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06/02/2017

 

Il programma più coerente del nuovo populismo

di Mario Deaglio

 

Poco più di un anno fa, negli Stati Uniti si diceva con uguale sicurezza che Donald Trump sarebbe riuscito a conseguire la «nomination» repubblicana ma sarebbe poi stato sconfitto alla prova decisiva.  

 

Questa è la prima ragione per esaminare con molta attenzione i «144 impegni» che Le Pen ha dichiarato ieri di volersi assumere con gli elettori francesi. La seconda ragione è che, a tutt’oggi, si tratta del documento più completo e coerente del nuovo populismo, ben diverso dalle contraddizioni di Trump che, di fatto, vuole favorire le esportazioni americane senza che gli altri Paesi favoriscano i propri prodotti. 

 

Il documento di ieri ha subito «limature» rispetto a precedenti versioni parziali. Non propone più il ritorno della pena di morte ma l’ergastolo «perpetuo», ossia senza possibilità di «sconti»; invece di un aumento di 200 euro al mese dei salari più bassi, indica più vagamente un «aumento del potere d’acquisto»; invece di «uscita dall’euro» si parla di «reintroduzione di una moneta nazionale».  

 

L’abbinamento della moneta nazionale con l’introduzione di un’imposta del 3 per cento sulle importazioni, dovrebbe finanziare la reindustrializzazione della Francia come ha dichiarato il deputato europeo Bernard Monod, portavoce economico del Front National; il tutto nel quadro di un «patriottismo economico» che favorirebbe sia l’assunzione di lavoratori francesi da parte delle imprese sia l’aumento dei salari più bassi.  

Tutto ciò mostra che i «144 impegni» non sono una serie di slogan e rivendicazioni, bensì l’abbozzo di un programma coerente; un programma che potrebbe anche funzionare nel breve periodo ma a un alto costo economico. In estrema sintesi, dietro al muro dei dazi doganali e delle altre misure nazionaliste, i francesi nel loro insieme avrebbero maggiori occasioni di lavoro – anzi, dovrebbero, in definitiva, lavorare di più – e minori occasioni di acquisti convenienti.  

 

Con importazioni più care, infatti, tutti i beni collegati alla globalizzazione, dall’abbigliamento all’elettronica, sarebbero più cari a causa dei dazi doganali (probabilmente destinati ad aumentare nel tempo). L’«aumento del potere d’acquisto» funzionerebbe solo in una prima fase e sarebbe successivamente seguito da una sua diminuzione. Votando per il Front National, i francesi si accontenterebbero di un uovo oggi rinunciando a una gallina domani. 

 

Non basta, però, demonizzare Le Pen come non è bastato demonizzare Trump, né ci si può illudere che la globalizzazione risolva tutti i problemi. Precisamente perché non si tratta soltanto di slogan, i «144 impegni» di Le Pen obbligano partiti democratici – in Francia, ma anche in Italia - a scendere sul piano dei fatti e delle politiche concrete.  

 

Sono necessari programmi e politiche che correggano la tendenza dell’attuale economia globale, di fatto priva di regole, ad accentuare le disparità dei redditi, probabilmente introducendo un sistema di controlli - necessariamente internazionali – sul mercato mondiale dei capitali e non lasciando al Front National, e ai suoi alleati dell’estrema destra europea, il monopolio delle politiche redistributive. A livello di Unione Europea, chi è contrario a Le Pen deve riconoscere che l’Europa dei funzionari e dei regolamenti ha fatto il suo tempo. In nessun Paese europeo si vinceranno le prossime elezioni senza nuovi programmi e nuove visioni. 

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