Quds Press

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15/2/2017

 

Il Paese degli Orchi: bambini palestinesi nelle carceri israeliane sistematicamente torturati

Traduzione di Federica Pistono

 

Un ricercatore palestinese ha rivelato che un gruppo di psichiatri israeliani pratica atti di tortura fisica e psicologica nei confronti dei bambini detenuti.

Wisam Suhawil, direttore dell’Unità di ricerca del Centro non governativo per il trattamento e la riabilitazione delle vittime della tortura, ha affermato che l’Alta Corte di Giustizia israeliana ha emesso, nel settembre del 1999, una sentenza che vieta il ricorso alla tortura fisica, con l’eccezione di quei prigionieri che ha definito “bombe a orologeria”.

In un’intervista a Quds Press, Suhawil ha spiegato che l’occupazione definisce “bombe a orologeria” le persone in possesso di informazioni “che potrebbero riguardare la vita degli israeliani”.

A suo parere, la sentenza dell’Alta Corte israeliana non è che “una copertura per perseverare nella politica della tortura e per garantire agli inquirenti maggiore protezione e immunità”, pur sottolineando come Tell Aviv sia la capitale di uno dei 194 paesi firmatari della Convenzione contro tale pratica.

Riguardo alla tortura dei minorenni palestinesi nelle carceri israeliane, il direttore dell’Unità di ricerca ha dichiarato che “essa si svolge attraverso quattro fasi: si comincia con le torture fisiche e psicologiche, si continua con l’isolamento in celle individuali, si procede con la criminalizzazione del bambino, definendolo assassino, terrorista e criminale fino a convincere di ciò la stessa vittima, infine si termina con l’ultima fase di indottrinamento che consiste nel lavaggio del cervello, nel tentativo di portare il bambino dalla propria parte per indurlo alla collaborazione”.

Secondo Suhawil, la tortura “non è solo un mezzo per estorcere informazioni ai piccoli prigionieri, ma è diventata uno strumento per piegare la loro coscienza, abbattere il loro morale, trasformarli infine in persone disabili a livello mentale e comportamentale”.

A suo parere, “Israele vuole creare una generazione palestinese distorta, che soffra di malattie mentali e problemi psicologici, compromettendo così il futuro del popolo palestinese”.

Ha quindi aggiunto: “Chi è stato sottoposto a tortura da bambino cercherà, in un modo o nell’altro, di esercitare sugli altri la stessa violenza e tortura che ha subito durante l’infanzia, riversandola sulla società e sulla famiglia, e qui sta il pericolo. La gravità della prigionia e della tortura nell’infanzia e nell’adolescenza sta nel fatto che questo è un periodo fondamentale nella formazione della personalità del bambino”.

Il ricercatore palestinese ha sottolineato come la tortura lasci tracce sulla vittima: in particolare, disturbi del sonno, incubi, accelerazione preoccupante del battito cardiaco e perdita dei capelli, desiderio di isolamento e reazioni esagerate.

Il Centro per il trattamento delle vittime della tortura di Ramallah ha monitorato nel 2016 l’arresto, da parte delle forze di occupazione, di 2000 bambini palestinesi, “mentre nel 2015 il numero dei bambini arrestati non superava i 600”. I casi di torture fisiche, secondo il ricercatore, sono in aumento, “soprattutto al momento dell’arresto”.

Il Centro ha monitorato le violazioni e gli “attacchi immorali” dei soldati israeliani contro i bambini detenuti, “che vengono ammanettati e bendati”.

“La cosa più grave”, ha continuato Suhawil, “è la minaccia dello stupro: gli inquirenti cominciano a togliersi i vestiti e costringono il bambino a fare la stessa cosa e, a questo punto, il prigioniero può subire un crollo psicologico pesante. Questi metodi di tortura riguardano anche le ragazze minorenni”.

Suhawil ha sottolineato la necessità di fornire un sostegno psicologico e morale a tutti i bambini liberati dalla prigionia, e di sottoporli a corsi intensivi per il loro reinserimento nella società per aiutarli a superare i problemi psicologici da cui sono colpiti.

Secondo le organizzazioni umanitarie, i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane sono 7000, tra cui 52 donne – 11 ragazze minorenni -, 300 bambini, 530 detenuti amministrativi e 21 giornalisti.

 

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