le scelte militari di USA, NATO e UE e, coerentemente, chiama i comunisti all'impegno antiimperialista contro le proprie borghesie nazionali e i loro esponenti politici. Un richiamo, questo, che in Italia non tutte le forze che si definiscono comuniste sembrano seguire in maniera conseguente.

 

Il Partito Comunista di Grecia esprime profonda preoccupazione per la pericolosa situazione venutasi a creare nella penisola coreana.

Gli eventi riflettono l'intensificazione della concorrenza economica e militare e anche le contraddizioni interimperialistiche, in tutta la regione Asia-Pacifico, tra potenti stati capitalisti e interessi imprenditoriali, ai livelli sia internazionale che regionale. Questo non è conseguenza delle scelte dei leader, presunti "maniaci", di Stati Uniti e Corea del Nord, come deliberatamente propagandano i media per nascondere le cause del confronto.

Tale concorrenza tra Stati Uniti, Giappone, Cina, Russia, ecc., riguarda, in particolare, la nuova divisione dei mercati, lo sfruttamento delle ricchezze energetiche, concentrate in regioni quali la penisola coreana, i mari Cinese Meridionale e Cinese Orientale, l'Artico e altri, che conduce a una crescente e pericolosa corsa agli armamenti e a un possibile conflitto militare. Gli Stati Uniti hanno anche aumentato le vendite di armi moderne a Giappone e Corea del Sud, mantenendo per di più un forte contingente militare (28.000 uomini) e armamenti nelle loro basi in Corea del Sud; conducono in permanenza esercitazioni militari su larga scala, inscenando provocatoriamente l'invasione della Corea del Nord.

Non a caso, fin dall'inizio, il nuovo governo americano di Trump, insieme alla revisione di importanti accordi economici, quali il Trans-Pacific Trade Partnership (TTP), ha concentrato l'attenzione su una concreta regione, situata nel ventre di Cina e Russia, considerata dalla Cina una regione vitale, al pari di altre regioni dell'Asia, che si trovano sulla "Via della seta". Tutto questo, a fianco di un grosso deficit commerciale USA nei confronti della Cina, spinge a una politica aggressiva in difesa dei monopoli americani.

Tra gli Stati capitalisti, gli Stati Uniti mantengono il primato quanto ad arsenale nucleare, da essi già utilizzato, mentre è indicativo il fatto che, di recente, gli Stati Uniti, insieme a Gran Bretagna e Francia, abbiano rifiutato di partecipare ai negoziati sulla convenzione per il divieto delle armi nucleari, dichiarando che questa ignora la realtà della sicurezza ambientale internazionale.

Nel contempo, la NATO parla apertamente della possibilità di utilizzare armi nucleari. Di conseguenza, le urla degli USA sul pericolo del programma nucleare della Corea del Nord non sono che una grossa ipocrisia e un pretesto, dato che le armi nucleari sono possedute anche da altri paesi capitalisti, quali Gran Bretagna, Francia, Pakistan, India e altri. Gli USA gridano alla minaccia nucleare, che proverrebbe sia dalla Corea del Nord, sia dall'Iran, allo scopo di dispiegare il loro cosiddetto "scudo antimissile" nella regione del Pacifico e in Europa, mentre, in collaborazione con la UE, procedono sulla strada del rovesciamento o del sostegno dei governi, in base ai propri interessi, e introducono sanzioni dirette contro i popoli. Essi rafforzano anche la loro presenza militare in Afghanistan, avendo nel mirino la Cina e anche la Russia. Stessa cosa per quanto riguarda il concentramento di truppe NATO nei Paesi baltici.

Da parte sua, la Russia si oppone a questi piani, tesi oggettivamente a prevenire una possibile risposta russa, nel caso USA e NATO intraprendano tentativi di infliggere il "primo colpo nucleare".

Gli USA utilizzano le intenzioni della Corea del Nord di sviluppare il proprio programma nucleare, per portare avanti i loro interessi geostrategici nella regione e nel complesso. Tuttavia, il crimine brutale perpetrato dagli USA 72 anni fa a Hiroshima e Nagasaki, al pari delle conseguenze a lungo termine di quello stesso crimine, dimostrano che la soluzione non risiede nello sviluppo delle armi nucleari. Non a caso, il primo stato operaio al mondo, l'URSS, aveva rifiutato di portare per primo un attacco nucleare e aveva guidato la lotta per un mondo senza armi nucleari.

L'inasprimento della tensione nella penisola coreana non muterà e non appianerà la situazione nel Mediterraneo orientale e in Medio Oriente. Non solo perché le conseguenze di possibili azioni militari con l'impiego anche di armi nucleari saranno globali, ma anche perché, in ultima analisi, è fragile “l'equilibrio” interimperialista e può risolversi in un effetto “domino” su scala internazionale, dal Baltico, al mar Nero e Mediterraneo orientale, sino all'Africa, all'Asia e all'oceano Pacifico.

Non è la prima volta che gli USA concentrano la loro attenzione su questa regione. Dal 1950 al 1953 condussero la guerra di Corea, in cui morì più di mezzo milione di persone e che portò allo smembramento della Corea. Non si deve nemmeno dimenticare che la Grecia partecipò all'intervento militare imperialista in Corea, con l'approvazione della borghesia e dei suoi rappresentanti politici, intervento in cui morirono più di 180 greci e 600 rimasero feriti.

Il governo greco, sostenuto dal principale partito di opposizione e da altri partiti borghesi, porta una grossa responsabilità per il fatto che partecipa e si conforma alle decisioni e ai piani pericolosi della NATO, nell'interesse della borghesia locale, come avevano fatto tutti i precedenti governi borghesi. Esso cerca di rafforzare il ruolo della Grecia all'interno dell'Alleanza, in nome dell'elevamento dello status geostrategico del paese. Recentemente, si è detto d'accordo con l'espansione della base navale di Suda e di altre basi militari e infrastrutture per le operazioni USA, NATO e UE. Il governo copre anche la quota greca delle enormi spese della NATO e trascina ancor più profondamente le forze armate del Paese nei piani degli imperialisti, rafforzando la concorrenza con la Turchia.

Vari media e anche alcuni politici utilizzano la situazione creatasi con la questione nucleare della Corea del Nord, non solo per screditare nel suo complesso la lotta dei popoli per un mondo senza sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, ma anche per preparare il terreno, affinché il nostro popolo accetti come dovuto l'intervento militare USA e NATO contro la Corea del Nord, con il pretesto di "ristabilire la democrazia" e della "lotta contro le armi di distruzione di massa", come è stato utilizzato per altri interventi imperialisti, quali ad esempio quello in Iraq. Il KKE ritiene che il popolo di ogni paese sia responsabile delle decisioni e delle scelte economiche, sociali e politiche del regime del proprio paese e abbia diritto di cambiarlo, organizzando la lotta.

Lo sviluppo degli avvenimenti richiede vigilanza, consolidamento della solidarietà internazionale, intensificazione della lotta contro gli interventi imperialisti e le guerre e contro le armi nucleari. Questa lotta è indissolubilmente legata alla lotta per il pane e il salario, contro il capitale e il governo, di qualunque sfumatura borghese. Essa è legata alla lotta contro le alleanze imperialiste, quali NATO, UE, così come contro altre alleanze, operanti in Asia e in altre regioni, contro lo stesso sistema capitalista di sfruttamento e il potere del capitale che, come dimostra la storia, non si ferma di fronte a nessun crimine contro i popoli, pur di superare le acute contraddizioni e gli enormi problemi, raggiungere i propri obiettivi e assicurare il proprio dominio.

 

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