Counter Punch

http://nena-news.it/

01 apr 2017

 

“Perché Israele ha arrestato Omar Barghouti”

di Ramzy Baroud

 

Il noto giornalista, ideatore di PalestineChronicle.com, ripercorre i pericoli posti dal Movimento Bds (Boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni) allo stato ebraico e quale è il significato dell’arresto del suo cofondatore

 

Roma, 1 aprile 2017, Nena News –

 

Lo stato israeliano ha infranto il diritto internazionale più di qualunque altro Paese. Tuttavia, raramente, per non dire mai, è stato considerato responsabile per i suoi crimini e violazioni. La sua immagine pubblica che emerge dai media occidentali a lei vicini, insieme al lavoro e alle pressioni incessanti dei suoi potenti sostenitori a Washington, Londra e Parigi e altrove, ha portato eccezionali risultati.

Per un po’, è sembrato che Israele potesse continuare l’occupazione e negare del tutto ai palestinesi i loro diritti e, nello stesso tempo, presentarsi come “l’unica democrazia in Medio Oriente”. Chi ha osato sfidare questo paradigma distorto attraverso la resistenza in Palestina è stato eliminato o imprigionato: quelli che lo hanno fatto negli ambiti pubblici in qualsiasi parte del mondo sono stati bollati come “anti-semiti” o come “ebrei-che-odiano-sé stessi”. Le cose sembravano procedere bene per Israele. Con l’aiuto finanziario e militare occidentale, la grandezza, la popolazione e l’economia degli insediamenti illegali sono cresciute a passo veloce. I partner commerciali israeliani sembravano ignari del fatto che i prodotti delle colonie fossero realizzati o coltivati sulla terra palestinese illegalmente occupata.

Infatti, per lungo tempo, l’occupazione è stata molto redditizia senza ricevere alcuna censura o pressione. Tutto quello che i leader israeliani dovevano fare era aderire ad un copione: i palestinesi sono terroristi, non abbiamo partner per la pace, Israele è una democrazia, le nostre guerre sono state sempre compiute per difenderci e così via.

I media hanno ripetuto all’unisono questi messaggi ingannevoli. I palestinesi, oppressi, sotto occupazione e disconosciuti sono stati debitamente demonizzati. Quelli che conoscevano la verità sulla situazione o hanno affrontato il rischio di esprimere la loro opinione – soffrendone le conseguenze – o sono rimasti in silenzio. Ma come dice il detto: “Tu puoi prendere in giro tutte le persone per un po’ di tempo, alcune per tutto il tempo, ma non puoi ingannare tutti sempre”.

La giustizia per i palestinesi, che un tempo sembrava come una “causa persa”, ha ricevuto una consistente rinascita durante la Seconda Intifada palestinese nel 2000. La crescente consapevolezza [della situazione] frutto del lavoro scrupoloso di molti intellettuali, giornalisti e studenti, ha visto l’arrivo di migliaia di attivisti internazionali in Palestina come parte del Movimento di solidarietà internazionale (Ism). Accademici, artisti, studenti, funzionari religiosi e persone comuni da tutto il mondo sono venuti in Palestina e da lì hanno utilizzato qualunque mezzo a disposizione per divulgare un messaggio unificato alle loro numerose comunità.

E’ stato questo lavoro preparatorio che ha facilitato il successo del Movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS). Fondato nel 2005, il Bds è stato un appello mondiale fatto dalle organizzazioni della società civile palestinese affinché cominciassero a rivelare i crimini israeliani e condannare il governo israeliano, l’esercito e le aziende che beneficiano del soggiogamento dei palestinesi. Attraverso vaste reti presenti già in loco, il Bds si è diffuso velocemente cogliendo il governo israeliano di sorpresa. Nell’ultimo decennio, il Bds si è mostrato forte e intraprendente, aprendo molti nuovi canali e piattaforme di discussione su Israele, la sua occupazione, i diritti dei palestinesi e sulla responsabilità morale di quelli che o sostengono o ignorano le violazioni dei diritti umani da parte dello stato ebraico. Quello che preoccupa Tel Aviv riguardo il Bds è il tentativo di quest’ultimo di “delegittimare” Israele.

Sin dalla sua nascita Israele ha lottato per la legittimità. Ma è difficile raggiungerla senza rispettare le regole richieste ad un Paese per esserlo. Israele vuole averla in entrambi i modi: mantenere la sua redditizia occupazione, testare la sua ultima arma tecnologica, detenere e torturare, assediare e assassinare ricevendo cenni d’approvazione internazionale. Usando minacce, intimidazioni, tagliando i fondi, gli Usa e Israele hanno operato inutilmente per silenziare chi critica lo stato ebraico, il principale alleato statunitense nel Medio Oriente.

Non più tardi di alcuni giorni fa, un rapporto delle Nazioni Unite ha detto che Israele ha creato un “regime dell’apartheid”. Sebbene l’autrice del rapporto, Rima Khalaf, abbia rassegnato le sue dimissioni perché sotto pressione, il genio non può ritornare nella lampada.

