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http://www.huffingtonpost.it/ 

16/06/2017

 

Lo Ius soli, un dibattito antistorico 

 

Lo scontro in Parlamento attorno alla legge sulla cittadinanza è fondamentalmente antistorico. Lega Nord e neofascisti, con il silenzio complice de M5S, starebbero tentando di evitare il "pericolo" dell'introduzione dello Ius soli (diritto di suolo) per l'acquisizione della cittadinanza italiana (storicamente basata sullo Ius sanguinis, diritto di sangue). Diritto già esistente nel nostro ordinamento dal 1992! Sono infatti fermi a due questioni ormai superate dalla storia. La prima è che i due tipi di diritto, una volta utilizzati distintamente dai paesi d'immigrazione (soli) e di emigrazione (sanguinis), avevano come scopo rispettivamente formare cittadinanza e non perdere i legami con i propri cittadini. Oggi quasi tutti gli Stati (in Europa e in America) applicano un mix tra le due tradizioni. È cittadino chi è figlio di cittadino e chi nasce sul territorio della nazione. Non esiste più una distinzione netta, restano solo sfumature temporali. Forse i leghisti non si ricordano, visto che c'erano, e sicuramente i grillini non sanno perché la Prima Repubblica è sempre e comunque da condannare, che l'Italia fece la stessa scelta (il mix di diritto) nel lontano 1992, con l'adeguamento della legge della cittadinanza ai provvedimenti sull'immigrazione contenute nella cosiddetta "Legge Martelli" del 1990. La legge che regolava la situazione legale degli immigrati, estendeva il diritto di asilo a tutte le nazioni (prima l'Italia riconosceva solo i rifugiati da altri paesi europei) e introduceva i "flussi migratori", cioé la programmazione dell'immigrazione (cosa praticamente mai avvenuta).

Quindi dal 1992, in Italia esiste lo Ius soli. E qui veniamo al punto che i difensori dell'italianità ignorano. La formulazione esistente, cioè si può optare per la cittadinanza italiana al 18° anno (e solo fino al 19°) essendo nato in Italia e avendo vissuto regolarmente, è palesemente una discriminazione rispetto a chi è nato all'estero e può ottenere la cittadinanza dopo 10 anni ininterrotti di residenza. Cioè la legge in vigore dimezza i tempi per la concessione della cittadinanza a chi è nato all'estero rispetto a chi è nato sul suolo della Repubblica. La legge in discussione attualmente, il cosiddetto "Ius soli temperato", prevede un percorso allineato con il resto dell'Europa di 5 anni. Viene introdotto anche il cosiddetto "Ius culturae" che prevede la concessione della cittadinanza al minore che ha frequentato almeno 5 anni di scuola in Italia.

È di questo che stiamo parlando, non dell'introduzione di una nuova fonte di diritto, ma di un adeguamento temporale a ciò che esiste. La platea interessata, che comunque avrebbe avuto diritto alla cittadinanza al compimento del 18° anno (o dopo 10 anni di residenza) è di circa 850.000 ragazzi e ragazze.

Perché Lega Nord e neofascisti si oppongono con così tanta rabbia a questo provvedimento? Sono due le possibili risposte. La prima è che questi ragazzi eserciteranno il diritto di voto attivo e passivo. Difficilmente il loro consenso andrà a chi non li considera degni della cittadinanza. La seconda motivazione è più complessa. Finché esista la categoria "straniero", la xenofobia tipica dei movimenti di estrema destra è "tollerata" e mascherata.

Lo slogan "prima gli italiani" (o i francesi o gli spagnoli) regge fin quando la cittadinanza taglia in modo netto una società. Ma se la cittadinanza diventa diritto universale, bisogna trovare nuovi elementi di esclusione. Ovviamente a quel punto scatta la questione "etnica". Non ti posso più discriminare perché straniero, ma perché "oriundo"... Ecco che togliere l'alibi della cittadinanza all'estrema destra li svela per quello che sono: movimenti xenofobi. E non vale più il silenzio complice di chi in queste ore si sta astenendo per calcolo elettorale di piccolo cabotaggio. Si sta di qua o di là rispetto alle democrazie occidentali.

 

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