Al-Arabi Al-Jadid

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11/11/2017

 

La prossima guerra

di Abd al-Bari Tahir

scrittore, intellettuale e giornalista yemenita

Traduzione e sintesi di Laura Serraino.

 

Il perpetuarsi e l’acutizzarsi del conflitto settario nello scenario mediorientale sembra avvicinare una nuova guerra

 

Alla fine del secolo scorso, si è attenuato il conflitto arabo-israeliano mentre nella prima guerra del Golfo tra Iraq e Iran si è frammentato il fronte arabo: gli stati del Golfo, lo Yemen e il Sudan si sono schierati al fianco di Saddam Hussein, la maggior parte degli stati arabi contro la guerra e alcuni di loro, Siria, Libia e repubblica democratica popolare dello Yemen, hanno appoggiato l’Iran. Questa guerra ha alimentato le tendenze islamiste e in Iran sono prevalse quelle più radicali. L’Iran voleva esportare la rivoluzione, Saddam desiderava espandersi e prendere il posto di Nasser nella regione.

 

I risultati furono disastrosi: per la prima volta parteciparono molti stati arabi sotto il vessillo americano per distruggere un paese fondatore della Lega degli stati arabi, l’Iraq, il più sviluppato e militarmente avanzato, che cadde nelle mani di giuristi e ayatollah iraniani. La guerra ha rafforzato nella regione un’inclinazione islamista che significa, in ultima analisi, conflitto sunnita-sciita, di cui i principali beneficiari sono stati gli ayatollah iraniani nella gestione della politica interna.

 

Il ricercatore Zuhair al-Jazairy pensa che il discorso iracheno sia passato, sorprendentemente e non senza ipocrisie, dal nazionalismo alla religione dopo la seconda guerra del golfo, senza dimenticare che i primi fondatori del Baath iracheno erano in buona parte sciiti.

 

Nel suo importante libro, Materialismo e consapevolezza religiosa (Dar al-Farabi, Beirut, 1985), Faleh Abdel-Jabbar sostiene che l’Islam abbia cominciato come religione araba e si sia diffuso poi tra i non Arabi: “A differenza del nazionalismo monoteistico europeo emerso nella guerra della Chiesa, l’Islam all’inizio del messaggio fu l’elemento di unificazione delle tribù arabe e divenne poi un elemento di resistenza all’occupazione esterna”.

 

Nella prima guerra mondiale, invece, alcuni governanti arabi hanno combattuto a fianco della Gran Bretagna e della Francia contro la presenza turca: sono stati vittime di Sykes-Picot, perdendo la sovranità e l’indipendenza in Iraq, Siria e Palestina. Nella seconda guerra mondiale erano sotto l’ombrello britannico e il risultato fu la perdita della Palestina. La guerra in Iraq, sotto la bandiera americana, si è conclusa con la distruzione del paese. La guerra si è, poi, diretta contro la primavera araba: la Siria e la Libia sono state distrutte, come lo Yemen e il conflitto ha assunto, ormai, la dimensione settaria sunnita-sciita che, pur esistente, viene utilizzata strumentalmente dalla politica.

 

L’escalation coincide con l’arrivo di Donald Trump, che dà la priorità al commercio degli armamenti, e la formazione di un’alleanza “sunnita” contro l’Iran. L’Arabia, impegnata in una lotta alla corruzione al suo interno, si erge a difensore degli Arabi nella lotta al terrorismo e all’Iran che tende le sue braccia verso Libano, Qatar e Yemen. Questo giova al radicalismo e agli opposti estremismi.

 

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