Editoriale del Jerusalem Post

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domenica 26 febbraio 2017

 

Il re Onu è nudo

 

Nella sua prima conferenza stampa, la neo ambasciatrice Usa Nikki Haley ha detto chiaro e tondo come stanno le cose tra Onu e Israele

 

Nella sua prima conferenza stampa come neo ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, Nikki Haley è partita all’attacco. Dopo aver condiviso con i giornalisti le sue impressioni sulla riunione del Consiglio di Sicurezza sulle questioni del Medio Oriente (“è stata un po’ strana”), Haley ha promesso che gli Stati Uniti non chiuderanno più gli occhi sulla scandalosa faziosità dell’Onu contro lo stato ebraico. Nel suo breve commento, l’ex governatrice della Carolina del Sud ha articolato le sue critiche con garbo e bon ton, ma le sue parole non lasciano spazio a equivoci.

Molti di noi in Israele hanno perso da tempo la speranza che le Nazioni Unite possano cambiare. Molta acqua è passata sotto i ponti del Giordano da quando l’Onu votò, nel 1947, a favore della creazione di uno stato ebraico accanto a uno stato arabo. Nel 1975, sotto l’influenza sovietica e con l’aiuto di decine di regimi autocratici d’Africa, Sud America e Medio Oriente, l’Onu approvò una risoluzione che equiparava il sionismo al razzismo. Anche se nel 1991 quella risoluzione è stata revocata, l’Onu rimane, ad esempio, la sede del Consiglio comicamente chiamato “dei diritti umani”: un organismo che conferisce onore e ruoli importanti a luminosi fari di morale e civiltà del diritto come Cuba, Pakistan, Russia e Siria, senza mai smettere nel frattempo di emettere un maggior numero di condanne contro Israele che contro tutti gli altri paesi del mondo messi insieme. Il punto 7 dell’agenda del Consiglio Onu per i diritti umani impone che presunte violazioni dei diritti umani commesse da Israele vengano messe all’ordine del giorno e discusse ogni volta che il Consiglio si riunisce. Nel 2016 l’Assemblea Generale ha adottato 18 risoluzioni contro Israele e il Consiglio di Sicurezza ha adottato 12 risoluzioni specifiche su Israele: “più di quelle dedicate alla Siria, alla Corea del Nord, all’Iran e al Sud Sudan messe insieme”, come osservò la stessa predecessora di Haley, Samantha Power, nel suo discorso a difesa dell’inspiegabile astensione degli Stati Uniti sulla risoluzione 2334.

Ora, con l’arrivo di Haley, si può tornare a sperare che un istituto che pareva irrimediabilmente e incorreggibilmente prevenuto contro Israele possa essere recuperato per il bene di tutta l’umanità. Non sarà facile. Ma Haley non ha intenzione di rinunciare, e il tenace ottimismo con cui ritiene che il cambiamento sia possibile potrebbe essere contagioso. Forse l’Onu finirà davvero per abbandonare la sua ossessiva paranoia anti-Israele e a dedicare davvero tempo ed energie alla sua vera vocazione: placare i conflitti e tutelare i diritti umani.

 

unwatch.org

16.2.17

 

Nikki Haley:

«La prima cosa che voglio fare è parlare di ciò che abbiamo appena visto. Il Consiglio di Sicurezza ha appena terminato la sua riunione mensile sui problemi del Medio Oriente. E’ la prima riunione di questo tipo a cui prendo parte e devo dire che è stata un po’ strana. Il Consiglio di Sicurezza dovrebbe discutere di come mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Ma nella nostra riunione sul Medio Oriente, la discussione non è stata sull’illegale accumulo di razzi in Libano fatto da Hezbollah, non è stata sui soldi e le armi che l’Iran fornisce ai terroristi, non è stata su come sconfiggere l’ISIS, non è stata su come far sì che Bashar al-Assad debba rispondere del massacro di centinaia di migliaia di civili. No. L’incontro si è concentrato sul criticare Israele, l’unica vera democrazia in Medio Oriente. Sono nuova in questo incarico, ma capisco che è così che il Consiglio ha operato, mese dopo mese, per decenni. Sono qui per dire che gli Stati Uniti non chiuderanno più gli occhi su questo. Sono qui per sottolineare il compatto sostegno degli Stati Uniti per Israele. Sono qui per sottolineare che gli Stati Uniti sono determinati ad opporsi al pregiudizio anti-israeliano nelle Nazioni Unite. Non ripeteremo il drammatico errore della risoluzione 2334 e non permetteremo il passaggio al Consiglio di Sicurezza di risoluzioni di condanna unilaterale d’Israele. Al contrario, ci impegneremo perché si intervenga sulle reali minacce che dobbiamo fronteggiare in Medio Oriente. Noi siamo per la pace. Sosteniamo una soluzione del conflitto israelo-palestinese che sia negoziata direttamente tra le due parti, come ha ribadito il presidente Trump nel suo incontro di ieri [15 febbraio] con il primo ministro Netanyahu. Le risoluzioni scandalosamente di parte del Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea Generale rendono solo più difficile il raggiungimento della pace, perché disincentivano una delle parti dal sedere al tavolo dei negoziati. Incredibilmente, il Dipartimento affari politici delle Nazioni Unite ha un’intera divisione dedicata agli affari palestinesi. Pensate: non c’è una divisione dedicata ai lanci di missili illegali dalla Corea del Nord, non c’è una divisione dedicata al principale sponsor del terrorismo mondiale, l’Iran. L’approccio pregiudiziale alla questione israelo-palestinese non favorisce in alcun modo la pace. E non ha alcun rapporto con la realtà del mondo che ci circonda. E’ in atto una doppia morale impressionante. Solo pochi giorni fa, gli Stati Uniti hanno cercato invano di far passare al Consiglio di Sicurezza la condanna di un attacco terroristico in Israele durante il quale un terrorista ha aperto il fuoco sulla gente in attesa a una fermata d’autobus e ha poi accoltellato altre persone. Il Consiglio di Sicurezza non avrebbe esitato a condannare un attacco del genere in qualsiasi altro paese. Ma non in Israele. La presa di posizione è stata bloccata. E questo è semplicemente vergognoso. Israele si trova in una regione dove altri invocano la sua completa distruzione, e in un mondo dove l’antisemitismo è tornato ad aumentare. Queste sono le minacce che dovremmo discutere alle Nazioni Unite, continuando ad adoperarci per un accordo complessivo che ponga fine al conflitto israelo-palestinese. Ma  fuori dalle Nazioni Unite c’è qualche buona notizia. La posizione di Israele nel mondo sta cambiando. Israele sviluppa nuove relazioni diplomatiche. Sempre più paesi riconoscono quanto Israele contribuisce al mondo e riconoscono che Israele rappresenta un faro di stabilità in una regione tormentata, e che Israele è in prima linea nell’innovazione, nell’imprenditorialità, nelle scoperte tecnologiche. E’ il pregiudizio anti-israeliano alle Nazioni Unite che dovrebbe essere cambiato già da tempo. Gli Stati Uniti non esiteranno a prendere posizione contro questi pregiudizi, a difesa del nostro amico e alleato Israele. Mi pare che nel corso della riunione abbiamo visto un tono forse leggermente diverso, ma dovremo vedere come va avanti. Grazie.»

 

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