"Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo

Viterbo, 13 maggio 2017

 

"Fame di giustizia, fame di democrazia".

Al sesto giorno di digiuno una lettera ad alcuni amici apprensivi, e a tutti gli altri

di Peppe Sini

responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo, al sesto giorno di digiuno affinchè anche in Italia valga il principio "Una persona, un voto"

 

 

"Ho a parlare di tante malinconie..."

(Domenico Settembrini, incipit delle Ricordanze)

 

Alcuni ottimi amici, alquanto apprensivi, avendo saputo che in questi giorni sto digiunando a sostegno della proposta di riconoscimento del diritto di voto a tutte le persone che in Italia vivono (e ve ne sono oltre cinque milioni cui tale diritto e' assurdamente negato), mi hanno detto di lasciar perdere, che non ne vale la pena, che tanto non c'e' nulla da fare, che e' meglio tacere e far finta di niente. Che tanto il ceto politico e' asservito a vertici sordi e ciechi a loro volta asserviti a - o integrati in - potentati economici ipso facto antidemocratici, che le principali rappresentanze parlamentari sono prive di ogni autonomia e il loro voto e' deciso da quattro sole persone nessuna delle quali siede in parlamento (e una e' anche interdetta dai pubblici uffici) e che tutte hanno dimostrato coi fatti di esser consenzienti con la persecuzione razzista degli immigrati. E quindi che questa iniziativa dell'appello "Una persona, un voto" e' sicuramente buona e giusta, ma e' destinata a soccombere alla gelida indifferenza dei legislatori. E che a maggior ragione questo digiuno - di quell'appello a sostegno - e' solo un atto di autolesionismo di un povero vecchio (anzi: di un vecchio povero) che ancora non ha capito come va il mondo.

Parlano cosi' perche' mi vogliono bene, lo so, e il loro affetto mi commuove e mi e' grato. Ma cosi' dicono. E il loro dire sembra buonsenso. E non e'.

Non e', e dico perche'.

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Primo: milioni di persone in Italia attendono ancora il riconoscimento del diritto di voto, senza del quale continueranno a vivere in un regime di assoluta soggezione, di esposizione all'altrui arbitrio, che si concretizza in infinite vessazioni e in costante paura (e innanzitutto paura di rivolgersi alle pubbliche istituzioni poiche' esse si presentano loro come incombenti e incomprensibili poteri alieni e non come espressione di una comunita' di cui loro stessi sono parte con piena dignita' e pieni diritti).

Queste persone - milioni di persone - hanno gia' sofferto fin troppo: hanno diritto di essere riconosciute come esseri umani dotati di tutti i diritti ad ogni essere umano inerenti. Ed in un paese democratico il primo diritto nella sfera pubblica con specifico riferimento ai processi decisionali che si svolgono negli organi amministrativi elettivi le cui deliberazioni poi valgono erga omnes e' il diritto di voto. "Una persona, un voto" e' il motto e la bandiera della democrazia, e' il fondamento stesso della democrazia.

Almeno noi, ottimi amici, non possiamo essere ciechi dinanzi alla realta' che ci circonda: e la realta' e' quella di milioni di persone private del primo diritto democratico nell'unico luogo in cui realmente vivono la loro unica vita in questo mondo, persone talora sottoposte a selvaggio sfruttamento e infami umiliazioni per il solo fatto di non esser nate qui in Italia, in un paese in cui incredibilmente a tanti anni dalla vittoria della democrazia e la liberazione del paese dalla barbarie nazifascista sono stati scelleratamente ripristinati i campi di concentramento, le deportazioni, incredibili riduzioni e compressioni delle guarentigie giuridiche nei confronti dei non nativi, fino a configurare - come e' stato opportunamente rilevato - elementi di un regime di apartheid.

