Originale: The Real News

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24 ottobre 2017

 

La Spagna ricorre al “nucleare” contro la Catalogna

Aaron Maté intervista Sebastian Faber

traduzione di Giuseppe Volpe

 

AARON MATE’: Qui è Real News. Sono Aaron Maté. La crisi costituzionale in Spagna e in Catalogna si sta aggravando. In reazione al recente voto catalano a favore dell’indipendenza, il primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, ha annunciato che toglierà l’autonomia alla Catalogna e rimuoverà il suo leader. Questa cosiddetta opzione nucleare è basata sull’articolo 155 della Costituzione spagnola, che consente al parlamento di assumere misure straordinarie per ripristinare l’ordine nel paese. La mossa deve ancora essere ratificata dal parlamento spagnolo, ma sabato Rajoy ha detto che è la sua sola opzione.

MARIANO RAJOY: Abbiamo applicato l’articolo 155 perché nessun governo, ripeto, nessun governo di nessun paese democratico può accettare che la legge sia ignorata, che la legge sia violata, che la legge sia cambiata, e che tutto ciò sia fatto cono lo scopo di imporre ad altri i propri criteri.

AARON MATE’: E’ con me ora Sebastian Faber, docente di studi ispanici presso l’Oberlin College, autore dell’imminente libro ‘Battaglie della guerra civile spagnola’. Professor Faber, benvenuto. Può spiegarci che cosa è successo negli ultimi pochi giorni?

SEBASTIAN FABER:  Quello che è successo è che il governo spagnolo di Madrid è venuto fuori con quello che aveva detto che aveva intenzione di fare, cioè invocare l’articolo 155 della Costituzione spagnola, che è formulato in termini vaghi ma che fondamentalmente consente a Madrid di assumere il governo o di revocare l’autogoverno di qualsiasi regione autonoma che consideri non all’altezza dei suoi doveri o che ponga una minaccia agli interessi della nazione. Sabato Rajoy, il governo del primo ministro si è riunito per discutere questo. La domanda è stata in realtà: stavano per proporre una versione leggera, minima del subentro a tale autonomia o avrebbero scelto la pesante opzione nucleare?

Penso abbiano sorpreso tutti spingendosi con l’”atomica” più in là di quanto chiunque si sarebbe aspettato, perché sono venuti fuori con una proposta di rilevare interamente il governo autonomo della Catalogna, di sostituire l’attuale presidente della Catalogna con il primo ministro e di subentrare a ogni singolo dipartimento del governo catalano, comprese la televisione e la radio pubbliche della Catalogna che, assieme a istruzione e lingua, sono una delle competenze devolute alle comunità autonome. Questa è un’approvazione impressionante di misure che cancella, fondamentalmente con un tratto di penna, quarant’anni di governo autonomo della Catalogna e ha causato una reazione immediata a Barcellona. Una manifestazione era già stata programmata ma ha visto una partecipazione più massiccia del previsto.

Attualmente la proposta che è stata formulata sabato è in corso di dibattito e di votazione al senato spagnolo. Tale dibattito e tale votazione sono previsti per venerdì prossimo. Ci sono ora quattro o cinque giorni nei quali le cose potrebbero cambiare. Potrebbero ancora esserci dei negoziati. Ci si aspetta che il presidente catalano compaia davanti al senato di Madrid e sostenga la sua tesi contro questo articolo 155. E’ anche possibile che il presidente catalano approfitti di questo breve arco di tempo che ancora ha, nel quale è di fatto ancora solidamente in carica in Catalogna, e convochi elezioni, elezioni originali. Non è del tutto chiaro.

AARON MATE’: Nel discorso del presidente catalano egli ha parlato in parte in inglese in un tentativo di fare appello alla comunità internazionale. Che cosa pensi stesse cercando di fare e pensi che la sua apertura troverà eco nel mondo?

SEBASTIAN FABER: Egli ha cercato, come sta cercando la Catalogna, di schierare l’opinione pubblica a suo sostegno. Quella che stanno in realtà cercando è una qualche forma di riconoscimento da parte dell’Unione Europea, idealmente naturalmente che la Catalogna ha il diritto di dichiarare l’indipendenza. L’Unione Europea non lo ammetterà mai, ma almeno un riconoscimento da parte dell’Unione Europea che la Spagna ha un problema reale e che il governo di Madrid non lo sta risolvendo nel modo giusto. Nemmeno questo è successo. I segnali in arrivo da Bruxelles finora sono stati: “Questo è un problema interno. Noi sosteniamo il governo Rajoy nella sua applicazione della Costituzione e non crediamo in alcun genere di separatismo”.

