Ma’an

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22/6/2017

 

Giovane ucciso al check-point: la famiglia si rifiuta di credere alla versione israeliana

Traduzione di Aisha Tiziana Bravi

 

Martedì sera, alcune ore dopo che il ventitreenne palestinese era stato ucciso vicino al check-point militare di Qalandiya, nella zona centrale della Cisgiordania occupata, i militari israeliani hanno compiuto un’incursione nella sua abitazione e hanno arrestato suo padre. La famiglia rifiuta di credere alla versione di Israele secondo la quale il figlio stesse cercando di accoltellare dei militari dell’occupazione.

Al momento dell’accaduto, l’esercito israeliano ha dichiarato che Bahaa al-Hirbawi stava cercando di compiere un attacco con coltello contro i militari che stavano effettuando un “controllo di routine” presso il check-point militare di Jabaa.

“Rispondendo alla minaccia imminente, i militari hanno sparato contro l’aggressore che si conferma essere stato colpito”, ha dichiarato a Ma’an un portavoce, e ha riconosciuto, dopo che gli sono stati chiesti chiarimenti, che l’uomo è in effetti stato ucciso.

Nessun israeliano è rimasto ferito.

Più tardi, martedì sera, 10 veicoli militari di Israele hanno compiuto un’incursione nell’abitazione di Bahaa, nella città di al-Elzariya, hanno circondato la zona attorno alla casa e hanno arrestato suo padre, Imad al-Hirbawi, trasferendolo nella colonia illegale Maale Adummim per l’interrogatorio, secondo quanto ha affermato il portavoce dei Comitati locali per la resistenza popolare, Hani Halabiya.

Un rappresentante dell’esercito israeliano ha riferito a Ma’an che sono in corso indagini sui resoconti dell’incursione e dell’arresto di Imad.

Componenti della famiglia hanno raccontato che Bahaa è uscito da casa martedì pomeriggio dopo aver staccato dal lavoro, dicendo che stava andando a Ramallah per fare acquisti e per visitare suo fratello che abita lì.

Hanno quindi riferito a Ma’an di essere rimasti “scioccati” dalla notizia dell’uccisione di Bahaa e hanno denunciato la versione israeliana di quanto accaduto come una “affermazione falsa”.

I parenti hanno citato i resoconti dei testimoni secondo i quali le forze israeliane hanno fermato Bahaa presso il check-point di Jabaa mentre stava tornando a casa da Ramallah e lo hanno circondato. Dopo di ciò, “nessuno sa cosa sia accaduto”, hanno aggiunto.

La famiglia ha detto di essere venuta a conoscenza della morte di Bahaa attraverso i post apparsi sui social media e di essere stata informata ufficialmente dal Collegamento palestinese solo in seguito.

Bahaa era il maggiore di dieci fratelli. Lavorava con il padre come idraulico, ed era il secondo sostegno economico della famiglia.

I componenti della famiglia hanno detto che Bahaa non era mai stato arrestato in passato, per nessun motivo, e non aveva alcuna affiliazione politica.

Le forze israeliane sono state, come al solito, criticate per il loro uso eccessivo della forza e per questo motivo i gruppi per i diritti umani hanno definito questo sistema “spara-per-uccidere” contro i Palestinesi che non costituiscono una minaccia al momento della loro uccisione, o che potrebbero essere fermati in modo non letale – in un contesto di completa impunità nei confronti degli israeliani che hanno commesso gli assassinii.

Al-Hirbawi è stato il 34o Palestinese ad essere ucciso da Israele dall’inizio di quest’anno, secondo i dati raccolti da Ma’an. Nello stesso periodo, otto israeliani sono stati uccisi da Palestinesi.

Tre giovani palestinesi sono stati freddati la scorsa settimana dopo aver compiuto un attacco a Gerusalemme Est occupata che ha ucciso una poliziotta di frontiera israeliana.

Sulla scia dell’incidente, le autorità israeliane hanno revocato i permessi con i quali 250.000 Palestinesi della Cisgiordania occupata possono visitare le loro famiglie a Gerusalemme e in Israele per il sacro mese di Ramadan, e hanno imposto una dura repressione attorno alla Città Vecchia di Gerusalemme e alla città di provenienza dei tre Palestinesi uccisi – con misure definite come una “punizione collettiva”.

 

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