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Lunedì 20 febbraio 2017

 

Disumanità

di Marco Aime

 

«Il razzismo è la più grave minaccia dell’uomo verso l’uomo – il massimo di odio con il minimo di ragione», ha scritto il rabbino e filosofo polacco Abraham Joshua Heschel. Il minimo di ragione: questa è la grande verità, perché uno degli elementi più deleteri del razzismo, in qualunque sua forma, è che si basa su un elemento che non dipende minimamente dall’individuo.

Ammesso che esistessero delle “razze” umane (ma non esistono), ciascuno di noi apparterrebbe a una di esse senza averlo scelto e senza peraltro avere nessun merito o colpa nell’appartenervi. Si tratterebbe di fatti di natura, come il colore della pelle, degli occhi, la statura, nessuno di noi sceglie se essere alto, biondo, con gli occhi mandorla. Eppure si riesce a trovare una colpa anche in questo, si riesce a discriminare sulla base di elementi che nulla hanno a che fare con le nostre preferenze.

Per questo il razzismo è la negazione del diritto, ed è quanto mai curioso che sia stato e sia ancora molto radicato in paesi che si fondano sul diritto e lo rivendicano con orgoglio. Lo è perché il diritto si fonda sul giudizio che una società attribuisce alle azioni dei suoi membri, cioè a quegli atti che compiono coscientemente e deliberatamente. Si punisce o si premia per ciò che si fa, non per ciò che si è.

È tutta qui la disumanità del razzismo, perché a renderci umani è proprio la possibilità di scegliere, di agire secondo una coscienza. Se questo viene meno, ecco che torna minacciosa ad affiorare la terribile domanda che Primo Levi fu costretto a porsi davanti alla tragedia innescata dall’odio razziale: è ancora un uomo questo? Quando gli viene tolta ogni forma di dignità, di possibilità di decisione, di pensiero, perde ogni residuo di umanità. Sono passati oltre settant’anni da quel genocidio, eppure non sono bastati a cancellare il pensiero razzista: lo vediamo nelle discriminazioni quotidiane attuate negli Stati Uniti, nel risorgere dell’antisemitismo, nelle rabbie contro gli stranieri.

«Vivere nel mondo di oggi ed essere contro l’uguaglianza per motivi di razza o colore è come vivere in Alaska ed essere contro la neve», ha detto il grande scrittore statunitense William Faulkner. Sembra assurdo, ma sembriamo sempre di più eschimesi che imprecano contro il freddo.

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