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14 luglio 2017

 

Aleppo e Mosul: un racconto di due città liberate

di Neil Clark

traduzione a cura della Parrocchia Ortodossa di Torino

 

La città irachena di Mosul. La città siriana di Aleppo. Entrambe ‘liberate’ negli ultimi mesi da gruppi radicali del terrorismo jihadista. Ma mentre una delle due operazioni anti-terroriste è stata lodata in Occidente, l’altra è stata ferocemente denunciata.

 

I modi molto diversi in cui le rispettive ‘liberazioni’ sono state raffigurate ci dicono molto sul modo in cui opera la propaganda bellica nel cosiddetto mondo libero.

Negli ultimi giorni ci sono state trasmesse dai media occidentali testimonianze trionfanti sulla “liberazione” di Mosul dall’ISIS. Il presidente americano Donald Trump ha pubblicato una dichiarazione della Casa Bianca che si congratula con le autorità irachene, e in cui le parole “liberazione” o “liberata” sono apparse tre volte.

 

Sembra che tutti vogliano ottenere il merito per l’operazione militare di successo. Il quotidiano Independent ha riferito come un ufficiale del Pentagono ha dichiarato che l’ISIS è stata sconfitta a causa delle “strategie di addestramento” di Barack Obama. La liberazione di Mosul ci è stata venduta come una grande vittoria. A prima vista, lo è senza dubbio. Chi, dopo tutto, vorrebbe vedere i brutali macellai terroristi dello Stato islamico mantenere il loro territorio? Ma ciò che è evidente è come si è glissato sul costo della “liberazione”, anche se questo è stato davvero alto.

 

I ricercatori di Airwars, per esempio, stimano che tra 900 e 1.200 civili siano stati uccisi dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti e da colpi d’artiglieria durante l’operazione di otto mesi e che “molte altre centinaia o addirittura migliaia di persone potrebbero essere morte nelle azioni della coalizione”.

 

Airwars cita il portavoce della Croce Rossa Internazionale Iolanda Jaquemet, che ha parlato del massiccio numero di vittime civili: “Vengono con ferite di shrapnel, sanguinando anche dai loro occhi, colpiti alla testa, dopo essere stati sepolti sotto le macerie, traumatizzati dagli attacchi aerei, dall’artiglieria , dai cecchini, dalle bombe, dopo avere perso tutta la famiglia – e troppo spesso, morendo anch’essi all’arrivo.

Inoltre, c’è stata la distruzione delle infrastrutture di Mosul. Circa l’80 per cento della parte ovest di Mosul è stata distrutta. L’ONU dice che oltre 5.000 edifici a Mosul sono stati danneggiati e 490 distrutti nella storica Città Vecchia. Mosul può essere stata “salvata”, ma il costo della ricostruzione della città sarà enorme. Torna alla mente quella vecchia frase della guerra del Vietnam, “è stato necessario distruggere la città per salvarla”.

 

Eppure, il presidente Trump non ha menzionato nulla di questo nella sua dichiarazione della Casa Bianca. Anche i rapporti mediatici hanno teso a minimizzare gli effetti negativi.

Quanto è stato diverso per Aleppo nel 2016! A quel tempo, l’azione anti-terrorista dell’esercito siriano e della Russia, per liberare l’est della città dal controllo del fronte di al-Qaeda/al-Nusra, è stata condannata. Il sindaco di Aleppo ha detto a Sky News che stava avvenendo un “olocausto” e ha incolpato la comunità internazionale per non aver fatto nulla. Sky News ha fatto una copertura speciale durata per tutto il giorno il 14 ottobre, dal titolo “Aleppo, la morte di una città”.

 

Nella Camera dei Comuni, il segretario agli Esteri Boris Johnson ha rotto il protocollo diplomatico per chiedere proteste all’esterno dell’ambasciata russa. Le luci della Torre Eiffel sono state perfino spente in un “gesto di sostegno per la popolazione sotto i bombardamenti ad Aleppo”.

 

Una copertura mediatica prominente è stata data a rapporti non verificati di attivisti anti-governativi, come i cosiddetti “caschi bianchi”, che sostenevano che le forze siriane e russe avevano bersagliato civili. I tweet di una ragazza di sette anni anti-Assad e anti-Putin intrappolate nella battaglia, Bana Alabed, sono stati pubblicizzati da celebrità occidentali, come l’autrice di Harry Potter J.K. Rowling, twittata dalla madre di Bana.

“Ciò che sta succedendo ad Aleppo è una Guernica moderna”, ha dichiarato Peter Tatchell, che ha interrotto un discorso del leader laburista Jeremy Corbyn pretendendo una risposta. In un dibattito parlamentare d’emergenza a Londra, parlamentari dal volto terreo, che solo un anno prima avevano votato a favore del bombardamento della Siria, si sono messi in fila per denunciare le autorità siriane e la Russia per… ehm… aver bombardato la Siria. Il conservatore Tom Tugendhat ha chiesto che fosse imposta una non-fly zone su Aleppo. “Gli elicotteri che stanno scaricando bombe a botte possono facilmente essere abbattuti da razzi con sede in Turchia o in Libano, o, in effetti, con i nostri razzi tipo 45 nel Mediterraneo”, ha detto.

