Fonte: Russia Insider

https://www.controinformazione.info/

Dic 13, 2017

 

La dichiarazione di vittoria di Putin in Siria apre le porte per un attacco russo contro l’ISIS in Libia

di  Marko Marjanovi?

Traduzionedi Luciano Lago

 

Quando due settimane fa il Cremlino pubblicamente ha ordinato al Ministero degli Esteri di negoziare un accordo in base al quale alla forza aerea dela Russia viene assicurato l’utilizzo delle basi aeree in Egitto, ho riconosciuto di non sapere bene di cosa si trattasse.. Avevo prospettato la possibilità che ci fosse un preludio di una possibile partecipazione militare in Libia, ma poi mi sono detto che difficilmente questo sarebbe accaduto con la Russia, visto che la crisi in Siria si trovavancora  in pieno apogeo.

 

Bene è accaduto che Putin ha ordinato il ritiro dalla Siria delle forze russe dopo aver dichiarato la vittoria affermando che gli obiettivi dell’intervento erano stati raggiunti.

(……)

 

Le forze speciali russe, la polizia militare, una equipe di sminatori ed un gruppo di 25 aerei abbandoneranno adesso la Siria, e seguiranno altri consiglieri militari, difese antiaeree ed alcune aeronavi.

 

L’annuncio di Putin diomostra che Putin non puntava ad un escalation militare della Russia in Siria, specialmente poche mesi prima che si svolgano el elezioni nel paese (Russia). Quello che prevedeva era proclamare la sconfitta dei gruppi terroristi e l’opportunità di proclamare la vittoria in Siria tirando fuori buona parte delle sue truppe da lì.

 

Apparentemente le avventure all’estero sono interminabili e sono tutte con le stesse caratteristiche. Tuttavia avendo accolto il ritorno delal maggior parte delle proprie truppe di ritorno dalla Siria, il pubblico russo dispone della prova visibile che questi hanno potuto farlo.

 

Il massiccio ritiro della Siria che Putin ha ordinato elimina il problema chiave che un intervento della Libia dovrebbe affrontare -la  percezione in patria  che la Russia si stia impantanando in avventure straniere sempre più infinite.

 

Inoltre il fatto che Mosca abbia annunciato pubblicamente che stava negoziando l’uso delle basi militari egiziane mi dice due cose:

I negoziati sono una mera formalità e tutt’al più su come risolvere problemi tecnici. La Russia ha già assicurazioni che l’Egitto firmerà.

 

Il Cremlino sta facendo galleggiare un espediente  di prova e / o gradualmente sta preparando il pubblico per qualcosa di più grande che sta considerando.

Bene, cosa potrebbe essere? Cosa richiederebbe l’uso delle basi egiziane e l’attenta preparazione e misurazione del polso del pubblico russo? Un altro intervento militare pareggerebbe il conto.

 

In effetti, c’è chi crede che l’esercito russo abbia già una presenza nell’Egitto occidentale che usa occasionalmente per colpire l’ISIS in Libia nello stesso modo in cui lo fa l’Egitto stesso. Se questo è il caso, allora i negoziati annunciati pubblicamente sulla concessione dell’accesso alla Russia sono semplicemente dovuti per regolarizzare una situazione che esiste già.

 

Mosca e il Cairo hanno già realizzato un teatro similare in precedenza. Nel 1972 l’Egitto di Sadat e l’Unione Sovietica inscenarono una simulazione  espellendo con rabbia i consiglieri sovietici  dall’Egitto. Di fatto, la “espulsione” fu pianificata insieme all’Unione Sovietica come copertura per ritirare discretamente migliaia di truppe sovietiche regolari non riconosciute dall’Egitto. I veri consiglieri militari intanto rimasero in Egitto fino alla fine della guerra Yom Kippur del 1973.