Questo noi lo vediamo, come vediamo la strage infinita nel Mediterraneo che si potrebbe far cessare con un semplice provvedimento legislativo che finalmente riconoscesse il diritto di ogni essere umano a entrare nel nostro paese in modo legale e sicuro, cosi' d'un colpo annientando la mafia dei trafficanti mafiosi e schiavisti che gestisce il mercato illegale creato dalle politiche insensate e disumane dei paesi dell'Unione Europea.

Ed almeno noi, piu' che ottimi amici, non possiamo accettare che milioni di persone siano trattate nel migliore dei casi come oggetti di beneficenza e mai come titolari di diritti, come esseri umani in quanto tali portatori della medesima dignita' di tutte le altre persone; e piu' frequentemente siano vittime di asservimento e offese, fino alla riduzione in schiavitu' nei campi dell'agricoltura intensiva o sui cigli delle strade come carne da stupro.

Almeno noi dovremmo agire per far cessare le stragi, per far cessare la schiavitu'. Almeno noi che crediamo che ogni essere umano e' un essere umano con gli stessi diritti di tutti gli altri esseri umani, che ogni persona ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

*

Secondo: quanto al non valerne la pena e preferir tacere, e' l'esortazione e il comando che da sempre i poteri oppressivi ed i loro scagnozzi ci rivolgono con toni imperiosi o suadenti e sempre piu' o meno velatamente minacciando.

Invece ne vale sempre la pena di ribellarsi all'ingiustizia, di resistere alla violenza, di lottare per i diritti di tutti.

E non si deve mai tacere dinanzi all'iniquita', dinanzi al dolore, dinanzi al sopruso.

Dovremmo gridarlo dai tetti: ogni essere umano e' uguale a tutti gli altri in dignita' e diritti; il primo principio della democrazia e' che ogni persona ha diritto di esprimere la sua opinione e di partecipare alle decisioni che tutti riguardano.

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Terzo: che l'appello "Una persona, un voto" possa non essere accolto dal Parlamento e' naturalmente nel novero delle possibilita', ne' stento a credere che le forze politiche razziste osteggerebbero in tutti i modi il riconoscimento del diritto di voto per tutti i residenti; ma se neppure ci battiamo perche' questa proposta sia almeno presente e discussa nel dibattito parlamentare, se noi stessi rinunciamo a sostenerla proprio adesso che il dibattito sulla nuova legge elettorale a Montecitorio si e' aperto (e come e' noto l'intento dichiarato dei gruppi parlamentari e' di concluderlo entro questo stesso mese), ebbene, allora nessuna possibilita' vi sara', per nostra defezione prima ancora che per altrui sordita'.

E quand'anche questa proposta di civilta' non trovasse ascolto in quel consesso, ebbene, che lo trovi almeno nella societa' civile; e se addirittura non lo trovasse neppure nell'opinione pubblica - largamente narcotizzata dalla propaganda sciovinista e razzista -, ebbene, resterebbe giusto comunque almeno enunciarla: dire la verita', denunciare un'oppressione in atto, avanzare una giusta proposta, tentare di fare del bene, e' gia' un bene in se'.

Peraltro alcuni deputati e senatori di varie forze politiche hanno gia' espresso la loro condivisione dell'appello: certo, per il momento sono pochi, ma ci sono; ed io credo che molti altri la pensino come loro e come noi anche se ancora non si sono espressi; e il loro numero puo' crescere se noi sapremo in questi giorni di maggio prima che sia troppo tardi continuare ad interloquire con chi siede in Parlamento e chiamarlo alla riflessione e all'impegno. Magari non riusciremo a persuaderne molti, ma sicuramente avremo fatto la cosa giusta e consentito ad altre persone di fare anch'esse la cosa giusta. Per poco che sia e' comunque qualcosa, e se non oggi servira' domani.

Last, but not least: facciamo sentire alle nostre sorelle ed ai nostri fratelli immigrati oggi esclusi dal diritto di voto la nostra solidarieta'. Facciamo sapere loro che almeno noi li consideriamo veramente nostri fratelli e nostre sorelle, con uguale dignita', con uguali diritti.

