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11 ottobre 2017

 

Dentro un’assemblea popolare di quartiere a Barcellona. Attenuata la sbornia mediatica, batte il tempo dell'autogestione

 

Nella giornata seguente la mancata dichiarazione effetiva di indipendenza in Catalogna si ritorna nei quartieri e nelle assemblee di base.
Siamo andati ad assistere a quella convocata dal Movimento Popolare di Gracia di Barcellona, svoltasi in una piazza tra le più attraversate di giorno e di notte del quartiere omonimo, situata a ridosso del centro turistico ma a forte caratterizzazione popolare.

Nelle sedie portate dai militanti di base per l’occasione con carretti e amplificazione al seguito, si sistemano in poco tempo centinaia di persone, oltre trecento.
Il punto all’ordine del giorno è quello di tirare le somme sui concitati eventi che hanno scosso financo i piani alti dell’ Unione Europea proprio a partire da qui, da Barcellona e dagli altri centri abitati della Catalogna.

L’aria è frizzante, la voglia di partecipazione è palpabilmente alta così come la necessità di fare chiarezza e parlarsi. Una voglia transgenerazionale, con famiglie e anziani in prima fila a supportare la generosità dei militanti delle organizzazioni di base del quartiere, evidentemente più giovani.

Dopo un breve saluto prendono parola in maniera concitata eppure mai con toni troppo accesi persone dalle estrazioni più diverse. Pure catalani che non si riconoscono nella modalità con cui si ha proceduto alla convocazione dell’ultimo referendum , che vengono puntualmente ascoltati e applauditi a mò di scherno dai presenti, soprattutto quando spunta la parola “legalità”.
La maggior parte degli interventi si sofferma sulla necessità di approfondire i percorsi che riguardano il quartiere ma son ben presenti la riflessione e lo sguardo rivolti all’ Europa. “Come ci faremo sentire dal basso dagli altri popoli?” questa la domanda più o meno implicita che intercorre e fa da sfondo agli interventi.

Si guarda per esempio a cosa viene percepito e cosa pensano aldilà della frontiera i lavoratori francesi, e che non c’è da chiudersi solo nel pensare una resistenza vista come inevitabile dopo le dichiarazioni di Rajoy e dei suoi fidati.
Come rompere uno schema “unionista” che spezzerebbe le volontà delle genti catalane con quelle delle altre comunità della Spagna la priorità. La consapevolezza che dopo l’1-0 non si torna indietro è chiave di volta dei discorsi e quella data viene sentita come prova provata di una esercitazione di democrazia vera, come quella auspicata durante il movimento delle acampadas, di cui poi tanti partecipanti sono andati al contempo a infoltire le piazze reclamando “dialogo” dopo l’1-O e il 3-O.

Si parla in catalano, e questa volontà è rispettata da chi interviene affermando di venire da altri posti; una asturiana dice a proposito che parlare in catalano non gli pesa, e che da questo punto di vista prova profondo rispetto perchè non ha mai visto persone catalane imporre la loro lingua e la loro cultura nelle altre Comunità.

Altri, quando l’assemblea entra nel vivo, sottolineano che se si parla ovunque di repubblica e autodeterminazione è per l’esercizio di forza della volontà popolare e che il Govern non ha mandato di trattare ma quello di proclamare la Repubblica. Appare tuttavia evidente che ad ora non si tirano somme politiche nè si apre una aperta critica alle mosse dei politicanti nel Parlament, quanto si richiama con energia all’elaborazione di un calendario di mobilitazione diffusa per riportare al centro la voce della piazza. Si ipotizzano assemblee coordinate tra i comitati di difesa del referendum dei vari quartieri, ora divenuti di difesa della repubblica, e blitz e azioni di comunicazione nei punti più frequentati e attraversati quotidianamente a Gracia, con manifesti e cartelli, Ci si appuntano mail e si danno luoghi di ritrovo per apportare idee e suggestioni per implementare la mobilitazione nei prossimi giorni e si fissano le prime iniziative per la settimana che viene.
Alcuni anziani affermano di essere tornati un pò disgustati da conferenze promosse da partiti e dicono che ciò che si sta immaginando in questo momento in piazza non basta, che la via è e permane quella dello sciopero generale per riabbracciare chi è rimasto attonito dalla durezza della realtà o tifava un escamotage per raggiungere autodeterminazione e indipendenza con una via facile.

L’indomani frattanto è allerta per il giorno della “hispanidad”, e l’auspicio che chiude l’assemblea è quella di presidiare i quartieri in un giorno che assume un valore considerevole quest’anno proprio per il clima politico che si respira nella penisola e in cui provocazioni fasciste come quelle avvenute a Valencia il 9 ottobre scorso sono altamente probabili.

L’assemblea, per quanto abbia avuto tante discontinuità e una eterogeinità difficilmente resocontabile in queste poche e sommarie righe, ha ridato linfa dopo giornate in cui il serrato tam tam mediatico dalle e sulle istituzioni aveva a dir poco silenziato le volontà dei quartieri catalani.

 

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