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18/08/2017, 07:47

 

Barcellona, terrore e morte sulle Ramblas

di Francesco Olivo e Steven Fort

 

Furgone lanciato sui pedoni: 13 morti e 90 feriti. L’Isis rivendica: due fermati, ucciso un terzo attentatore. I timori della Farnesina per la presenza di italiani

 

Un furgone bianco. È ancora un furgone a gettare nel panico l’Europa. Nella macabra geografia del terrore stavolta tocca a Barcellona. Sono le cinque del pomeriggio quando un camioncino noleggiato svolta da carrer de Pelai, imbocca le Ramblas e piomba su un marciapiede di Plaça de Catalunya. Se il criterio è colpire più gente possibile, il posto è ben scelto: lì comincia forse la passeggiata per eccellenza del turismo globale. Il bilancio, infatti, è alto: in serata la polizia catalana confermava 13 morti e 90 feriti, di cui 15 in gravi condizioni.  

 

I pedoni venivano travolti, «volavano per aria», racconta il tassista Óscar Cano, che aveva la sua macchina parcheggiata a pochi metri dalla scena. 

 

Il terrorista alla guida non si accontenta del percorso a zigzag che ha seguito per colpire più gente possibile: innesta la retromarcia e comincia una corsa disperata e criminale sulle Ramblas, in una discesa che si riempie di sangue. La fuga con il veicolo finisce davanti al Liceu, lo splendido teatro dell’Opera della città e al mercato della Boqueria, altro punto frequentato dalle masse di visitatori. Qui l’attentatore, dopo essere finito con il furgone contro alcuni chioschi, scende dall’abitacolo scatenando il panico assoluto in una zona piena di alberghi e ristoranti che diventano rifugio di centinaia di turisti. Non tutti riescono a scappare e a terra si vedono molti corpi feriti, insanguinati ed esanimi.  

 

Il giallo dei documenti  

Sono momenti concitati. Mentre vengono chiuse tutte le entrate della metropolitana e la polizia circonda la zona, alcune notizie confuse parlano di due uomini armati (uno dei quali sarebbe l’autista del furgone) asserragliati alla Luna de Istanbul, un locale vicino alle Ramblas: I due terrebbero in ostaggio alcuni clienti. La notizia, però, si rivelerà falsa. 

 

Nel frattempo gli investigatori lavorano in fretta, partendo dal furgone abbandonato sulle Ramblas. Dalla targa, 7083JWD, risalgono alla sua storia. Si tratta di un camioncino a noleggio. È stato preso qualche giorno fa a Santa Perpètua de la Mogoda, paesino a una ventina di chilometri da Barcellona. Ad averlo noleggiato è Driss Oukabir, marsigliese con un permesso di residenza in Spagna. Il suo profilo facebook, però, racconta di un giovane che non sembra avere rapporti con la jihad. Ed è lui stesso, vedendo la sua immagine rimbalzare sui siti, a presentarsi alla polizia denunciando che qualcuno gli ha rubato i documenti. A suo nome c’è un secondo furgone noleggiato e gli investigatori lo ritrovano, grazie al Gps, a Vic, altro paese a Nord di Barcellona. Il sospetto è che gli attentatori lo volessero utilizzare per la fuga. Una fuga che, però, si fa sempre più difficile. 

 

La cellula jihadista  

Mentre è caccia all’uomo uscito dalla cabina del primo furgone - la descrizione è di un giovane sui 25 anni, magro, con i capelli neri, una camicia a righe azzurre e un cappello blu - la polizia spagnola è sempre più convinta che non si tratti più dell’attacco di un imprevedibile lupo solitario. «Noqui c’è una cellula che ha organizzato tutto per bene», dicono ancora a caldo gli investigatore. La dinamica dell’attentato ricorda troppo da vicino scene viste in Europa negli ultimi mesi: Nizza, Berlino, Londra, Stoccolma. «Ma meno improvvisata» sottolineano i primi analisti ascoltati.  

 

I Mossos, i poliziotti catalani, entrano nel furgone abbandonato sulle Ramblas dopo aver controllato che non avesse esplosivi all’interno e trovano un passaporto spagnolo di un uomo di origine marocchina residente a Melilla, l’enclave iberica in Marocco. Il documento dice che l’uomo è alto 1 metro e 70. È lui l’uomo con la camicia a righe azzurre? Mentre lo si cerca, uno dei suoi complici viene ucciso. Tutta Barcellona è circondata da posti di blocco. In serata uno degli attentatori, per evitare un posto di blocco sulla Diagonal di Barcellona, travolge gli agenti con una Ford Focus e tenta la fuga. La polizia spara e lo uccide a Sant Just Desvern. 

 

Sono da poco passate le 21 quando si hanno i primi risultati delle indagini. Il presidente del governo catalano, Carles Puigdemont, annuncia in conferenza stampa due arresti. Passano pochi minuti e l’Isis, attraverso la sua «agenzia» Amaq, rivendica l’attentato definendo gli attentatori «soldati dello Stato islamico». 

 

Solidarietà dal mondo  

La Spagna si stringe intorno alle vittime e ai familiari. «Tutta la Spagna è Barcellona. Le Ramblas torneranno ad essere di tutti», twitta il re Filippo VI. «I terroristi non vinceranno mai un popolo unito che ama la libertà contro la barbarie. Tutta la Spagna è vicina alle vittime e alle famiglie» è il tweet del premier Mariano Rajoy. Solidarietà anche dal resto dell’Europa. Il portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel. Steffen Seibert, esprime «solidarietà e amicizia» nei confronti della Spagna. Il presidente francese Emmanuel Macron scrive: «Tutti i miei pensieri e la solidarietà della Francia per le vittime del tragico attacco a Barcellona, restiamo uniti e determinati». 

 

La paura degli italiani  

Mentre il bilancio delle vittime sale di ora in ora (la prima vittima a essere identificata è un belga), la Farnesina dichiara che sono in corso verifiche sui connazionali «ma c’è il rischio di eventuali coinvolgimenti di italiani tra le vittime dell’attacco a Barcellona». Si teme per la vita di un giovane di Legnano. Immediata la solidarietà di Roma. Il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha parlato di «dolore per l’orribile attacco al cuore dell’Europa» e ha disposto l’invio di rinforzi all’ambasciata italiana a Madrid per fornire supporto ai connazionali in Spagna».  

 

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