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29 settembre 2017

 

Tendenza tetra per l’Europa

di Roberto Savio

traduzione di Giuseppe Volpe

 

In generale i media hanno mancato di analizzare il motivo per il quale il risultato delle elezioni tedesche è stato il peggiore possibile. La Merkel non è una vincitrice, bensì una leader oggi in una posizione molto fragile che dovrà fare molti compromessi e pagare ora per i suoi errori. Fissiamo almeno i quattro punti principali di analisi.

 

Punto uno: il declino dei partiti tradizionali

Ormai da diversi anni i partiti tradizionali che hanno gestito i loro paesi dalla fine della seconda guerra mondiale stanno diventando irrilevanti. Le ultime elezioni francesi hanno visto il pratico collasso dei partiti socialisti e gaullisti, con l’arrivo di un candidato totalmente sconosciuto, Macron, che detiene oggi il 60 per cento dei voti in parlamento. Lo stesso è accaduto in precedenza nelle elezioni presidenziali austriache.

Questo processo è ora iniziato in Germania. Il partito della Merkel, la CDU, ha avuto i risultati peggiori dalla sua fondazione. E il suo partito gemello, la CSU (la CSU bavarese) ha perso uno sbalorditivo milione di voti. Lo stesso è successo allo SPD che ha visto il consenso più basso dai tempi moderni. I due partiti, che alle ultime elezioni avevano ottenuto il 67,2 per cento dei voti, ora sono arrivati appena al 53,2 per cento. E, come dovunque altrove, i voti mancanti sono andati a partiti beneficiari di scontento, e il desiderio di punire l’establishment è stato evidente. La Linke, un partito radicale di sinistr, ha ottenuto un ulteriore 0,6 per cento, da elettori che hanno rifiutato la crescente disuguaglianza sociale e non hanno creduto che lo SPD sarebbe stato diverso dalla CDU al riguardo. I Verdi hanno ottenuto uno 0,5 per cento aggiuntivo dai disgustati dalla promessa della Merkel di aumentare i costi della difesa del 2 per cento del PIL, per far piacere a Trump. Ma la grande vincitrice è stata l’AfD, un partito di estrema destra, che è stata il canale dell’insoddisfazione popolare per gli immigrati, per l’Unione Europea e su altri temi nazionalisti e populisti. L’Afd ha ottenuto il 12,6 per cento dei voti diventando il terzo partito e con 96 membri in parlamento. L’AfD ha ottenuto 980.000 dalla CDU, 470.000 dallo SPD, 400.000 voti dalla Linke. Ma, cosa molto più importante, 1.200.000  voti da persone che non avevano votato nelle elezioni precedenti. In un sondaggio il 60 per cento di loro ha affermato di essere “deluso dalla situazione politica attuale”. Al tempo stesso la società di sondaggi Infratest Dimap ha rilevato che l’84 per cento considerava la situazione economica della Germania “buona”, quando era il 74 per cento quattro anni fa, e solo il 19 per cento otto anni fa. Le elezioni chiaramente non sono state incentrate sull’economia bensì sull’immigrazione e sulla perdita di identità della Germania.

Pertanto la vittoria di Macron sulla Le Pen non è la fine dell’onda populista. E pochi dubitano che se Macron perderà il suo fascino (come sta già succedendo) e la sua lotta per le riforme sociali sarà fermata da manifestazioni di massa, la Le Pen vincerà le prossime elezioni. E i partiti antisistema di tutta Europa non hanno vinto le ultime elezioni, ma neppure le hanno perse. Oggi sono l’ago della bilancia di tutti i paesi nordici e possono dichiarare, come Farage, il fondatore del partito antieuropeo UKIP, quando ha perso le ultime elezioni britanniche: è irrilevante, il nostro messaggio è divenuto parte dell’intero sistema politico. E la Brexit è stata il miglior esempio che aveva ragione … tutti i partiti dei paesi nordici hanno dovuto accogliere punti dei populisti, specialmente sull’immigrazione.

