Fonte: Al Manar

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Lug 27, 2017

 

Baghdad si unisce all’asse Mosca-Teheran-Damasco

di Yusuf Fernández

Traduzione di Luciano Lago

 

Il vicepresidente dell’Iraq, Nuri al Maliki, è arrivato a Mosca il 23 di Luglio per una visita di quattro giorni e si è riunito in quella occasione con il presidente russo, Vladimir Putin e con altri dirigenti russi.

 

In una sua analisi, il giornale russo La Pravda, ha segnalato che, durante la visita, Maliki ha dimostrato la determinazione dell’Iraq a sfidare gli USA, esprimendo la sua opposizione alla creazione di basi permanenti nordamericane nel paese, denunciando l’appoggio dato da Washington ai gruppi terroristi e manifestando la sua volontà di comprare armi russe.

Gli USA hanno speso oltre 2 bilioni di dollari per invadere l’Iraq, secondo uno studio realizzato dall’Istituto di Studi internazionali dell’Università di Brown. Questa invasione ha causato grande sofferenza nel popolo iracheno ed oltre un milione di morti e fu basata sulle menzogne dell’Amministrazione USA circa le inesistenti armi di distruzioni di massa dell’Iraq – un qualche cosa che ricorda le attuali menzogne degli USA circa l’utilizzo di armi chimiche da parte dell’esercito siriano-. Pertanto è chiaro che la Casa Bianca ed il Congresso faranno di tutto per tentare che l’Iraq non abbandoni la sfera di influenza degli USA. Tuttavia possono realmente fare qualche cosa?

L’Iraq si trova strategicamente localizzato nel Medio Oriente ed è il secondo maggiore produttore di greggio dell’OPEC oggi. Il paese produce 5 milioni di barili di crudo al giorno, tuttavia la sua produzione nel 2020 si incrementerà in 8 milioni, cosa che significa che arriverà agli stessi livelli dell’Arabia Saudita.

Visto che se gli USA utilizzano il settore dell’energia come arma politica contro la Russia, possiamo concludere che, se l’Iraq sfida gli USA e si unisce all’asse Mosca-Teheran-Damasco, questo significherebbe una seria sconfitta geopolitica per gli USA nella regione del Golfo Persico e nel mondo.

“La guerra scatenata dagli USA ha portato alla distruzione, alla frammentazione e alla diffusione del caos nel suo territorio”, segnala Nikolai Sujov, un ricercatore dell’Istituto di Orientalismo dell’Accademia delle Scienze della Russia. Naturalmente questo ha portato ad una crescita del sentimento antiamericano in tutte le comunità del paese, tra i mussulmani sunniti e tra gli sciiti così come fra i cristiani, che hanno sofferto un duro regime di sanzioni che aveva privato l’Iraq dei prodotti di base, tra cui medicinali, tra il 1991 e 2003.

Una indicazione che l’Iraq già non si considera un alleato degli USA è la cooperazione stretta tra Mosca e Baghdad nella sfera militare. Occorre segnalare che la Russia e l’Iraq hanno firmato nel 2012 un insieme di accordi sulla cooperazione tecnico-militare per un valore di 4.300 milioni di dollari.

Dopo l’invasione dell’Iraq da parte dell’ISIS nel 2014, la Russia e l’Iraq hanno rapidamente implementato un contratto per rifornire Baghdad con armi russe mentre gli USA rifiutarono di consegnare all’Iraq aerei da combattimento F-16 già pagati. Successivamente, ci sono state molte denunce di una aiuto coperto fornito da parte USA all’ISIS sotto forma di aviolancio di casse con armi e munizioni da “misteriosi” aerei ed elicotteri, secondo quanto hanno segnalato incluso membri del Parlamento iracheno.

Nel Giugno del 2017, la Russia e l’Iraq hanno firmato un contratto per rifornire il paese arabo con sofisticati carri armati T-90. In questo modo  la cronologia di acquisti di armi russe da parte di Baghdad dimostra che l’Iraq preferisce queste ultime a quelle statunitensi.

Nello stesso momento in cui Maliki si trovava a Mosca, il ministro della difesa iracheno, Irfan Hayali, visitava Teherán il 22 di Luglio del 2017, quando ha firmato con il suo omologo iraniano, Hussein Dahkan, un memorandoum di intesa sulla cooperazione nel camo della difesa fra i due paesi.

Questo evento ha rappresentato uno schiaffo di Baghdad dato a Washington perchè ha avuto luogo in un momento in cui la Casa Bianca accusava cinicamente l’Iran di esere un “patrocinatore del terrorismo” e stava richiamando gli alleati degli USA a “isolare il regime iraniano”.

Questo dimostra il fallimento della diplomazia USA in Iraq, paese che ha sofferto precisamente il terrorismo dell’ISIS e altri gruppi takfiri wahabiti, tutti patrocinati dall’Arabia Saudita ed altri alleati degli USA nel Golfo.

Per la precisione l’Iran e lIraq si sono ripromessi di rafforzare la loro cooperazione militare per fare fronte ai terroristi ed estremisti ed alla loro ideologia. In questo senso, la rivista nordamericana Newsweek riconosce che entrambi i paesi sono stati obiettivo di attacchi terroristici e combattono contro questa piaga. A differenza di quello degli USA, l’aiuto iraniano è stato determinante perchè l’Iran potesse frenare prima l’ISIS e poi passare al contrattacco e ottenere una serie di vittorie contro il gruppo terrorista, l’ultima delle quali è stata la liberazione di Mosul.

Newsweek segnala che gli USA temono una alleanza strategica tra Iran e  Iraq.La rivista enfatizza che i responsabili nordamericani non hanno reagito alla firma dell’accordo Iran-Iraq. Loro sanno che tale minaccia impedirà agli USA di giocare e fare danno, come ha fatto fino ad ora, alla sicureza dell’Iraq e di altri paesi della regione.

Esiste inoltre un fattore religioso in questa alleanza che gli statunitensi non arrivano a comprendere. Due terzi degli iracheni sono sciiti e condividono le credenze della grande maggioranza della popolazione iraniana. Milioni di iraniani visitano i luoghi santi sciiti di Kerbala e Nayaf ogni anno e i vincoli di tipo familiare tra entrambe le popolazioni si stanno sempre più estendendo. I centri di apprendimento religioso doi Qom e Nayf mantengono solidi legami e non occorre dimenticare l’influenza della Mayaiyah (la Scuola Teológica di Nayaf) nella politica irachena. I saggi religiosi iracheni non desiderano vedere una presenza statunitense nel loro paese.

Altro fattore importante è il consolidamento delle Forze di Mobilitazione Popolare dell’Iraq (Hashid al Shaabi), che dispongono di centinaia di migliaia di militanti e sono stati oggetto di una campagna permanente di ostilità -principalmente mediatica, ma anche in occasione di attacchi aerei- da parte degli USA. Gli Hashid al Shaabi hanno insistito perchè non ci sia una presenza degli americani nel paese e si spera che questa milizia svolga un importante ruolo nel mondo della politica irachena. I suoi leaders hanno gradito pubblicamente l’aiuto dell’Iran e di Hezbollah all’Iraq, e in particolare Hshid al Shaabi, che condivide molti legami personali e ideologici con i precedenti.

Di fronte a tutti questi fattori, gli USA non hanno alcuna possibilità di danneggiare l’alleanza che Iran ed Iraq stanno creando e che avrà una notevole importanza su scala regionale e mondiale.

 

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