 

Il collega conservatore Andrew Mitchell ha paragonato le azioni della Russia a quelle dei nazisti: “I russi non stanno attaccando formazioni militari, stanno attaccando ospedali e una popolazione terrorizzata”.

 

Il deputato laburista pro-guerra John Woodcock si è dichiarato d’accordò con Mitchell. “Il suo paragone con le azioni del regime nazista e della Lega delle Nazioni è molto potente”, ha detto. Woodcock si è lamentato che “nessuno si sta opponendo alle bombe del regime russo” e ha concluso con una chiamata alle armi: “Saremo una generazione di Neville Chamberlain degli ultimi tempi, o ci faremo coraggio e agiremo al modo del grande Winston Churchill?”

 

In un tale clima di isteria guerrafondaia, coloro che hanno parlato di “liberazione” di Aleppo, come ha fatto il giornale Morning Star, in sfida alla psico-polizia dei neocon, sono stati trattati in vero stile maccartista da parte dei “liberali interventisti” e dei portinai dell’Establishment.

 

“Quella di Aleppo est, riconquistata dal brutale regime di Bashar al-Assad, non è una “liberazione”.

La sinistra non deve far finta che lo sia”, ha proclamato la New Statesman’s Media Mole.

“Se vi associate a questa feccia traditrice dopo questa prima pagina, non avete posto nella nostra politica”, ha twittato un furioso John Woodcock.

 

Infatti, contrariamente al “bisogna fare qualcosa” della propaganda dell’élite, la riconquista di Aleppo est dalle mani dei fanatici terroristi decapitatori di bambini è stata davvero una liberazione. L”olocausto’ di cui ci hanno avvisato per 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, non è accaduto. Al contrario, ci sono state scene di gioia sfrenata quando tutta la città è stata riportata sotto il controllo governativo. Per la prima volta in cinque anni i cristiani hanno potuto partecipare alla Messa di Natale nella cattedrale di sant’Elia della città vecchia. I neoconi occidentali avrebbero naturalmente preferito far rimanere al loro posto i jihadisti.

 

Da dicembre, i cittadini di Aleppo stanno lentamente riportando le loro vite alla normalità. A migliaia sono tornati nelle loro case. Infatti, l’UNHCR riferisce che quasi 500.000 siriani sono tornati nelle loro case nel 2017, tornando nelle aree controllate dal governo o riprese dalle mani dei “ribelli” anti-governativi.

 

Inutile dire che ciò non sarà descritto nei media che vogliono il cambio di regime, perché non si adatta alla narrazione dominante dei siriani che fuggono dal loro governo.

Quanto tempo, mi chiedo, ci vorrà perché la vita ritorni a qualcosa di simile a Mosul, o a Raqqa? La battaglia per Aleppo è stata descritta in modo molto diverso perché il “nemico ufficiale” stava facendo il liberatore.

I nemici ufficiali – siano essi i siriani o i russi, le forze libiche libere nel 2011, o l’esercito jugoslavo nel 1999 – non possono mai essere ripresi mentre combattono il terrorismo o liberano città o aree del loro paese dal controllo terrorista. Ogni volta che agiscono, la loro azione è SEMPRE descritta come un ‘genocidio’ o un ‘olocausto’. Bersagliano deliberatamente i civili e bombardano gli ospedali per divertirsi.

 

Tuttavia, ogni volta che i partiti ‘approvati’ dagli occidentali uccidono civili – sia che facciano parte di una coalizione guidata dagli Stati Uniti, o siano le forze israeliane che bombardano Gaza o forse saudite che fanno a pezzi lo Yemen – allora tutto è giustificato. Tali vittime sono “danni collaterali” e/o “errori”. Oppure, ovviamente, si accusano i “cattivi” per aver usato “scudi umani”. È interessante anche che non esistano equivalenti dei caschi bianchi a Mosul per parlare dei civili uccisi dalle bombe della coalizione.

 

Quelli che erano tanto oltraggiati dai civili morti durante l’operazione militare per recuperare Aleppo non sembrano preoccupati per i civili morti in Iraq. Non c’è stato alcun dibattito di emergenza nella Camera dei Comuni per discutere di morte e distruzione a Mosul. La Torre Eiffel non ha oscurato le sue luci “in un gesto di appoggio per le popolazioni sotto i bombardamenti”. Boris Johnson non ha chiesto alcuna protesta. E, per quanto ne so, l’autrice di Harry Potter non ha twittato sui bambini che hanno sofferto nella “liberazione” di Mosul, come faceva così regolarmente durante l’assedio di Aleppo.

 

Le ultime notizie sono che Bana Alabed pubblicherà un libro di memorie dei suoi giorni ad Aleppo, che sarà pubblicato negli Stati Uniti da Simon e Schuster, una parte della CBS Corporation, in questo autunno. Il gigante dell’editoria ha acquisito i diritti del libro dalla Blair Partnership, l’agente di J.K. Rowling. Senza dubbio seguirà presto un’offerta lucrativa di un film di Hollywood.

 

Penso che possiamo tranquillamente dire che le probabilità che una grossa casa editrice occidentale faccia un contratto con un “abitante di sette anni di Mosul, contrario alla liberazione”, e che il libro che ne verrà fuori diventi un film di Hollywood, siano circa una su 10.000.

 

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