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sabato 4 agosto

 

Ana María Matute, “La coscienza”

by  Marina Zenobio

 

Ana María Matute è stata una scrittrice spagnola, pluripremiata per le sue opere, ultimo riconoscimento nel 2010 il Premio Cervantes

 

“La coscienza”, racconto breve di Ana María Matute  (Barcellona 1925-2014), è stato pubblicato nel 1961, fa parte di 22 storie raccolte nelle Historias de la Artámila. Un mercoledì delle ceneri arriva nella locanda di Mariana e Antonio un vecchio vagabondo che metterà in moto una miriade di sentimenti contrastanti, e i conti che ognuno deve fare con i propri sensi di colpa.

 

La coscienza

di Ana María Matute

traduzione di Marina Zenobio

 

Non ne poteva più. Era convinta che non avrebbe resistito oltre alla presenza di quell’odioso vagabondo. Era decisa a farla finita, finita una volta per tutte piuttosto che sopportare la sua tirannia.

Era una lotta che durava da quindici giorni. Quello che non capiva era la tolleranza di Antonio per quell’uomo. Era davvero strano.

Il vagabondo aveva chiesto ospitalità per una notte, per la precisione la notte del mercoledì delle ceneri, mentre soffiava un vento di polvere nera che graffiava i vetri delle finestre. Quando il vento calò arrivò una strana calma e la donna pensò, mentre chiudeva e sistemava le imposte:

– Non mi piace questa calma.

Effettivamente non aveva ancora chiuso il chiavistello della porta quando arrivò quell’uomo. Sentì il suo richiamo squillante dalla porta della cucina:

– Locandiera…

Mariana trasalì. L’uomo, vecchio e cencioso, stava lì, con il cappello in mano, con atteggiamento da mendicante.

– Dio la protegga… – esordì. Ma gli occhietti del vagabondo la guardavano in modo strano. Un modo che le tolse la parola.

Molti uomini come lui chiedevano la grazia di un tetto nelle notti d’inverno. Ma c’era qualcosa in quell’uomo che la spaventò senza motivo. Il vagabondo iniziò a recitare la sua cantilena: “Per una notte, posso dormire anche nella stalla, un pezzo di pane, non chiedo di più. Sta arrivando un temporale”.

Mariana in effetti sentì, là fuori, il rumore della pioggia contro il legno della porta. Una pioggia sorda, fitta, il temporale era vicino.

– Sono sola – disse seccata Mariana – Voglio dire… quando mio marito è fuori non voglio sconosciuti in casa. Vai, e che Dio ti protegga.

Il vagabondo però restò immobile, guardandola. Lentamente si mise il cappello e disse:

– Sono un povero vecchio, locandiera. Non ho fatto mai male a nessuno. Chiedo ben poco, un pezzo di pane…

In quel momento le due cameriere, Marcelina e Salomé, entrarono correndo. Venivano dall’orto, coi grembiuli sulle teste, gridando e ridendo. Mariana avvertì uno strano sollievo nel vederle.

– Va bene – disse -, va bene, ma solo per una notte. Domani quando mi alzo non voglio trovarti qui…

Il vecchio fece un inchino, sorridendo, e presentò una strana tiritera di ringraziamenti.

Mariana salì la scala e andò a letto. Durante la notte il temporale colpì le finestre della camera da letto e il suo non fu un sonno tranquillo.

Il mattino successivo, scesa in cucina diede un’occhiata all’orologio sul cassettone. Restò sorpresa e irritata. Seduto al tavolo, calmo e riposato, il vagabondo consumava un’appetitosa colazione con uova fritte, un grosso pezzo di pane morbido, vino… Mariana sentì salire la rabbia, forse mischiata a paura, e se la prese con Salomé che stava tranquillamente occupandosi delle faccende di casa.

– Salomé! – disse, e la voce le risuonò aspra e dura -. Chi ti ha ordinato di servire quest’uomo… e perché non se ne è andato all’alba?

Le sue parole taglienti si aggrovigliavano per la rabbia che la dominava. Salomé si fermò a bocca aperta, con lo spazzolone in alto che gocciolava per terra.

– Ma io… – disse -. Lui mi ha detto…

Il vagabondo si era alzato e lentamente si puliva la bocca con la manica.

– Signora – disse -, signora, non ricorda?… stanotte avete detto: “Date al povero vecchio un letto sul soppalco e tutto il cibo che vuole”. Non lo ha detto questa notte la signora locandiera? Io l’ho sentito chiaramente… Oppure ora è pentita?