E’ stato generalmente ignorato che la principale protagonista di questo cambiamento è stata la classe media. La disuguaglianza sociale in Europa è cresciuta costantemente e molti della classe media sono impoveriti o spaventati. La Germania è un buon esempio. Anche se con la Merkel la disoccupazione è scesa dall’11 per cento al 3,8 per cento, quelli prossimi alla soglia della povertà sono passati dall’11 per cento al 17 per cento del totale. La Merkel è passata da un deficit pubblico di 100 miliardi di dollari a un avanzo di 20 miliardi, ma contemporaneamente la povertà è raddoppiata al 10 per cento e ci sono due milioni di persone che fanno due lavori per arrivare alla fine del mese. E i pensionati che vivono sotto la soglia della povertà sono aumentati del 30 per cento. Il 15,7 per cento dei tedeschi vive oggi sotto la soglia della povertà. Di questi, quasi tre milioni sono bambini.

Sono solo le paure e le frustrazioni della classe media ad aver determinato la Brexit e Trump? L’economista Homi Kharas, specializzato sulla classe media, considera che il 43 per cento della popolazione mondiale (circa 3,2 miliardi di persone) costituisce oggi la classe media mondiale. Cresce ogni anno di 160 milioni.  Ciò che ha in comune è che specialmente la classe media ha forti aspettative dal governo e pone la crescita economica davanti a tutto. E’ aiutata da Internet e dai media sociali a essere consapevole dei propri diritti, e dei rischi. In paesi ricchi l’istruzione di massa contribuisce alla consapevolezza. Nei paesi in via di sviluppo la pressione sui governi è ugualmente forte. Il miglior esempio è la Cina. Tra il 2002 e il 2011 c’è stato un forte aumento delle proteste e della perdita di fiducia nelle istituzioni pubbliche, nonostante un periodo di crescita economica. Il fatto è che per tenere insieme crescita e giustizia sociale ci vogliono risorse. E questo è un problema per la sinistra. Il suo messaggio genetico è ridistribuzione e partecipazione. Come realizzarle quando siamo in un mondo in cui le risorse diminuiscono?

 

Punto due: l’antisistema diventa un sistema radicato

Bill Emmot, ex direttore dell’Economist, ha scritto: “Viviamo in un periodo di tumulto politico. Partiti con meno di un anno di storia hanno preso il potere il Francia e nella megalopoli di Tokyo. Un partito con meno di cinque anni di storia è alla testa dei sondaggi in Italia. La Casa Bianca ospita un miliardario che non ha mai avuto alcuna esperienza politica”. E dovremmo aggiungere che prima della crisi del 2009 nessun partito populista o xenofobo era rappresentato in parlamento.

Abbiamo perciò scarsa esperienza di come si comporta il sistema antipartiti quando è al potere. Ma se guardiamo a Stati Uniti, Polonia e Ungheria, essi stanno chiaramente cercando di mettere sotto controllo le istituzioni pubbliche, non per i valori della democrazia che li hanno portati al potere, ma per una nuova campagna di paure e avidità: globalizzazione, immigrazione, disoccupazione a causa dell’automazione, disuguaglianza, razzismo e “il mio paese al primo posto”. E i partiti antisistema, che hanno trasmesso messaggi di congratulazioni all’AfD, guardano a Putin come modello politico da seguire (a eccezione della Polonia, per motivi ovvi). Ma l’ungherese Orban parla apertamente di “democrazia illiberale” come motivo principale per combattere la UE (e la Polonia di valori del cattolicesimo con un’Europa laica).

E’ legittimo allora pensare che quando l’AfD, la Le Pen e compagni saliranno al potere (se la tendenza antisistema non sarà fermata) assisteremo a un grave declino della democrazia … anche perché abbiamo Giappone, India, Cina, Turchia, Filippine, per citarne solo alcuni, che sono nazionalisti, xenofobi e tendono a proiettare la loro visione, come i pirati informatici russi hanno fatto nelle ultime elezioni.

