http://www.affarinternazionali.it/

20/02/2017

 

Parigi, presidenziali a rischio coabitazione

di Jean-Pierre Darnis

professore associato all'università di Nizza e direttore del Programma di ricerca su sicurezza e difesa dello IAI

 

Le presidenziali francesi della prossima primavera si annunciano come uniche nella storia politica d’Oltralpe. Per la prima volta, l’estrema destra del Front National sembra essere nettamente in vantaggio al primo turno, traducendo a livello nazionale i numerosi consensi che aveva già ricevuto in occasione delle elezioni regionali dello scorso anno. Marine Le Pen, candidata del Front, dovrebbe quindi riuscire a qualificarsi senza troppe difficoltà per il ballottaggio fra i due candidati più votati.

 

Questo scenario modifica in modo sostanziale la prassi politica della Quinta repubblica francese, basata fino ad oggi sull’alternanza fra centrodestra e centrosinistra. I due campi in competizione, pur non raggiungendo mai la maggioranza assoluta, venivano infatti tradizionalmente premiati dal sistema maggioritario a doppio turno, che eliminava le piccole formazioni facendo emergere in maniera netta uno o l’altro partito, tanto alle politiche quanto alle presidenziali.

 

La frammentazione del voto francese constatata nelle ultime consultazioni - con la solidificazione di un terzo polo (il Front National) e l’emergenza potenziale di un quarto (il movimento centrista “En Marche” di Emmanuel Macron) - rende disfunzionale un sistema che non facilita le coalizioni e che, nel contesto attuale, rischia di premiare in modo artificioso delle formazioni con un consenso molto relativo. Va ricordato, ad esempio, che nell’attuale legislatura il Front National (primo partito in termini di suffragi espressi nelle regionali del 2016) ha appena due deputati e un senatore.

 

La parentopoli di Fillon

A fine novembre, l’ampia vittoria di François Fillon alle primarie del centrodestra sembrava aver ristabilito lo scenario classico: dopo Hollande, si preparava l’alternanza all’Eliseo con la destra governativa dei Républicains, in grado di aggregare consensi arginando il Front National a destra e Macron al centro. La successiva e sofferta designazione del massimalista Benoît Hamon alle primarie socialiste aveva poi segnato le sorti di un partito ormai incapace di attrarre il voto centrista, fondamentale per la conquista della presidenza.

 

Nell’insieme, il panorama era caratterizzato da un rinnovamento del personale politico, con l’esclusione sia dell’attuale presidente della Repubblica, François Hollande, che aveva fatto un passo indietro non ricandidandosi, sia del suo predecessore, Nicolas Sarkozy, arrivato terzo alle primarie dei Républicains. Esponenti politici rigettati per stanchezza nei confronti del potere e perché percepiti come figure discutibili, anche da un punto di vista etico, in grado di spingere l’elettorato verso un voto di protesta a favore dell’estrema destra, nel caso di una loro presenza al secondo turno delle elezioni.

 

A fine gennaio, un’inchiesta pubblicata dal settimanale “Le Canard Enchainé” ha fatto poi emergere l’ipotesi di un impiego fittizio quale assistente parlamentare per la moglie di Fillon, Penelope; elemento poi ripreso dalle procure. Da questo momento in poi, la candidatura di Fillon è stata azzoppata.

 

L’ex premier aveva costruito la sua campagna durante le primarie proprio su una rivendicazione etica, riuscendo anche a mobilitare attorno a sé il voto cattolico, di solito piuttosto guardingo in termini morali. Adesso grida al complotto mediatico, mentre solo pochi mesi fa denunciava il fatto che i media prestavano troppa poca attenzione agli aspetti etici della vita politica. Nel campo dei Républicains è in atto una paralisi intorno al nome di Fillon: tutti si sono accorti delle difficoltà della campagna, ma non si riesce a trovare un candidato per il cambio in corsa, tanto sono forti le rivalità fra i vari pretendenti.

 

Socialisti frondisti, Macron ne approfitta

A sinistra la vittoria di Hamon rappresenta uno scenario bizzarro. Hamon fa parte dei “frondeurs”, quel gruppo di deputati socialisti dissidenti che, molto critici nei confronti della politica economica e sociale portata avanti dai governi Ayrault e Valls, chiedevano una decisa sterzata a sinistra. Hamon, con una carriera nelle periferie, si fa portavoce anche di un discorso relativamente aperto nei confronti dei musulmani e mette sul tavolo la proposta di un reddito universale.

 

Queste posizioni hanno un contenuto ideologico che apre uno spazio maggiore a destra dei socialisti, slittamento di cui dovrebbe approfittare Macron. Per il leader di “En Marche”, già ministro delle Finanze del governo Valls, i pianeti sembrano allinearsi: l’indebolimento di Fillon e lo spostamento a sinistra dell’asse socialista rafforzano infatti la sua candidatura al centro dello scacchiere politico. Senza contare, tra l’altro, che una fetta “governativa” dei socialisti ha già iniziato a convergere sulla sua candidatura, e che alcuni moderati del centrodestra si dichiarano pronti a votare per lui in caso di ballottaggio con la Le Pen.

 

Macron sconta però debolezze di fondo, come la difficoltà di esprimere un programma - operazione rischiosa per il suo campo -, ma soprattutto il fatto di non avere un partito alle spalle, il che crea un problema per le elezioni legislative che seguiranno le presidenziali.

 

Legislative, rompicapo per la governabilità

La situazione per le presidenziali è quindi volatile. Nel caso di un secondo turno Le Pen/Fillon, Le Pen/Macron o Le Pen/Hamon, nessuno dei candidati ha la vittoria in tasca. Marine Le Pen dovrebbe raggiungere percentuali elevate al primo turno - anche attorno al 30% -, ma potrebbe poi avere difficoltà ad allargare i consensi al ballottaggio.

 

Fillon, Macron e Hamon potrebbero aggirarsi tutti attorno al 20 %, chi più, chi meno. Il primo potrebbe successivamente raggruppare attorno a sé un “fronte repubblicano” di opposizione alla Le Pen. Su questo scenario pesano però forti interrogativi tanto sulle capacità di ciascuno di aumentare i consensi, quanto sul rischio astensionismo da parte di un elettorato diffidente rispetto ad alcune personalità sia per motivi ideologici, ma anche e soprattutto etici.

 

Infine, dopo la vittoria di uno di questi quattro candidati, le successive legislative sembrano tutt’altro che scontate. Si delinea uno scenario di frammentazione delle forze politiche difficile da gestire nel contesto maggioritario, e quindi un rischio di coabitazione fra presidenza e governo che può prendere le forme più varie. Anche quella di una presidenza Front National con un governo di coalizione fra Républicains, “En Marche” e socialisti. Scenario che porterebbe a ulteriori complessità con ovvie ripercussioni europee.

 

 

top