Mariana avrebbe voluto dire qualcosa ma all’improvviso la sua voce si era congelata. Il vecchio la guardava con intensità, con i suoi occhietti neri e penetranti. Fece mezzo giro e, a disagio, prese la porta della cucina per andare verso l’orto.

Il nuovo giorno era grigio ma la pioggia si era fermata. Mariana rabbrividì dal freddo. L’erba era fradicia e in lontananza la strada era nascosta da una sottile nebbiolina. Sentì dietro di lei la voce del vecchio e, con un gesto involontario, strinse la mani l’una contro l’altra.

– Vorrei parlarle di qualcosa, signora locandiera, cosa di poco conto.

Mariana restò immobile guardando verso la strada.

– Io sono un vecchio vagabondo… ma a volte i vagabondi scoprono delle cose. Sì, io ero lì. L’ho visto, signora locandiera. L’ho visto con questi occhi…

Mariana aprì la bocca. Ma non riuscì a dire nulla.

– Ma di cosa stai parlando, cane? – disse -. Ti avverto, mio marito arriverà con il carretto alle dieci, e non sopporta le battute di nessuno!

– Sì lo so, lo so che non sopporta battute da nessuno! – disse il vagabondo. – Per questo non vorrà che sappia… tutto ciò che ho visto quel giorno. Giusto?

Mariana si voltò di scatto. L’ira era scomparsa. Il suo cuore batteva, confuso.

“Che dici? Che cos’è che sai…? Che cos’è che hai visto?” Ma frenò la lingua. Si limitò a guardarlo, piena di odio e di paura. Il vecchio sorrideva con le sue gengive sporche e nude.

– Resterò qui per un po’, buona locandiera. Sì, un po’ di tempo per riprendere le forze, finché tornerà il sole. Perché sono vecchio e ho le gambe molto stanche. Molto stanche…

Mariana si mise a correre. Il vento, sottile, le colpiva il volto. Quando arrivò al bordo del pozzo si fermò. Il cuore sembrava volerle uscire dal petto.

Quello fu il primo giorno. Poi arrivò Antonio con il suo carretto. Ogni settimana Antonio riportava merci da Palomar. Oltre che locandiere, faceva mercato al villaggio. La sua grande casa, circondata dall’orto, si trovava all’entrata del borgo. Vivevano abbastanza bene e Antonio aveva la fama di uomo ricco. “Fama di ricco”, pensava Mariana irritata. Dall’arrivo dell’odioso vagabondo era pallida e aveva perso la voglia di fare qualsiasi cosa. “E se non lo fosse stato? L’avrei sposato lo stesso?”. No, non era difficile capire perché si era sposata con quell’uomo brutale, che aveva quattordici anni più di lei. Un uomo cupo e temuto. Lei era bellissima. Sì, tutto il villaggio lo sapeva e diceva che era bellissima.

Anche Costantino, che ne era innamorato. Ma Costantino era solo un mezzadro, come lei. E lei era stanca di fame, lavori e tristezza. Sì, era stanca. Per questo sposò Antonio.

Mariana sentì uno strano tremore. Erano passati quindici giorni da quando il vecchio era entrato nella locanda. Dormiva, mangiava e si spidocchiava senza vergogna al sole, nei momenti in cui brillava, vicino alla porta dell’orto. Il primo giorno Antonio chiese:

– E quello, che ci fa lì?

– Mi dispiaceva – disse schiacciando le dita tra le frange del suo scialle -. E’ così vecchio… E il tempo è così brutto…

Antonio non disse nulla. Le sembrò che si incamminasse verso il vecchio per cacciarlo. Corse sulle scale. Aveva paura. Sì, tanta paura… “Se il vecchio ha visto Costantino arrampicarsi sul castagno, sotto la finestra. Se lo ha visto entrare nella camera, la notte in cui Antonio era andato via con il carretto… Cosa potrei dire di fronte al vecchio che dice di aver visto tutto con i suoi occhi?”

Non ne poteva più. No, non ne poteva più. Il vecchio non si limitava a vivere in casa, ora chiedeva anche soldi. Aveva iniziato a chiedere anche soldi. Ma la cosa strana è che Antonio non parlò più di lui. Si limitava ad ignorarlo. Soltanto che, ogni tanto, la guardava.

Mariana sentiva la fissità dei suoi occhi grandi, neri, lucenti. E tremava.

