DELIRIO DI ONNIPOTENZA

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10 marzo 2017

Il lago atomico sugli Urali: è più pericoloso di Chernobyl!
di Alessio Grosso e Luca Savorani

In Russia, nei pressi della città di Iaksha, sui Monti Urali, sorge uno dei più bei laghi degli Urali. Acque azzurre in un clima incantevole, ma stranamente senza vita. Le rive non sono frequentate dagli uccelli e dagli animali del bosco, che hanno da tempo imparato a non abbeverarsi nella zona. Quel fascino, inquietante, deriva anche da un livello radioattivo superiore ai 1.000 microroentgen l’ora. Considerando che la dose di radiazione mortale è prossima a 300-500 microroentgen l’ora, l’area in questione risulta molto più radioattiva, rispetto anche alle zone più contaminate intorno alla ex-centrale di Chernobyl. Il lago (l’immagine qui a fianco è solo un esempio di come potrebbe essere perché a nessuno è consentito avvicinarsi), è il prodotto di un folle progetto degli anni settanta, ideato dal Comitato Centrale e dall’allora leader sovietico Leonid Breznev, per spostare il corso dei fiumi degli Urali verso sud a colpi di bombe atomiche. Il progetto prevedeva di risolvere l’annoso problema della siccità che colpiva molte zone del Mar Caspio, creando un canale che unisse i fiumi Peciora e Kama. Secondo il quotidiano Komsomolskaia Pravda, quel piano fù oggetto di una direttiva tuttora coperta dal segreto militare, che ha lasciato in eredità non solo la grande discarica radioattiva del lago blu, ma anche da uno a tre ordigni nucleari inesplosi, incredibilmente dimenticati nella zona. Forse giacciono nella foresta o sotto la superficie delle acque, dalle quali sporge una specie di isolotto che ne indicherebbe in qualche modo la presenza. Nessuno, d’altro canto, osa avventurarsi in quelle acque letali per indagare. Il 25 marzo del 1971 fu dato il via alle prime esplosioni; in seguito, l’esperimento fu bruscamente interrotto senza spiegazioni. I dieci anni successivi hanno raccontato almeno in parte il perché: la deflagrazione atomica aveva creato un enorme cratere dove si riversarono le acque, accumulando una quantità tale di cobalto e altre letali sostanze radioattive da rendere la zona inadatta alla vita animale e vegetale. Una vecchia fotografia in bianco e nero fatta da un abitante del villaggio, a meno di 30 chilometri dal sito di quelle prime esplosioni, ritrae un fungo atomico che si alza ben visibile fra le nebbie di una fredda giornata di marzo.
“Ricordo che tutti i vetri delle case vennero frantumanti dallo scoppio”, racconta un anziano ex vigile del fuoco di Iaksha; “Qualche anno dopo è iniziata una valanga di decessi per cancro”, aggiunge. A indicare alla gente il pericolo, vicino al lago è rimasta soltanto una vecchia insegna di metallo arrugginito con appena visibile il simbolo radioattivo con i tre triangoli, un segno indelebile dell’ignoranza e del delirio di onnipotenza che troppo spesso hanno caratterizzato la nostra civiltà. FONTE 

1971 Soviet nuclear tests


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Settembre 2010

“Per combattere la siccità deviamo i fiumi siberiani”
Il presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev, ripropone di deviare i corsi d’acqua verso l’Asia centrale. Primo piano su un progetto sempre attuale che fa tremare gli ambientalisti: ricordate la catastrofe del mare d’Aral?
Al fianco di Dmitri Medvedev in occasione di un forum russo-kazako dedicato alla cooperazione transfrontaliera, il presidente del Kazakistan Nazarbayev ha presentato alcune proposte mirate alla lotta contro l’aumento della siccità, che vede crescere il rischio di incendi in Russia meridionale e in Kazakistan. «Propongo di dedicarci al progetto di deviazione dei fiumi siberiani verso il sud della Russia e il Kazakistan. Col tempo questo problema (la siccità) potrebbe aggravarsi e pesare sul rifornimento di acqua potabile dell’intero territorio centro-asiatico», ha affermato Nazarbayev. Tale iniziativa risale ai tempi dell’URSS e ha già fatto parecchio discutere. Il programma di potenziamento dell’agricoltura adottato dal presidium del Partito Comunista nel 1965 prevedeva la deviazione dei fiumi siberiani verso il sud, al fine di intensificare la coltivazione di riso e cotone. Al centro di aspre polemiche negli anni ’70-’80, il progetto era poi caduto nel dimenticatoio. Fortemente marcato da un materialismo sovietico che non si fa scrupoli a modificare l’equilibrio ambientale, il progetto suscita la preoccupazione dei verdi e continui scontri all’interno della classe politica russa. Per quanto possa sembrare strano, è stato Yuri Luzhkov, l’onnipotente sindaco di Mosca, a riportare in voga la tematica alla fine del 2002, allargandosi senza remore ad un ambito che non gli compete. Appassionato dalle lotte contro gli elementi naturali (di recente ha proposto di lottare contro la neve, disperdendo le nubi attraverso la polverizzazione di prodotti chimici), il sindaco della capitale aveva infatti pensato ad un canale che collegasse Khanty-Mansiysk (Siberia occidentale) al Kazakistan e all’Asia centrale. Lo scopo: vendere il 6-7% delle risorse fluviali dell’Ob’ agli industriali e imprenditori agricoli russi, kazaki, uzbeki e turkmeni. Luzhkov aveva così scatenato le ire del vice governatore della regione del Novosibirsk, Vasili Jurcenko, che aveva richiamato l’attenzione su quelle città della Siberia occidentale che avrebbero subito i danni della penuria di acqua, come ad esempio Omsk. «Le acque della Moscova sono estremamente sporche, nessuno ne ha bisogno. Deviamone il corso verso il Kazakistan e alimentiamo il mare d’Aral» aveva affermato Jurcenko in tono provocatorio. È stupefacente che si continui a parlare di un progetto che non tiene minimamente conto di una catastrofe ecologica di grande portata, ossia il prosciugamento del mare d’Aral, conseguenza della deviazione dei suoi immissari, l’Amu Darya e il Syr Darya, volta ad incrementare le coltivazioni di cotone in Uzbekistan e Kazakistan. Nonostante incarni a pieno la miopia dell’URSS in tema di problematiche ambientali, il progetto di deviazione dei grandi fiumi sembra continuare ad esercitare un certo fascino nell’area post sovietica. FONTE 