L’altra questione è se Puigdemont sia stato in grado di appellarsi all’opinione pubblica internazionale più in generale, dunque alla società civile negli Stati Uniti e nell’Unione Europea. Chiaramente c’è un certo sostegno, penso, specialmente a sinistra, nel mondo civilizzato, diciamo, a quello che la Catalogna sta cercando di fare. Non è chiaro, realmente, in quale misura l’opinione pubblica internazionale sarà in grado di esercitare pressione in misura tale da costringere effettivamente il governo Rajoy a mutare corso.

Penso che uno dei punti deboli del governo Rajoy, per essere onesti, sia la scarsa qualità dei suoi rappresentanti pubblici. Ad esempio il ministro degli affari esteri, Dastis, è apparso l’altro giorno sulla BBC affermando che molte delle immagini che abbiamo visto della polizia che reprimeva gli elettori il 1° ottobre in Catalogna erano false e il giornalista della BBC non ha davvero potuto fare a meno di ridere a questa affermazione ridicola del ministro degli esteri spagnolo. C’è un modo nel quale la credibilità del governo Rajoy all’estero è scarsa, anche tra i leader della UE, ma questo non significa che i leader della UE abbandoneranno la loro posizione fondamentale, cioè che questo è un problema interno e che la sola legge applicabile è la Costituzione spagnola.

AARON MATE’: Un problema di Puigdemont, immagino anche, è la situazione interna. Il referendum è stato approvato in misura schiacciante secondo le autorità locali, ma l’affluenza è stata inferiore al 50 per cento. Nel contempo questo non sta anche alimentando incertezza economica nelle imprese che ora affermano di star valutando un’uscita dalla Catalogna perché c’è troppa instabilità?

SEBASTIAN FABER: Sì, migliaia di aziende hanno fatto il gesto di ritirarsi, nel senso che hanno cambiato il loro indirizzo principale, non esattamente la loro direzione, ma il loro indirizzo principale. Lo hanno trasferito fuori dalla Catalogna. Ci sono stati molti casi. E’ una paura reale. La conseguenza di un qualche genere di esodo economico o imprenditoriale dalla Catalogna è una paura reale, e sarebbe davvero destabilizzante; immagino stia già destabilizzando l’economia catalana.

Hai anche ragione sul fatto Puigdemont, da un punto di vista strettamente legale, è in una posizione non troppo forte perché anche se il 90 per cento delle persone che hanno votato il 1° ottobre ha votato a favore dell’indipendenza, si è trattato di poco più del 40 per cento di quelli che avevano diritto di voto. E’ anche vero che la Costituzione spagnola non consente un referendum sull’autodeterminazione, per non parlare della secessione. In realtà tutto quello che ha ottenuto è stato la forza dell’indignazione morale e potenzialmente il sostegno dell’opinione pubblica internazionale.

Che cosa stia realmente perseguendo è tuttora, secondo me, non del tutto chiaro. Per me non è evidente che lui, o almeno il suo partito, voglia realmente l’indipendenza e creda nell’indipendenza come obiettivo finale. Penso che per loro una soluzione accettabile sarebbe un qualche genere di esito negoziato nel quale la posizione della Catalogna all’interno della Spagna sarebbe definita più sulla falsariga di come piacerebbe loro vederla, sarebbe di maggior vantaggio per la Catalogna, rafforzerebbe l’autogestione. Parte di suoi associati di coalizione in questa vasta colazione filo-indipendentista, specialmente il CUP, il partito più di estrema sinistra, probabilmente non accetterebbe ciò come un risultato positivo di questo processo. Puigdemont, come hai detto, deve combattere con questa mancanza di posizione legale ma anche con una potenziale rottura della coalizione che lui guida.

AARON MATE’: Se ricordo bene, in una precedente intervista tu hai indicato che Puigdemont potrebbe avere una motivazione politica in questa lotta per l’indipendenza, nel senso di puntellare sostegno interno alla sua guida come modo per schierare la gente attorno a lui, rispetto a essere necessariamente dedito al reale obiettivo dell’indipendenza.

SEBASTIAN FABER: Sì, questo è vero. Penso che entrambi i partiti, entrambi i partiti principali, il Partido Popular, il partito di Rajoy a Madrid e [incomprensibile] partito in Catalogna partecipino a questo gioco in parte per guadagnare voti, o comunque non perdere elettori. Penso sia importante, se posso proporre un altro punto…

AARON MATE’: Prego.