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Quarto: quanto a questi miei pochi giorni di digiuno mi dispiacerebbe essere frainteso: esso non mira ad ottenere che altri faccia qualcosa ma a richiamare me stesso alle mie responsabilita'; quanto accade nel nostro paese e' anche mia responsabilita', il digiuno questo testimonia. Un digiuno, nella tradizione nonviolenta di Mohandas Gandhi e di Danilo Dolci, non e' uno strumento di ricatto psicologico, ma il suo contrario: richiamo a se stessi, illimpidimento e rigorizzazione del pensiero e dell'azione, accostamento empatico e accudente al dolore di chi soffre condividendone almeno una particola, persuasione che ogni soffio di bene alimenta l'umanita', certezza che nessuno strumento di lotta e' piu' forte dell'esempio, ed e' digiunando che si dichiara nel modo piu' nitido e intransigente la propria opposizione alla violenza dei poteri oppressivi e sfruttatori, la propria solidarieta' con tutte le vittime, e si tempra il cuore alla prosecuzione della lotta per la liberazione comune.

L'invito che rivolgo ad altri affinche' si impegnino per il riconoscimento del diritto di voto a tutte le persone residenti in Italia e' indipendente dal fatto che io stia digiunando; ed ogni persona che vorra' aggiungersi alle molte gia' impegnate per questo trovera' i modi adeguati: sottoscrivendo l'appello all'Italia civile "Una persona, un voto" di cui sono primi firmatari la partigiana e senatrice emerita Lidia Menapace e il missionario padre Alessandro Zanotelli; scrivendo ai parlamentari per convincerli a legiferare in tal senso; organizzando ogni sorta di iniziative nonviolente per questo inveramento della democrazia: la nonviolenza ha mille risorse.

Certo, io spero che questa testimonianza aiuti anche la riflessione e l'azione di altre persone, e peraltro da Torino a Foggia altri amici mi hanno informato delle iniziative che hanno intrapreso o stanno per intraprendere, ed a Viterbo - che e' la citta' in cui vivo - un'ampia solidarieta' viene ogni giorno espressa da tanti amici: iniziative e solidarieta' il cui fine e' appunto lo stesso del mio digiuno: denunciare una sesquipedale iniquita', chiedere subito il diritto di voto per tutti: "una persona, un voto", come voleva Nelson Mandela.

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Quinto ed ultimo: e' vero, e' certo penoso lo spettacolo del dibattito tra i vertici delle forze politiche in merito alla nuova legge elettorale. Tutto autoreferenziale, tutto mirato a promuovere i propri interessi di partito o di fazione, tutto involgarito dalle reciproco ingiurie e da un argomentare specioso e incoerente.

Dalle dichiarazioni che appaiono sui mass-media sembra che persi nel labirinto del palazzo non abbiano nessuna consapevolezza della realta' che noi segnaliamo; che siano preda di una assoluta cecita' dinanzi al dramma di milioni di persone che evidentemente per lorsignori non sono esseri umani, ma un "problema di ordine pubblico", o nel migliore dei casi una plebe, "un volgo disperso che nome non ha", destinataria di un'arida, avara e pelosa beneficenza (in grandissima parte del resto rapinata da nativi che speculano sulla sofferenza dei piu' sofferenti) e del piu' profondo e ostentato disprezzo.

Ma arrendersi a questo non e' ammissibile. E delegare la gestione della cosa pubblica ai piu' egoisti e fin solipsisti, e pensare che non vi possa essere altra politica che quella dei vampiri, e' una sciocchezza e un delitto.

La politica noi la pensiamo come diritto e dovere di ogni persona; e la vita stessa la concepiamo come militanza per la buona causa, per il bene comune. E quindi non deleghiamo a nessuno i doveri che sono di tutti e ci assumiamo la nostra parte di responsabilita', con cio' stesso chiamando ciascuno a fare altrettanto. Cosicche' vogliamo esercitare fino in fondo questo nostro dovere di persone che in quanto senzienti, pensanti ed agenti, vivendo in una trama di relazioni sociali, sempre fanno politica e la prima politica e' il personale esempio di gratitudine e di solidarieta' verso l'umanita' intera che si da' con la propria condotta.