Dobbiamo guardare al declino della partecipazione dei giovani alla politica come a un fenomeno nuovo estremamente preoccupante. Le priorità negli stanziamenti di bilancio vanno sempre più alle generazioni più anziane, che votano. E’ importante notare che la vasta maggioranza dei giovani non vota per i partiti antisistema, ma si astiene. Se i giovani avessero votato non avremmo Brexit e Trump. Alle elezioni tedesche solo il 10 per cento di quelli tra i diciotto e i ventiquattro anni ha votato per l’AfD: tutti gli altri gruppi di età lo hanno fatto e dobbiamo spingerci alla fascia di età più elevato, quelli sopra i settant’anni, per vedere un declino a solo il 7 per cento dei voti. Ma il 69 per cento dei più anziani ha votato per CDU e SPD, contro il 41 per cento dei più giovani. Dunque la teoria che i giovani si stanno spostando a destra è un mito. Preferiscono astenersi … ma il problema resta. La loro astensione aiuta sia il sistema a permanere, sia l’antisistema a vincere. Ma prendiamo ad esempio l’Italia, amministrata da un governo di centro sinistra, il PD. Ha appena approvato un incentivo per la disoccupazione giovanile (quasi il 30 per cento) dopo aver stanziato 30 miliardi di dollari per salvare quattro banche regionali. Il M5S antisistema, che è oggi in testa ai sondaggi, ha fatto della lotta contro il sistema finanziario una priorità. Se foste giovani, istruiti e disoccupati, quale sarebbe la vostra scelta?

 

Punto tre: le elezioni tedesche sono un disastro per l’Europa

L’attrattiva di un’Europa integrata è da un po’ in declino. E’ diventato di moda presentare le istituzioni europee come un branco di burocrati non tenuti a rispondere, privi di rapporti con la realtà, intenti a discutere la dimensione dei pomodori. In realtà è il Consiglio dei Ministri, costituito da rappresentanti degli stati, a prendere le decisioni: la UE può solo attuarle. Ma diventa politicamente comodo tornare da Bruxelles e presentare decisioni, specialmente quelle impopolari, come un diktat imposto al proprio paese. Questo è ovviamente solo uno dei molti motivi del declino dell’Europa come progetto politico. Ma è utile ricordare questo gioco, perché dimostra l’irresponsabilità della classe politica. Non c’è mai stata una vera unità dietro il progetto europeo. Ogni paese ha solo cercato dividendi e oggi nemmeno quelli (come dimostra l’esempio di Polonia e Ungheria, vastissime beneficiarie). Dunque dove sta andando l’Europa?

Ci sono in realtà tre visioni dell’Europa. Una è la visione di Juncker, il capo della UE. Chiede il rafforzamento delle istituzioni europee e quello degli obiettivi sociali, finora lasciati indietro rispetto alle priorità economiche e commerciali. Non è che Juncker sia un progressista: egli si rende semplicemente conto che se non si fa ciò i partiti antieuropei avranno vita facile. La sua idea è di rafforzare l’Europa come entità sovranazionale, con gli stati che concedono maggiore potere per un funzionamento migliore. Poi c’è la visione di Macron, che va nella stessa direzione, ma da un paese che ha sempre gelosamente difeso la sua sovranità nazionale. Tuttavia egli si rende conto che in questo mondo competitivo nessun paese europeo può andare lontano e che perciò è necessaria un’Europa forte. Poi c’è l’Europa della Merkel, che guarda fondamentalmente a una federazione di paesi, dove le decisioni sono prese dagli stati (con la Germania lo stato più forte) con la UE che le mette in atto. Da quando Macron ha assunto il potere si è fatto campione della rinascita dell’entente franco-tedesca, che è necessaria per un’Europa vitale. Macron e il sud dell’Europa hanno chiesto la socializzazione delle entrate europee in modo da sostenere i più deboli e avere una crescita comune, creando un Fondo Monetario Europeo per superare la crisi, un super ministro delle finanze e dell’economia, una difesa europea comune e numerose misure sociali per riconquistare la fiducia nell’Europa dei perdenti europei.

Beh, è esattamente contro questo che la Germania ha posto ogni volta il veto. I tedeschi non vogliono condividere le loro entrate con i perdenti. In questo dibattito c’è un forte argomento religioso e morale: l’etica protestante contro la cultura cattolica del perdono facile. La Grecia è stata il terreno in cui affermare la dottrina dell’ordoliberalismo, la visione tedesca dell’economia, in cui la superficialità e l’assenza di disciplina devono essere punite. Questo è anche un avvertimento ad altri paesi, quali Italia, Spagna e Portogallo. Il risultato delle sanzioni alla Grecia, che costituiva solo il 4 per cento dell’economia dell’Europa, è che dopo sette anni c’è almeno il 20 per cento di disoccupazione, una perdita del 25 per cento dell’economia greca, una riduzione delle pensioni di quasi il 40 per cento e il 20 per cento della popolazione sotto la soglia della povertà. Non si dovrebbe dimenticare che una vasta parte dei prestiti di salvataggio è andata in primo luogo alle banche (principalmente tedesche) per rimborsare grandi crediti che avevano nei confronti del fallito stato greco, e non ai cittadini. E che ora aeroporti e porti sono sotto amministrazione tedesca.