SEBASTIAN FABER: Penso che al di là delle motivazioni e degli obiettivi di breve termine di questi politici sia importante non perdere di vista il fatto che il problema catalano, la crisi della Catalogna, è realmente una crisi della Spagna.  E’ una grave crisi costituzionale di legittimità, che è davvero il prossimo capitolo di qualcosa che abbiamo visto iniziare nel 2011 con il Movimento degli Indignados, il Movimento 15M. Attualmente in Catalogna si potrebbe dire che lo scontento generale riguardo allo stato della democrazia in Spagna e al calibro della democrazia in Spagna stia attualmente trovando un veicolo nella causa per l’indipendenza, che è solo un veicolo per una crisi molto più profonda che l’invocazione dell’articolo 155 lo scorso sabato non fa che confermare, perché se la gente è scontenta del livello della democrazia, del livello della partecipazione, della corruzione dei partiti politici, della rigidità dell’esecutivo tradizionale e delle strutture legislative in Spagna, allora cancellare fondamentalmente del tutto la democrazia nell’interesse e nel nome della Costituzione non fa che dimostrare che il sistema è realmente marcio e deve essere corretto in qualche modo.

AARON MATE’: Al riguardo mi chiedo se di nuovo questo apre un qualche spazio per Podemos, il movimento contro l’austerità sorto negli ultimi anni, in grado di raggiungere le persone sia in Spagna sia in Catalogna con il suo messaggio come alternativa al governo spagnolo, specialmente dopo la brutale repressione da parte del governo spagnolo del voto catalano avvenuta appena poche settimane fa.

SEBASTIAN FABER: Sì, in linea di principio sono d’accordo con te. C’è un’apertura. Penso che un elemento chiave qui sia il capitale locale o la credibilità locale. E’ davvero difficile a questo punto in Spagna, considerato l’appesantimento che ha realmente subito la società civile, cosicché la visione della Catalogna non è solo politica. E’ davvero dividere famiglie, amicizie e anche partiti politici, compreso Podemos. E’ uno scenario davvero difficile da percorrere per qualsiasi partito politico che non sia già impegnato o a essere fortemente a favore o fortemente contro l’autodeterminazione della Catalogna. In linea di principio sarei d’accordo con te che c’è un’apertura per una critica più vasta, più ragionata del sistema com’è e per un appello alla riforma a tale sistema, ma il modo in cui a questo punto sono state mobilitate le emozioni e il modo in cui le alleanze politiche sono state mobilitate dai partiti che possiamo vedere occupare i punti estremi del dibattito sulla Catalogna rende davvero difficile per Podemos rompere tale divisione e intraprendere un qualche tipo di via di mezzo, anche se è quella che ha maggior senso nel lungo termine.

AARON MATE’: Giusto. Mentre aspettiamo di vedere come voterà il senato spagnolo, qual è la tua previsione riguardo a quel che succederà?

SEBASTIAN FABER: E’ duro. Direi che Madrid non vuole davvero applicare il 155. Il modo in cui hanno formulato la cosa, in un modo così incredibilmente radicale, è nella pratica molto difficile da attuare. Ad esempio proprio oggi i dipendenti del sistema televisivo pubblico catalano hanno già dichiarato che non eseguiranno alcun ordine che venga da Madrid. Obbediranno agli ordini provenienti dal parlamento catalano. Penso che l’insieme di misure esposto sabato sia stato inteso come minaccia, una minaccia che in concreto non è possibile mettere davvero in atto e perciò penso che sia la minaccia della dichiarazione d’indipendenza della Catalogna, da un lato, e la minaccia di un intero e totale giro di vite da Madrid siano intese come parte di un negoziato di qualche genere, costringendo l’altra parte a cedere. Penso che entrambe le parti sperino segretamente in un qualche tipo … nutrano speranze che si sarà qualche genere di soluzione negoziata. Il problema è un po’ che politicamente entrambe devono salvare la faccia in tale soluzione, dunque sarà una storia molto difficile da raccontare da entrambe le parti.

Non è realmente una previsione, immagino, ma è ancora difficile dire che cosa succederà. Se il giro di vita avrà realmente luogo, se Madrid manterrà la parola e il senato approverà l’insieme di misure che sono state esposte sabato, penso che in Catalogna ci sarà un caos assoluto. Persino, ad esempio, la polizia, i Mossos d’Esquadra, l’apparato di sicurezza della Catalogna, sarà divisa nella sua lealtà e sarà divisa tra obbedire all’autorità catalana o obbedire all’autorità spagnola. La ricetta è davvero per un caos totale in tutti gli aspetti della vita civile, della vita pubblica, della sicurezza e dell’economia.

[Convenevoli di chiusura omessi – n.d.t.]     

 


Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/spain-takes-nuclear-option-on-catalonia/

 

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