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27.02.2017

 

Debito pubblico: e se fosse la Cassa Depositi e Prestiti la chiave di volta dell'economia italiana?

di Leonardo Lasala

 

Il Debito Pubblico è oggi il principale problema di tutto il sistema economico internazionale. Non vi è dubbio che le cifre record a cui si è arrivati oggi non è conseguenza di politiche errate, ma è stato strategicamente voluto dall’intero sistema con la finalità di creare sviluppo. La crisi economica internazionale che dal 2008 ha investito l’economia mondiale ha però “complicato” i piani dei governatori creando così veri e propri crack di Stato.

Ricordiamo come il Debito Pubblico sia definibile come la sommatoria dei debiti che uno Stato vanta nei confronti dei suoi creditori. Un punto di riferimento per definire lo stato di “allarme” del debito pubblico è il prodotto interno lordo. Il Pil è definibile come valore totale di beni economici e servizi prodotti all’interno di un Paese.  Uno Stato assolutamente sano ha nel rapporto Debito/Pil un indice prioritario di solidità economico finanziaria.

Importanti economisti richiedono a grave voce una sorta di “condono”(definito Giubileo) da parte dell’Unione Europea (ad esempio) per i debiti di tutti gli Stati in difficoltà critica. Con un meccanismo finanziario l’UE potrebbe di fatto azzerare il debito consentendo alle presenti e future generazioni di vantare condizioni di assoluta potenziale prosperità e sviluppo. In realtà il meccanismo appare piuttosto complesso per una serie di variabili , prima fra tutte la natura “non politica” dell’UE. Gli equilibri già precari tra Nord e Sud della grande coalizione di Stati del Vecchio Continente rischierebbero una definitiva rottura, con un epilogo ancor più inquietante: Stati sovrani alla mercé (economica e non ) di altri Stati.

Viene dunque da sé come lo Stato debba necessariamente riprendere in mano il proprio destino, utilizzando strumenti di programmazione finanziaria ed industriale tipici dell’economie moderne. A parere di chi scrive e questo già da qualche anno , una possibilità concreta di interruzione del meccanismo malsano di crescita del Debito Pubblico è l’utilizzo strategico della Cassa Depositi e Prestiti, in un piano di rilancio industriale e finanziario destinato a coinvolgere gli asset patrimoniali del nostro sistema. La soluzione è stata di fatto proposta da Nicolò Bracazza e Giovanni Gabriele Vecchio in una pubblicazione secondo cui il patrimonio immobiliare e mobiliare del nostro Stato è pari a ben 1.815 miliardi di euro.

 

(http://www.liberarelitalia.it/cap_debito.pdf)

 

La proposta dei due studiosi è di vendere asset pubblici per un totale di 271 miliardi di euro, riducendo così il rapporto Debito/Pil al di sotto del 10%.  Il limite reale di questa operazione è legato alla dispersione dei beni in questione tra i diversi livelli della P.A. (Stato, Regioni, Province, Comuni) situazione che potrebbe vedere proprio la Cassa Depositi e Prestiti intervenire per “svincolare” le proprietà e collocarle sul mercato internazionale, sostituendo i prestiti concessi con le quote di un fondo immobiliare in cui conferire i beni, da alienare in un secondo momento.   Come sostenuto da diversi attenti osservatori per la Cassa Depositi e Prestiti si configurerebbe dunque un ruolo strategico similare a quanto già avviene in Francia o Germania per l’omologa CDP.

Questa soluzione è sicuramente interessante, sempreché si intervenga affinché la Cassa ritorni totalmente pubblica. Infatti circa il 30% della CDP è proprietà delle Fondazioni Bancarie , già artefici di speculazioni rilevanti ai danni di cittadini ed imprese, sempre più vicine a soluzioni di ingegneria finanziaria rispetto alla tradizionale funzione.  Non è forse la Cassa Depositi e Prestiti che interviene quando il sistema bancario nazionale decide “strategicamente” di non finanziare il sistema imprenditoriale? Il meccanismo è semplice: accanto alle generose prebende elargite dalla macchina europea, le banche beneficiano anche del supporto della CDP attenta ad emettere prestiti a tassi di interesse irrisori, dedicati alla liquidità di mercato ed utilizzati invece dalle banche in investimenti ad elevato rischio e lauto profitto.  Ben venga dunque l’utilizzo della Cassa per un primo passo decisivo nella riprogrammazione della macchina pubblica. Il solo smobilizzo degli asset statali infatti, in assenza di una programmazione globale (industriale, finanziaria, tributaria) appare un mero palliativo.  Più interessante appare il coincidente utilizzo della CDP per la riduzione del debito, il rilancio di un piano industriale nazionale per la creazione di nuove imprese sostenibili ed il salvataggio di quelle decotte, l’abbattimento del cuneo fiscale con l’aggressione ad ampie fasce di “nero” ben lontano da quello “fisiologico” di cui qualche politico ha parlato recentemente e l’attivazione di un piano di rilancio dell’appeal del nostro Paese nei confronti degli investitori esteri.

Fin quando saremo in balia del rapporto tra debito pubblico/PIL sarà di fatto impossibile immaginare futuro.  Che sia dunque la CDP la chiave di volta dello sviluppo italiano ?

 

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