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Settembre 2010

Russia: stop a progetto di deviazione fiumi in Siberia
(ANSA) Stop al tentativo di riprendere un vecchio progetto russo di deviazione dei fiumi siberiani, annunciato dal presidente del Kazakistan, Nursultan Nararbayev. E’ questo l’appello lanciato da Mikhail Gorbaciov, presidente fondatore dell’organizzazione Green Cross, secondo cui ”occorre evitare di esporre l’intero paese ai rischi di disastri ambientali”. ”Verso la fine degli anni ’80 – afferma il premio Nobel per la pace in una nota – sotto la giusta pressione dell’opinione pubblica nascente, avevo bloccato questi progetti faraonici di deviazione dei grandi fiumi siberiani. Oggi il contesto ambientale non e’ cambiato molto”. Il piano riproposto da Nararbajev, spiega l’organizzazione Green Cross, era stato elaborato dagli scienziati russi gia’ a partire dagli anni ’30 sotto il regime di Stalin, poi ripreso negli anni ’80 e fermato da Gorbaciov. Ora il leader kazako ritenta l’impresa. L’idea e’ che i fiumi Ob, Enisej e Lena sfocerebbero inutilmente nell’Artico, mentre le terre del sud della Russia e dell’Asia Centrale potrebbero beneficiare di queste risorse idriche per risolvere i problemi di raccolto, diminuito a dismisura a causa della siccita’ di quest’estate. ”Il presidente kazako – afferma Elio Pacilio, presidente di Green Cross Italia – dimostra di avere una pessima conoscenza dei problemi ambientali e delle possibili soluzioni. Sembra essere all’oscuro – prosegue Pacilio – delle cause dei processi di desertificazione accentuati dai cambiamenti climatici e vuole proporre uno scambio insostenibile acqua – energia fossile che non potra’ che accentuare anche i potenziali conflitti legati all’utilizzo delle risorse idriche”. Quindi secondo il presidente di Green Cross Italia ora bisogna convincere ad abbandonare queste idee pericolose per l’ambiente e per gli uomini, siano esse in Asia, Sudamerica o altrove. ”Sono necessarie – conclude – una nuova Glasnost e una nuova Perestroika per l’ambiente globale”. FONTE

2016
Pur di ingraziarsi quelli che le sanzioni occidentali hanno trasformato nei “nuovi alleati” del Cremlino, il rappresentante del governo di Mosca ha promesso di risolvere l’eterno problema della siccità nella provincia agricola dello Xinjiang- Uygur. E come? Con l’inversione di una parte del fiume Ob, il quinto più grande del mondo. Un colossale corso d’acqua, dieci volte l’Italia, che scorre naturalmente verso Nord dai Monti Altaj attraverso la Siberia Occidentale fino a sfociare nel mar di Kara nel Circolo Polare Artico. Secondo Tkacjov il fiume Ob e il suo affluente Irtysh potrebbero essere parzialmente deviati grazie alla costruzione di un canale lungo oltre 1100 chilometri che attraverserebbe il Kazakhstan per raggiungere le aride terre cinesi. Con un flusso di circa un miliardo di metri cubi l’anno.

Leggi Qui:
Il progetto di Putin deviare i fiumi della Siberia per dissetare la Cina

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