PIC

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12/9/2017

 

Osama Zidat cerca ancora giustizia

Traduzione di Daniela Caruso

 

“Ho bussato a tutte le porte per completare la mia cura, affinché potessi continuare la mia vita in modo adeguato”, con queste parole il prigioniero liberato Osama Murad Zidat, 15 anni, ha iniziato il suo discorso con l’inviato di PIC.

Zidat viene dalla città di Bani Naim, a est di Hebron, e, nonostante il suo coraggio e la sua onestà, il suo tono di voce rivela sofferenza e tristezza a causa di tutte le porte sbattutegli in faccia, dopo che sono state vane le promesse di uscire fuori dalla Palestina per completare il suo trattamento.

 

Lesione e cattura.

“Avevo 14 anni quando sono finito sotto tiro dell’esercito israeliano nel quartiere di Al-Baqa’a, a est di Hebron. Venivo dalla città di Bani Naim, a 4 km di distanza”, racconta Zidat. “In seguito i soldati mi hanno circondato e hanno sparato colpendo il mio corpo con tre proiettili. Due hanno centrato la mia coscia destra mentre il terzo ha perforato il mio petto”.

All’inviato di PIC ha detto: “Il 23 settembre 2016 è stato un giorno difficile; i soldati mi hanno trasportato in un’ambulanza israeliana dopo essere stato ferito. Ho perso conoscenza a causa di una emorragia. Sono stato 18 giorni nel reparto di terapia intensiva. Dopo aver lasciato il reparto, mi hanno portato nell’ospedale della prigione di Ramle, dove sono stato detenuto per quattro mesi prima che venissi rilasciato”.

 

Errore medico.

Ha aggiunto: “Dopo essere stato interrogato, mi sono reso conto che il mio ginocchio e il mio torace erano stati danneggiati. Questo mi impone di sottopormi a una serie di operazioni per riparare le ossa, la pelle e i muscoli. Dopo l’operazione alla coscia, ho scoperto che all’interno i dottori vi avevano inserito platino in modo errato, collegandolo con un apparecchio di metallo all’esterno della gamba”, ha detto. Questo ha generato delle complicazioni, per cui è stato necessario sottopormi a un altro intervento per inserire un apparecchio di metallo circolare anziché rettangolare”. 

 

Scarcerazione e processo.

Le forze di occupazione hanno rilasciato Osama su cauzione di 25 mila shekel israeliani, fino alla conclusione dei procedimenti previsti dalla Corte. Ha preso parte successivamente a 12 udienze in tribunale ed è stato rilasciato dopo il pagamento di un’ammenda, mettendolo agli arresti domiciliari per tre mesi.

Zidat ha chiesto aiuto a tutte le organizzazioni per completare il trattamento, in modo tale da poter ritornare a camminare, precisando che lui ha parlato con l’ufficio del presidente Mahmoud Abbas, il quale gli aveva promesso un viaggio in Turchia dove avrebbe completato le cure, e ha ricevuto simili promesse dalla International Truth Foundation e dalla Mezzaluna rossa turca, trascorrendo un intero anno senza fare alcun progresso.

 

Promesse e speranza.

Zidat ha precisato che suo padre lavora come insegnante e ha una famiglia da sostenere, e non può coprire le spese del suo trattamento. Osama ha bisogno di un intervento costoso per rimuovere la calcificazione che gli ha impedito di piegare la gamba per poter camminare normalmente.

Ha affermato di aver abbandonato la scuola secondaria di Bani Naim quando ancora era al secondo anno perché non era in grado di salire il terzo piano per assistere alle lezioni.

Osama non ha perso la speranza che brave persone possano aiutarlo ad andare in Turchia per sottoporsi all’intervento.

 

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