 

In ogni caso, ora mi sembra chiaro che la Russia stia considerando un intervento militare non segreto in Libia, che potrebbe essere annunciato dopo le elezioni di marzo. Quello che stiamo vedendo ora è il Cremlino che getta le basi necessarie per farlo, se opta per definirlo a breve termine.

 

Un tale intervento sarebbe molto più limitato in dimensioni rispetto a quello in Siria, semplicemente perché l’ISIS non è così potente in Libia. Ritirando la maggior parte delle loro forze, dopo la vittoria su ISIS, penso che Putin abbia dimostrato in modo conclusivo che non è interessato ad mantenere nel paese il personale militare russo per  combattere tutti i nemici di Assad (come l’SDF sostenuto dagli Stati Uniti) e ad un accresciuto confronto con gli Stati Uniti. L’ISIS, al-Qaeda e i loro rispettivi alleati sono gli unici che la Russia si sente giustificata nel combattere direttamente in Siria.

 

Allo stesso modo, penso che Mosca non abbia alcun interesse nel decidere il vincitore tra i due governi rivali in Libia, con entrambi i quali ha i contatti, e almeno uno dei quali è sostenuto dalla NATO. Invece sarebbe un intervento contro ISIS e gruppi simili ad al Qaeda. Un intervento che sarebbe pubblicizzato come “finire il lavoro” e non permettere alla struttura centrale dell’ISIS  di trasferirsi. E una questione che evidenzia ancora di più il fatto scomodo che, dove l’Occidente semina il caos e distrugge i paesi, la Russia invece raccoglie i pezzi e li aiuta a stabilizzarli.

 

Per inciso, subito dopo aver proclamato  la vittoria,  Putin dalla base aerea russa in Siria, è salito su un aereo ed è volato in … Egitto . L’astuto MK Bhradakumar pensa che il viaggio sia tutto incentrato sulla creazione di qualcosa per la Libia:

Il punto è che il “la questione libica” è stato riaperta. Lo stato islamico  si sta trasferendo in Libia dopo la sua schiacciante sconfitta in Iraq e in Siria. La Russia e l’Egitto avvertono l’imperativo bisogno di mobilitarsi rapidamente e di confrontarsi con i gruppi estremisti in Libia. Entrambi sostengono il comandante dell’esercito nazionale libico, Khalifa Haftar, insediato a Bengasi, che (giustamente) vedono come un baluardo contro l’estremismo violento in Libia.

 

Il vuoto di potere in Libia e la crescente insicurezza nell’Egitto occidentale (Sinai)  minacciano la stabilità dell’Egitto e il prestigio del presidente al Sisi è in gioco. D’altra parte, il coinvolgimento egiziano in Libia influisce sugli equilibri di potere in Medio Oriente. È interessante notare che le monarchie del Golfo sono anche loro coinvolte nella crisi libica.

 

In primo aspetto, Mosca si sta rivolgendo all’ONU sulle questioni chiave e sta anche coinvolgendo il governo di Sarraj a Tripoli. Il che suggerisce che Mosca potrebbe posizionarsi come intermediario tra i partner rivali della Libia – Sarraj e Haftar, principalmente – e infine a manovrare per se stessa per compensare le perdite finanziarie subite nel 2011 a seguito del cambio di regime che è stimato essere state superiore a $ 10 miliardi in contratti ferroviari, progetti di costruzione, accordi energetici e vendite di armi.

http://www.notiziegeopolitiche.net/

15 dicembre 2017

 

Mosca riapre l’ambasciata a Tripoli e si propone come fattore di dialogo tra le parti

di Enrico Oliari

 

La Russia ha accolto la richiesta di Tripoli di riaprire la propria rappresentanza diplomatica, formulata nei giorni scorsi dal ministro degli Esteri del Governo di accordo nazionale libico, Mohamed Taher Siala, il quale aveva notato che “Ci sono un sacco di voci secondo cui Tripoli non è sicura… È ora che l’ambasciata russa inizi a lavorare da Tripoli”.
Mosca si sta proponendo come fattore di mediazione per la risoluzione della crisi libica, ed oggi l’ambasciatore russo a Tripoli, Ivan Molotkov, ha affermato che “La Russia è pronta per la cooperazione con tutti i Paesi per cercare congiuntamente risoluzioni per la crisi libica, inclusi ovviamente gli Stati Uniti”.


