http://www.lintellettualedissidente.it/

9 febbraio 2017

 

Il re euro è nudo

di Ivan Giovi 

 

Le recenti dichiarazioni di Draghi e della Merkel in merito all'assetto economico europeo aprono a cambiamenti giudicati impensabili fino a poco fa. L'impressione è che il vento stia veramente cambiando e che anche l'euro non sia più così irreversibile.

 

Euro: finalmente comincia a smuoversi qualcosa. Sono degne di nota le parole di Mario Draghi in risposta all’interrogazione di due europarlamentari M5S per quanto riguarda la questione uscita dell’Italia dalla moneta unica. Ma ancora di più le recenti parole di Angela Merkel  che di fatto aprono ad un’Europa a due velocità, ovvero un’Europa in cui alcuni paesi potrebbero non essere tenuti ad un’integrazione completa. Queste dichiarazioni si innestano sulla recente uscita di Peter Navarro, numero uno del Consiglio Nazionale per gli Scambi Commerciali della Casa Bianca, che ha palesato quel che era evidente da tempo, cioè che la Germania sta sfruttando un euro esageratamente sottovalutato per sfruttare i suoi partner commerciali, compresi gli States. Tali affermazioni, che echeggiano come un corno da battaglia prima dell’assalto alle truppe nemiche, sono solo l’ultimo atto di una guerra commerciale che USA e Germania vanno combattendo ormai da qualche anno, che è passata per il TTIP, per lo Scandalo Volkswagen e per la maxi multa alla Apple.

L’ostilità americana nei confronti dell’Europa a trazione tedesca si inserisce un contesto già assai arroventato: la Brexit, la sconfitta dell’europeista Renzi al Referendum, la prospettiva di vittoria dei nazionalisti in Austria e di Marine Le Pen in Francia hanno cominciato a far tremare i vertici Europei.Il fuoco incrociato del malcontento europeo e del nuovo presidente USA hanno fatto sì che la situazione si sbloccasse, favorendo perlomeno l’inizio di un dialogo, che si spera possa continuare senza preconcetti, cosa che non è accaduta fino ad adesso. E’ stata infatti la stessa Angela Merkel a tagliare il campo alle dirompenti forze sovraniste e ai populismi europei (anche in vista delle elezioni in patria), sdoganando l’ipotesi di un’Europa a due velocità o a cerchi concentrici. Ma se può esistere un’Europa a più velocità di integrazione, è possibile concepire anche un’Europa a più euro, riflettente il grado di integrazione tra i vari paesi. E’ evidente da tempo che  la situazione all’interno dell’unione monetaria, priva di appropriate politiche di trasferimenti di liquidità dai paesi in surplus ai paesi in deficit, è semplicemente insostenibile, ed è destinata a rimanere tale giacché la possibilità di realizzare trasferimenti di risorse dai paesi del Nord Europa ai paesi del Sud Europa rimane politicamente remota.

E allora, che fare? È ovvio che non si può persistere in questa impasse. La questione, però, è molto più complessa di come alcuni sovranisti nostrani la descrivono perché, come ha chiarito Mario Draghi, uscire dall’euro si può, basta pagare. I saldi Target2 (il sistema dei pagamenti europei) riportano che l’Italia per uscire dall’euro dovrebbe saldare la sua posizione debitoria che al netto dei crediti è superiore ai 300 miliardi di euro. Un bel gruzzolo. Ma se per uscire “basta” pagare, la procedura non sarebbe ovviamente facile. I sovranisti sembrano dimenticare gli esistenti rapporti di forza. Rimane difficile per l’Italia far valere la propria posizione vista la forte esposizione debitoria nei confronti dell’Europa, con una grossa percentuale del nostro debito pubblico in mani francesi e tedesche. Dal momento che questo debito è sottoscritto in euro, esso non sarebbe convertibile nella nuova moneta che si andrebbe ad emettere uscendo dall’euro (detto in altre parole, non si può utilizzare la svalutazione per ridurre il debito). Questo vuol dire che senza una chiara convergenza per un’uscita consensuale o una dismissione della moneta da parte di tutti i paesi,  uno strappo unilaterale porrebbe l’Italia in una situazione ancora peggiore di quella attuale. Le recenti parole della Merkel appaiono come un’apertura alla convergenza e rappresentano un grande passo avanti. Bisognerà vedere se le parole saranno seguite dai fatti o se si stratta solamente di dichiarazioni spot per poter togliere argomenti alla Lega Nord o al Front National che si sono schierati apertamente contro la moneta unica.

L’idea dell’Europa a due velocità presenta tuttavia una fallacia maggiore. Se essa permette di adattarsi alle diverse esigenze dei vari paesi, è lecito supporre anche queste due nuove velocità potrebbero aver bisogno a loro volta di ulteriori velocità e che le velocità ottimali tornerebbero, alla fine, a coincidere con i confini degli stati nazionali che costituiscono la UE. Ergo, la proposta della Merkel potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio, atta tanto a calmierare  la situazione quanto a fomentare la protesta dei nazionalisti, che utilizzeranno a pretesto le dichiarazioni sull’Europa a cerchi concentrici per ottenere ancora più spazio nei consensi. E più probabilmente prevarrà il secondo scenario, perché la scarsa crescita europea e il continuo aumento della disoccupazione daranno fiato alla bocca di queste nuove spinte centrifughe.

Come ha analizzato Alberto Bagnai sul Fatto Quotidiano, mantenere una sola moneta con 19 tassi di inflazione diversi equivale ad imporre dei dazi, aumentando le diseguaglianze interne europee in termini di capacità reale di spesa. E pensare che i Tedeschi già si lamentano in patria per l’aumento della loro di inflazione, esercitando pressioni continue su Mario Draghi perché interrompa il QE e ponga un limite alla politica espansiva della BCE e accusandolo di dare adito ai populismi europei, che è un modo per dire: noi Tedeschi non possiamo sostenere una campagna elettorale in autunno con tassi a zero e alta inflazione senza consegnare agli antieuropeisti di AFD un enorme bottino percentuale.

L’inizio di un dialogo rimane comunque essenziale per cercare una soluzione consensuale a questo pasticcio che è l’euro. Soluzione che non è necessariamente da trovarsi in uno dei due estremi, ogli Stati Uniti d’Europa o la distruzione totale del progetto europeo. Le spinte sovraniste e l’evidente mancanza di omogeneità tra i diversi paesi europei fanno certamente propendere per un ripristino della dimensione nazionale. Ma non è detto che le istituzioni europee non possano restare in funzione di coordinamento fra stati a livello di una confederazione, sia in materia di politica estera (obiettivo mai veramente perseguito finora) che economica (senza il ricorso ad una moneta unica). L’importante, per ora, è aver chiarito che il re euro è nudo e che anche lui non è irreversibile.

top