Rileggo in questi giorni le opere di don Milani (in questa recentissima, preziosa e tanto lungamente attesa edizione integrale e filologicamente curata) e mi commuove ancora una volta quella testimonianza e quella proposta di personale impegno, di azione diretta nonviolenta, di scelta senza riserve di condivisione della vita e della lotta delle oppresse e degli oppressi. Se il dolore e il diritto dell'altro ci tocca e ci sta a cuore, inerti non possiamo restare.

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Cosi' riproponiamo l'appello di Lidia Menapace e di padre Alex Zanotelli e di tante e tanti altri: "una persona, un voto".

E con le parole li' contenute ancora una volta ricordiamo che "vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native, che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia, contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi conterranei che arrecano all'Italia ingenti benefici ma che tuttora sono privi del diritto di contribuire alle decisioni pubbliche che anche le loro vite riguardano".

E poiche' il fondamento della democrazia e' il principio "una persona, un voto", "l'Italia essendo una repubblica democratica non puo' continuare a negare il primo diritto democratico a milioni di persone che vivono stabilmente qui".

Ed insistiamo dunque a chiedere a chi siede in Parlamento di far propria questa proposta, questa esigenza, e di tradurla in legge dello stato: adesso.

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Ed ancora una volta sia detto che ovviamente oltre alla proposta dell'appello "Una persona, un voto" occorre sostenere anche le due proposte di legge presentate a suo tempo dall'Associazione Nazionale Comuni d'Italia (Anci) e dalla rete di associazioni della campagna "L'Italia sono anch'io": ovvero la proposta di legge che reca "Norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalita'", predisposta dall'Anci con specifico riferimento alle elezioni amministrative e che puo' essere immediatamente approvata con legge ordinaria con la sola minima correzione (all'art. 2, comma primo, ed all'art. 3, comma primo) di portare a sei mesi il lasso di tempo di regolare soggiorno in Italia richiesto; e la proposta di legge che reca "Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, Nuove norme sulla Cittadinanza", gia' approvata (sia pure con modifiche peggiorative) alla Camera, e che dovrebbe finalmente essere esaminata dal Senato nelle prossime settimane, proposta talmente di buon senso che su di essa non dovrebbe essere difficile raggiungere finalmente il consenso unanime di tutti i parlamentari non razzisti.

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E cosi', giunti al fin della licenza, anche se a taluno sembrasse l'azione ridicola di uno spirito bizzarro, il mio digiuno anche oggi continua, e poiche' ho l'immane privilegio di avere una casa ed in essa una dispensa colma di ogni bendidio la fame di alimenti che sento in questi giorni e' per me in realta' poca cosa (a differenza di chi provandola non sa se potra' soddisfarla, ed allora e' il piu' grande degli orrori, ed e' lo scandalo degli scandali che l'umanita' non l'abbia ancora vinta per sempre); mentre assai piu' grande sento e vieppiu' mi tormenta la fame di democrazia, la fame di giustizia, la fame di verita' e umanita'.

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Allego in calce ancora una volta l'appello all'Italia civile "Una persona, un voto".

Ed ancora una volta tutte e tutti per l'attenzione ringrazio, ed a tutte e tutti rinnovo l'invito a perseverare, ciascuna e ciascuno nei modi che riterra' adeguati, nel sostenere l'appello all'Italia civile affinche' sia riconosciuto il diritto di voto a tutte le persone che in Italia vivono. Facciamo sentire ai legislatori la nostra voce, e la voce del volto muto delle vittime dell'ingiustizia.

Ogni vittima ha il volto di Abele. Siamo una sola umanita'. Salvare le vite e' il primo dovere. Contare le teste invece di romperle. Una persona, un voto.

 

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