La politica di dialogo proposta dalla Russia è stata annunciata in più occasioni nei giorni scorsi dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov, il quale incontrando tre giorni fa a Mosca Siala ha fatto sapere che “Coopereremo per risolvere tutti i problemi nei colloqui tra Tobruk e Tripoli, con i quali avremo contatti regolari”. “La Russia – ha continuato – farà tutto il possibile per normalizzare completamente la situazione in Libia e gli aspetti internazionali del ripristino dei diritti del governo libico”.


La posizione della Russia era stata sottolineata ai primi di dicembre in occasione del Med Dialogues di Roma, sia durante l’incontro tra il ministro degli Esteri Sergei Lavrov e Angelino Afano, sia in un’intervista della AskaNews al responsabile del gruppo di contatto russo per la Libia, Lev Dengov.


Alfano aveva osservato che “Fin dall’inizio il ruolo della Russia in Libia è stato positivo: per prima cosa, l’Onu, che ha legittimato il governo dell’Accordo di unità nazionale, vede nel Consiglio di sicurezza la Russia e quindi c’è stata una condivisione, dal momento che noi abbiamo sostenuto il governo legittimato dall’Onu”. “Per seconda cosa la Russia – aveva continuato Alfano – si è sforzata di coinvolgere la parte orientale del Paese. Penso che la Russia vi abbia svolto un ruolo positivo nell’orientare una volontà di accordo”. “Terzo elemento è questa nuova a fase di Ghassan Salamé. C’era una scelta da compiere fra il desiderio di continuare con i formati precedenti o versare tutto il lavoro nelle mani delle nuove capacità e funzioni del rappresentante del segretario generale dell’Onu. Noi e altri Paesi fra cui la Russia abbiamo operato per la seconda scelta e i primi risultati sono stati positivi”.


Dengov aveva precisato ad Askanews che “E’ già vecchio il concetto che vede alcuni media stranieri affermare che noi sosteniamo una delle due parti in causa. Noi abbiamo dimostrato a tutti di aver ricevuto sia Haftar, sia Fayez al-Sarraj, sia al-Bunian al-Mansour (della tribù di Misurata), e anche i libici del sud che con noi hanno contatti attivi. E la cosa più interessante è che tutti loro hanno un atteggiamento molto aperto con la Russia”.
Anche l’inviato dell’Onu per la crisi libica, L’atteggiamento costruttivo della Russia in merito alla crisi libica è stato sottolineato anche dall’inviato dell’Onu per la crisi libica, Ghassan Salamé, aveva notato la “maggiore convergenza internazionale”, che “renderà possibili le elezioni nel corso del 2018”, ed aveva confermato di “avere il pieno supporto di Mosca” alla sua opera.


I russi quindi come fattore di mediazione e non schierati con una parte, come aveva sperato il generale “di Tobruk” Khalifa Haftar, il quale si è recato prima Mosca a parlare con Sergei Lavrov e poi a Sochi con Vladimir Putin per ottenere armi ma soprattutto appoggio politico alla sua azione, arrivando a promettere addirittura una base militare in Cirenaica. La risposta (cortese) del Cremlino è sempre stata quella di invitarlo al dialogo con la controparte e di non appoggiarlo militarmente, anche perché difficilmente la Russia si sarebbe svenata in un ulteriore conflitto, per di più in un paese non di sua influenza, con già una base in costruzione ad Alessandria d’Egitto e andando a mettere i bastioni tra le ruote ad alleati commerciali come l’Italia.

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