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07/04/2017

 

Brexit: che c’entrano Irlanda, Scozia e Gibilterra?
di Luigi Cino

Dottorando presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa

Il 31 marzo il Consiglio dell’Unione europea, Ue ha pubblicato le linee guida per i negoziati con il Regno Unito riguardanti l’attivazione da parte di Londra dell’art. 50 del Trattato sull’Ue, che prevede la possibilità per uno Stato membro di lasciare l’Unione. 

Con una lettera firmata dal primo ministro britannico Theresa May, l’ambasciatore del Regno Unito presso l’Ue aveva notificato giorni prima l’attivazione della procedura che porterà alla tanto discussa Brexit. Tuttavia tale procedura riapre vecchie questioni che l’Unione aveva sopito: interne al Regno Unito, come l’indipendenza della Scozia e la riunificazione dell’Irlanda, e nei rapporti con la Spagna, in particolare riguardo Gibilterra.

Irlanda e Scozia: un Regno Dis-Unito?
La formazione dell’odierno Regno Unito è stata un lungo processo nell’età moderna, che dal XVI secolo ha visto il culmine nel 1922 con l’approvazione dei Trattati anglo-irlandesi da parte del Parlamento britannico, che prevedevano la costituzione di uno stato indipendente nell’Irlanda del Sud, mentre le sei contee dell’Irlanda del Nord (Ulster) sarebbero rimaste sotto la corona britannica, concludendo così la guerra di indipendenza irlandese.

Tuttavia, un conflitto latente è continuato in Irlanda del Nord, dove parte della popolazione (divisa fra cattolici e anglicani) non voleva rimanere separata dal resto d’Irlanda. La complessa questione, che ha causato diversi morti ed è ancora oggi dibattuta dall’opinione pubblica irlandese, ha visto una soluzione nell’Accordo del Venerdì Santo del 1998 (o Belfast Agreement), che fu approvato da conseguenti referendum nelle due parti dell’isola. 

L’accordo prevedeva anche nessun confine tra Ulster e resto d’Irlanda, una conquista che oggi potrebbe essere messa a rischio proprio dalla Brexit. Infatti, con l’uscita del Regno dall’Unione, il confine tra la Repubblica d’Irlanda e l’Ulster (Regno Unito), diverrebbe un confine esterno dell’Ue e pertanto il governo irlandese si vedrebbe costretto a controllarlo.

Frontiere e referendum
Tale timore ha riacceso gli animi in Irlanda del Nord, favorendo coloro che propongono una riunificazione dell’isola, tramite un referendum che porti le sei contee dell’Ulster a far parte della Repubblica d’Irlanda, abbandonando Sua Maestà. E l’uscita dall’Unione è lo stesso motivo che porta anche il governo scozzese a richiedere l’indipendenza dalla regina, dopo un referendum nel 2014 che ebbe esito negativo.

La prima ministro del governo scozzese, Nicola Sturgeon, si giustifica dicendo che al 2014, quando vinse il no all’indipendenza, le condizioni erano diverse: la Brexit non era stata prevista, altrimenti - secondo Sturgeon - il risultato sarebbe stato differente. In effetti, la Scozia è tra le regioni del Regno Unito che riceve cospicui finanziamenti dai fondi strutturali europei per lo sviluppo regionale. L’uscita dall’Unione comporterebbe la perdita di diversi investimenti che hanno negli anni favorito l’occupazione in territorio scozzese.

Per di più, la quasi totalità delle contee scozzesi ha votato in favore del ‘Remain’, e dunque l’uscita dall’Europa è vista come una decisione presa dall’Inghilterra, dove i ‘Leave’ hanno vinto, riaccendendo così il conflitto centro-periferia. Theresa May ha però fortemente ribadito la contrarietà del governo britannico di concedere un nuovo referendum; e il parlamento scozzese ha votato per tenere un nuovo referendum nel 2018, proprio mentre la May firmava la lettera che attivava l’art. 50.

Madrid tra Edimburgo e Barcellona
Chi inaspettatamente avrà un ruolo fondamentale nella questione sarà la Spagna. Innanzitutto, perché la Scozia, qualora uscisse dal Regno, dovrebbe nuovamente fare domanda per accedere all’Ue. Questo è stato reso chiaro in tempi non sospetti dalle istituzioni europee, in quanto oggi la Scozia fa parte dell’Unione in quanto parte del Regno Unito. Una nuova adesione della Scozia però avrebbe bisogno dell’unanimità del Consiglio europeo, dove siedono i capi di Stato e di Governo dei 27 paesi europei.

Qui la Spagna potrebbe rappresentare un ostacolo per la Scozia, in quanto il riconoscimento dell’indipendenza della Scozia da parte di Madrid darebbe forza agli indipendentisti catalani che da anni stanno premendo per l’indipendenza, arrivando ad aprire uno scontro istituzionale in seguito al referendum per l’indipendenza tenuto nel 2014 dalla Catalogna, che non fu riconosciuto dal governo centrale e fu dichiarato illegittimo anche dalla Corte costituzionale spagnola.

Tuttavia, il governo di Madrid ha recentemente aperto alla Scozia, abbandonando l’idea di porre il veto alla sua adesione all’Ue. È probabile che questo sia un escamotage diplomatico, in quanto una vecchia disputa, precedentemente congelata dalla comune appartenenza all’Unione, sta per aprirsi nuovamente tra Regno di Spagna e Regno Unito.

Uno scontro che sa dell’epoca imperiale
Gibilterra, piccola cittadina sull’omonimo stretto, appartiene infatti al Regno Unito dal 1713, ma viene reclamata dalla Spagna. E l’Ue, con una mossa sorprendentemente dura, ha sancito nelle sue linee guida per la negoziazione della Brexit che nessun accordo riguardante il territorio di Gibilterra potrà esser preso senza il consenso della Spagna.

Così, in seguito alla decisione di uscire dall’Ue, il Regno Unito si trova a dover far fronte non solo sul versante interno alle spinte indipendentiste, ma anche sul versante internazionale, con il Consiglio europeo che sostiene la Spagna in una disputa che sembrava oramai sopita. Il rischio è che la scelta di abbandonare l’Unione porti più alla dissoluzione del Regno Unito che a quella del progetto europeo.

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