Quel pomeriggio Antonio doveva andare a Palomar. Stava finendo di attaccare i muli al carretto e ascoltava le voci del giovane factotum e di Salomé che lo aiutava. Mariana aveva freddo. “Non ne posso più. Non ne posso più. É impossibile vivere così. Gli dirò di andarsene, che se ne vada. La vita non è vita con questa minaccia”. Si sentiva come malata. Malata di paura. La storia di Costantino, per la sua paura, era finita. Non poteva vederlo più. La sola idea le faceva battere i denti. Sapeva che Antonio l’avrebbe uccisa. Era sicura che l’avrebbe uccisa. Lo conosceva bene.

Quando vide il carretto allontanandosi sulla strada scese in cucina. Il vecchio sonnecchiava vicino al fuoco. Lo guardò e si disse: “Se avessi coraggio lo ucciderei”. A portata di mano aveva le tenaglie di ferro. Ma non lo fece. Sapeva ce non poteva farlo. “Sono una vigliacca. Una grande vigliacca e amo la vita”. Si perse in “questo amore per la vita…”.

– Vecchio – esclamò. Sebbene parlasse a voce bassa il vagabondo aprì uno dei suoi occhietti maliziosi.

“Non dormiva”, si disse Mariana. “Non dormiva. E’ una vecchia volpe”.

– Vieni con me – gli disse -. Devo parlarti.

Il vecchio la seguì fino al pozzo. Mariana tornò a guardarlo.

– Puoi fare ciò che vuoi, cane. Puoi dire tutto a mio marito, se vuoi. Però tu te ne vai. Te ne vai da questa casa, subito…

Il vecchio rimase in silenzio per qualche secondo poi sorrise.

– Quando torna il signor locandiere?

Mariana era pallida. Il vecchio osservò il suo bel viso, le sue occhiaie scure. Era dimagrita.

– Vattene – disse Mariana -. Vattene immediatamente.

Era decisa. Sì, il vagabondo glielo leggeva negli occhi. Era decisa e disperata. Lui aveva esperienza e conosceva quegli occhi.

“Non c’è più nulla da fare”, si disse, con filosofia. “E’ finito il bel tempo. Sono finiti pranzi sostanziosi, materasso, coperta. Vai avanti per la tua strada vecchio cane, vai avanti”.

– Va bene – disse -. Me ne andrò però lui saprà tutto.

Mariana rimase in silenzio. Era diventata ancora più pallida, se possibile. All’improvviso il vecchio ebbe un lieve timore: “Questa è capace di fare qualcosa. Sì, è una di quelle persone che si impiccano ad un albero o cose simili”. Provò compassione. Era giovane, ancora, e bella.

– Va bene – disse. Ha vinto la signora locandiera. Me ne vado… che devo fare? La verità è che non mi sono mai fatto troppe illusioni… Ho passato bei giorni qui. Non dimenticherò gli stufati di Salomé, né il vino del signor locandiere… Non lo dimenticherò. Me ne vado.

– Subito – disse lei. Vattene in questo momento… E puoi anche correre se vuoi raggiungerlo! Puoi correre, con le tue sporche storie, vecchio cane…

Il vagabondo sorrise con dolcezza. Raccolse il suo bastone e la sua tracolla. Se ne stava andato quando all’altezza della palizzata si voltò:

– Naturalmente, signora locandiera, io non ho visto nulla. Andiamo, non so nemmeno se ci fosse qualcosa da vedere. Ma cammino da molti anni, tanti anni di cammino. Non c’è nessuno al mondo con la coscienza pulita, neanche i bambini. No, neanche i bambini bellissima locandiera. Guarda un bambino negli occhi e digli: “So tutto, fai attenzione…” e il bambino tremerà. Tremerà come te, bellissima locandiera.

Mariana provò qualcosa di strano, come uno scricchiolio nel suo cuore. Non sapeva se era amareggiato o pieno di violenta allegria. Non lo sapeva. Mosse le labbra provando a dire qualcosa ma il vecchio vagabondo chiuse il cancello della palizzata dietro di lui, e si voltò a guardarla. Il suo sorriso era maligno, diceva:

– Un consiglio, locandiera, fai attenzione al tuo Antonio. Sì, anche il signor locandiere ha motivi per dare ospitalità nella sua casa ad un vecchio mendicante. Motivi molto buoni, ci giurerei, per il modo come mi ha guardato!

La nebbia lungo la strada si faceva sempre più fitta e bassa. Mariana lo guardò andare, finché non si perse nella lontananza.