Progressivamente il Bds è cresciuto fino a diventare l’incubatore di molta della critica internazionale nei confronti d’Israele. All’inizio ha incluso artisti che rifiutavano di esibirsi in Israele, poi è stato il turno delle aziende che hanno cominciato a chiudere lì le loro attività, seguite dalle chiese e università che hanno deciso di recidere i rapporti con l’economia israeliana. Con il tempo, Israele si è trovata ad affrontare un’unica grande sfida.

Perciò, cosa deve fare Israele?

Ignorare il Bds si è dimostrato pericoloso e costoso. Combattere il Bds è come lanciare una guerra sulla società civile. Peggio, più Israele tenta di fermare il lavoro del Bds, più legittima il suo movimento offrendo nuove piattaforme di dibattito, di copertura mediatiche e di discussioni pubbliche.

Nel marzo del 2016, una grande conferenza ha riunito ufficiali del governo israeliano, leader dell’opposizione, esperti dei media, studiosi e perfino artisti provenienti da Israele, gli Usa e da altre parti del mondo. La conferenza è stata organizzata da uno dei maggiori media israeliani, Yedioth Achronot. E’ stata una rara dimostrazione di unità nella politica israeliana: centinaia di personaggi influenti israeliani insieme ai loro sostenitori che provavano a trovare una strategia per sconfiggere il Bds. Sono state avanzate molte idee.

Il ministro degli interni israeliano, Aryeh Dery, ha minacciato di revocare la residenza di Omar Barghouthi, il cofondatore del Bds e uno delle sue voci più efficienti. Quello dell’energia atomica e dell’Intelligenza, Israele Katz, ha chiesto “l’eliminazione civile mirata” dei leader del Bds, indicando in particolare Barghouti. Il ministro della pubblica sicurezza, Gilad Erdan, ha voluto che gli attivisti del Bds “pagassero il prezzo”. La guerra al Bds era ufficialmente iniziata anche se il lavoro di preparazione per quella battaglia era già in moto da tempo. Il governo britannico aveva annunciato all’inizio di quell’anno che era illegale “rifiutarsi di comprare beni e servizi dalle compagnie coinvolte nel commercio delle armi, di combustibili fossili, di prodotti di tabacco, o di colonie israeliane nella Cisgiordania occupata”. Lo stesso mese, il Canada passò una mozione che criminalizzava il Bds.

Un paio di mesi prima, il Senato Usa passava l’“Anti-Semitism Awarness Act” includendo nella definizione di antisemitismo le critiche a Israele nei campus Usa, molti dei quali avevano risposto positivamente agli appelli del Bds. Alla fine il Regno Unito ha adottato una definizione simile che ha posto sullo stesso piano la legittima condanna ai crimini di odio anti-ebraico e le critiche a Israele.

Più recentemente Israele ha passato una legge che vieta alle persone accusate di sostenere il movimento Bds di entrare in Israele. Considerando che entrare in Israele è l’unico modo per accedere nei Territori Occupati palestinesi, il divieto israeliano mira a tagliare il forte rapporto che ha unito i palestinesi al movimento globale di solidarietà.

La campagna anti-Bds ha infine raggiunto il suo culmine nell’arresto e nell’interrogatorio dello stesso Omar Barghouti. Il 19 marzo le autorità israeliane lo hanno arrestato accusandolo di evasione fiscale. Facendo così, Israele ha svelato la natura della sua prossima fase di lotta, usando tattiche diffamatorie e criticando gli attivisti con accuse che in apparenza sono apolitiche in modo da distrarre l’attenzione dall’urgente discussione politica.

Insieme ad altri passaggi, Israele sente che sconfiggere il Bds è possibile attraverso la censura, i divieti di viaggio e le tattiche intimidatorie. Ad ogni modo, la guerra israeliana sul Bds è destinata a fallire e, come diretta conseguenza di questo fallimento, il Bds continuerà a prosperare. Israele ha mantenuto la società civile globale all’oscurità per decenni: vendendo la sua versione ingannevole di verità. Ma nell’epoca dei media digitali e dell’attivismo globalizzato, la vecchia strategia non servirà più.

A prescindere da quello che trapela dal caso Barghouti, il Bds non si indebolirà. E’ un movimento decentralizzato con reti locali, regionali, nazionali e globali che abbraccia centinaia di città nel mondo. Attaccare un suo individuo, o cento, non altererà la crescita del movimento del Bds.

Israele capirà presto che la sua guerra al Bds, alla libertà di parola e di espressione non si può vincere. E’ un inutile tentativo di mettere il bavaglio ad una comunità globale che ora lavora all’unisono da Città del Capo (Sud Africa) a Uppsala (Svezia).

 


Ramzy Baroud scrive di Medio Oriente da più di 20 anni. E’ un editorialista riconosciuto internazionalmente, un consulente dei media, autore di diversi libri e fondatore di PalestineChronicle.com Il suo ultimo libro è “Mio padre era un combattente della libertà: La storia non raccontata di Gaza (Pluto Press, London). Il suo sito web è: ramzybaroud.net

 

top