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17 mar 2017

 

Israele spara su Damasco, la Siria risponde con un missile su Gerusalemme

 Per i media il più grave incidente tra i due paesi dal 2011, nonostante le tante incursioni israeliane e gli omicidi mirati commessi. Stati Uniti accusati di aver ucciso 42 civili in una moschea in un raid contro al-Qaeda

 

Roma, 17 marzo 2017, Nena News –

 

Quanto successo stanotte viene definito dai media regionali e internazionali come il più grave incidente tra Siria e Israele dal 2011, l’inizio della guerra civile siriana. Se numerose sono state le operazioni israeliane sul territorio siriano, anche vicino Damasco, spesso con target Hezbollah, lo scambio di fuoco di ieri notte ha coinvolto anche il territorio israeliano.

Ieri notte quattro aerei dell’aeronautica di Tel Aviv sono penetrati in Siria e hanno lanciato diversi missili. Damasco ha reagito con i sistemi di difesa aerea e rispondendo con missili contro i jet militari israeliani. Nessuno di questi ha colpito i caccia, ma uno di loro è arrivato a nord di Gerusalemme dove è stato intercettato dal sistema di difesa israeliano Arrow, mentre le sirene di avvertimento sarebbero risuonate nella Valle del Giordano. Secondo Damasco, invece, uno dei missili ha abbattuto un caccia nei pressi di Palmira. Israele smentisce la perdita del jet.

L’altro elemento nuovo è l’ammissione immediata dell’esercito israeliano: a differenza delle smentite precedenti, stavolta – in una dichiarazione che il quotidiano Haaretz definisce “eccezionalmente rara” – ha ammesso di aver violato il cielo siriano con i caccia. Ogni precedente operazione, intorno Damasco e a sud, che ha avuto nel mirino convogli di Hezbollah ma anche i suoi leader: un anno fa, nel maggio 2016, Israele uccise Mustafa Badreddine, comandante militare del movimento sciita libanese, con un attacco aereo nei  pressi dell’aeroporto di Damasco.

Prima era toccato ad un simbolo del movimento libanese, Samir Kuntar, prigioniero in un carcere israeliano per 29 anni, e ucciso da missili israealiani a Jaramana, sobborgo della capitale siriana alla fine del 2015.

L’interesse israeliano per la guerra civile siriana è stato da subito significativo. Non per il timore di un contagio che non c’è mai stato, a differenza degli altri paesi vicini travolti o comunque toccati dal flusso di gruppi jihadisti o dalle instabilità interne dovuto all’arrivo di milioni di profughi.

Per Tel Aviv la guerra civile è stata la migliore occasioni per liberarsi dell’asse nemico, Hezbollah-Damasco-Teheran. Non ha potuto gioire però perché il risultato sperato non è stato archiviato. Oggi, dunque, l’obiettivo di Tel Aviv – sconfitta dalla guerra come Riyadh e Ankara – è evitare un eccessivo rafforzamento iraniano ai suoi confini nord.

Nelle stesse ore nel nord del paese un bombardamento aereo centrava una moschea nell’ora della preghiera: almeno 42 i morti secondo fonti locali nel villaggio di al-Jina, provincia di Aleppo, ma potrebbero essere di più con i soccorsi impegnati a tirare fuori corpi dalle macerie. Responsabile dell’attacco sarebbe la coalizione a guida Usa anti-Isis che però nega: i jet non hanno colpito una moschea ad Aleppo, ma un meeting di al-Qaeda ad Idlib. Ora, fa sapere l’esercito Usa, è in corso un’indagine per verificare se sono stati commessi errori: secondo il colonnello Thomas, portavoce del comando centrale Usa, “non abbiamo centrato una moschea ma un edificio a 15 metri, la moschea è ancora in piedi”. Senza specificare a quale moschea si riferiscono. Nena News

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