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27 aprile 2017

 

L’appello dei prigionieri palestinesi in sciopero della fame

traduzione a cura della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio

 

A dieci giorni dall'inizio dello sciopero della fame, pubblichiamo l'appello dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane all'opinione pubblica internazionale

Migliaia di prigionieri palestinesi stanno conducendo dal 17 aprile, Giornata Nazionale del Prigioniero Palestinese, uno sciopero della fame a oltranza, nelle carceri dell’occupante israeliano.
Questo sciopero avviene dopo una lunga seria di scioperi individuali e parziali, in seguito al perdurante rifiuto delle autorità
d’occupazione e delle direzioni delle case circondariali di alleviarele condizioni di vita dei prigionieri palestinesi, privandoli dei più
elementari diritti umani, togliendo ogni speranza di miglioramento delle loro condizioni, e all’allargamento della politica dei sequestri collettivi e del fermo amministrativo, ovvero l'arresta senza alcun capo di imputazione e processo. E’ frequente l’arresto dei bambini, la mancanza dell’assistenza sanitaria e medica, la privazione della visita dei familiari, l’isolamento e altre politiche atte alla pressione e al ricatto sulla Dirigenza politica e sul popolo palestinese.

Questo sciopero della fame si caratterizza per la partecipazione di numerosi leader politici simboli dal movimento dei prigionieri, in prima fila i leader di Al Fatah in Cisgiordania, Marwan Al Barghouti e il Segretario Nazionale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Ahmad Sa'adat, e di migliaia di prigionieri che rivendicano una serie di richieste e di diritti, come le cure mediche, le visite dei familiari, la riduzione dell’isolamento e i diritti immediati, oltre alle richieste politiche di porre fine alla politica del fermo amministrativo.

Evidenziare le dimensioni legali, politiche e umanitarie alla giusta causa dei prigionieri, porre l’attenzione sulla politica razzista
dell’estremista governo israeliano di Benyamin Netanyahu, nei confronti di questi eroi della libertà del popolo palestinese e
confermare in maniera netta che la loro prigionia è una decisione politica di uno Stato che non rispetta in nessuna maniera la legge e la legalità internazionale e che fa parte della politica della punizione collettiva al popolo palestinese e qui citiamo gli aspetti della questione:

– nelle carceri israeliane sono detenuti attualmente più di 7.000 prigionieri, un numero che tende ad aumentare dal momento che aumentano le retate quotidiane su tutto il territorio palestinese
– di questo numero, 600  sono i fermi amministrativi, senza capo d’accusa o processo, ma per attività o appartenenza politica
– fra i prigionieri, vengono segnalati 700 casi di malattia cronica e fra questi 85 casi critici
– fra i prigionieri esistono 30 prigionieri che hanno trascorso più di 25 anni in carcere, quindi prima dell’accordo di Oslo (1993): Nael Barghouti ha trascorso finora 37 anni di carcere
– 500 sono i prigionieri condannati all’ergastolo o fino alla morte
– 300 sono i minorenni
– 52 sono le donne
– 8 sono i Deputati eletti al Consiglio Legislativo Palestinese (il Parlamento)

Le richieste umanitarie dei prigionieri
1- la fine della politica dell’isolamento carcerario
2- la fine della politica del fermo amministrativo: trascorrere anni senza capo d’accusa o processo
3- migliorare le condizioni della prigionia:
– avere un telefono pubblico in carcere per potere chiamare i familiari
– aumentare il numero dei canali televisivi (arrivare fino a 18 canali)
– avere i ventilatori e l’aria condizionata in carceri durante l’estate
– fornire le cucine e renderle amministrate dai prigionieri
– permettere ai prigionieri di comprare le loro esigenze di frutta e verdura

4- migliorare la questione delle visite familiari:
– permettere 2 viste mensili
– regolarizzare le visite dei prigionieri di Gaza
– permettere le viste dei familiari del primo e secondo grado
– aumentare la durata della visita da 45 minuto a 90 minuti
– permettere al prigioniero di fare le foto con i familiare ogni 3 mesi
– fornire e adeguare le strutture per le visite dei familiari
– permettere la visita dei nipoti  e dei bambini sotto i 16 anni
– permettere l’entrata dei libri, giornali, vestiti, generi alimentari e altre esigenze durante le visite dei familiari

5- l’assistenza sanitaria:
– porre fine all’indifferenza sanitaria e consentire visite e cure mediche
– chiusura del cosiddetto “ospedale della prigione di Ramle”, per la inadeguatezza a fornire cure mediche
– eseguire gli accertamenti medici regolarmente
– eseguire gli interventi chirurgici d’urgenza
– permettere l’entrata degli specialisti dall’esterno
– liberare i malati terminali e i disabili
– non caricare agli ammalati i costi delle cure

6- i trasporti:

– fornire mezzi adatti per gli spostamenti dei prigionieri
– non bloccare i prigionieri ai valichi, durante il loro rientro dagli ambulatori medici o dai tribunali
– fornire i valichi e renderli all’utilizzo umano, fornendo anche i pasti
– soddisfare le esigenze e le richieste delle prigioniere, sia per il trasporto riservato che per gli incontri e le visite familiari

7- l’istruzione:

– l’apertura degli studi all’Università ebraica aperta
-permettere ai prigionieri di eseguire ufficialmente e senza problemi l’esame di maturità

La speranza dei nostri prigionieri, armati dei loro stomaci vuoti, è di vincere la loro battaglia umanitaria, soddisfacendo le loro
legittime richieste, contando sulla coscienza e sull’appoggio di tutti i liberi e gli onesti del mondo che rifiutano la repressione, la
privazione e l’oppressione, coscienti che lo sciopero della fame è la forma estrema e più dura che un uomo possa compiere come autodecisione, perché diviene l’ultima arma quando falliscono tutti gli altri mezzi: il dialogo e le vie legali e amministrative per soddisfare le sue giuste richieste.

Chiediamo l’appoggio e la solidarietà ai nostri prigionieri a tutte le istituzioni legali, della società civile, le istituzioni democratiche,
le forze politiche, sociali, culturali, i mezzi di informazione, gli attivisti dei movimenti di solidarietà e di boicottaggio, agli
accademici, agli artisti e a tutti i liberi e gli onesti del mondo, affinché si adoperino per far vincere questa battaglia umanitaria e
giusta.

 

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