Il volto di questa imposizione di austerità, che è una componente molto importante del vento antieuropeo, era quello dell’implacabile e invalido ministro delle finanze Schauble. Ma non c’è dubbio che egli era a favore dell’Europa, anche se di un’Europa basata sul modello tedesco. Ma ora egli è passato a essere il presidente del parlamento, lasciando il suo posto al presidente del FDP, il partito liberale, Christian Lindner, che è un noto antieuropeo. Il FDP è contro l’euro, vuole la Grecia fuori dall’euro, vuole una politica forte contro i profughi: in altre parole, è molto a destra. La Merkel, la cancelliera estremamente prudente, certamente non sarà in grado di soddisfare le aspettative di Macron e Juncker. L’Europa si troverà nuovamente in stallo. L’Italia sarà probabilmente guidata da un giovane primo ministro (dell’antisistema M5S), un trentunenne totalmente non collaudato, che ha annunciato che vorrebbe lasciare l’euro e limitare il potere di Bruxelles. La marea contro l’Europa non si è per nulla fermata, contrariamente all’entusiasmo dei media.

 

Punto quattro: le responsabilità della Merkel

Non c’è dubbio che la massiccia immigrazione di un milione di siriani ha messo un’arma forte nelle mani dell’AfD e dei liberali per aiutarli a guadagnare potere. Ma il tempo dimostrerà che è stata una decisione saggia, salutata con favore dall’economia tedesca. Le statistiche dimostrano che gli immigrati sono cittadini modello, pagano le tasse e apportano un beneficio netto al paese che li riceve. Ovviamente noi vediamo solo il racconto di criminali e stupratori che i partiti xenofobi usano con successo, perché in tempi difficili trovare un capro espiatorio e facile e conveniente. Ma la Merkel si è limitata a cavalcare l’idiosincrasia tedesca, senza fare alcun tentativo da statista di mobilitare i cittadini a una visione. Sa che il sogno segreto dei tedeschi è di essere svizzeri: nessuna partecipazione al mondo (salvo che affaristica), niente esperimenti, niente rischi. E’ divenuta l’incarnazione di tale idiosincrasia; è lieta di essere chiamata Mutti, mamma. A parte gli immigrati lei ha assunto solo un altro rischio, l’abbandono del nucleare, dopo il disastro di Fukushima. Dunque non ha fatto nulla per aumentare la consapevolezza dei cittadini riguardo alle loro responsabilità europee. Ha opposto uno scudo a qualsiasi sacrificio per essere europei, ha rifiutato ogni richiesta della UE, del FMI e della Banca Mondiale di spendere l’enorme avanzo conseguito dalla Germania mediante il commercio intra-europeo. La sua posizione è stata: ci teniamo i soldi che abbiamo fatto con il nostro duro lavoro. E Schauble è stato il suo strumento. Ora, in conseguenza del suo bizzarro governo di coalizione, chiedere alla Banca Centrale Europea un posto per un falco tedesco, Jedemans, della Banca di Germania: un buon compagno per Christian Lindner. Sono in arrivo giorni bui per l’Europa; la Merkel è l’esempio migliore della differenza tra la Germania di Bonn, guidata da politici idealisti e impegnati, e la Germania di Berlino, che è solo un’entità egoista, senza visione. E dopo aver speso cento miliardi l’anno, per vent’anni, la Germania dell’est resta indietro senza speranza, ed è lì che l’AfD ha ottenuto la sua più alta percentuale di voti.

 

La sera dopo le elezioni il candidato dello SPD, Martin Schulz, ha detto guardandola negli occhi: signora Merkel, lei è la grande perdente. Lei è l’unica responsabile della vittoria dell’AfD. Speriamo che, volente o nolente, Mutti sia anche l’unica responsabile della fine del sogno europeo.

 


Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/dismal-trend-for-europe/

 

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