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15 Agosto 2018

 

Il viandante sul mare di nebbia

di Roberto Pecchioli

 

Nella canicola, ci siamo abbandonati a un gioco solitario e probabilmente sciocco, innescato da alcune notizie di cronaca. Ci siamo chiesti a quale opera della pittura corrispondesse il presente. Abbiamo scelto il Viandante sul mare di nebbia, il capolavoro di Caspar David Friedrich.

 

Il Viandante sta ritto su un’altura spigolosa. Vede dinanzi a sé una fitta nebbia. La nebbia si espande su ogni lato sino a diventare indistinguibile dall’orizzonte. L’osservatore, ritratto di spalle, mantiene una sua dignità, tiene nella destra un bastone. È il pellegrino, in piedi nonostante il paesaggio inospitale. 

 

Il gioco era partito da alcune notizie agostane. Il Belzebù con la felpa, Matteo Salvini, si è azzardato a rimuovere dal sito del Ministero dell’Interno un modulo in cui il padre e la madre erano indicati come genitore 1 e genitore 2. L’altra è il dramma dei braccianti africani in Puglia, sedici morti in due incidenti stradali, prontamente derubricato nella manipolazione collettiva come tragedia del caporalato.

 

La nebbia si fa più fitta. L’obiettivo è chiaro, ma solo a chi inizia a riflettere: occorre mentire per ottenere il ricondizionamento dell’opinione pubblica. Salvini è stato prontamente accusato di essere un troglodita.

 

Trogloditi quelli che pensano a padre e madre come genitori naturali, ciascuno con un ruolo, spirituale non meno che materiale, definito appunto dalla natura.  Il vero turbamento, in mezzo alla fitta nebbia artificiale che circonda il Viandante, è che in troppi non si accorgano di essere derubati di quel che è più sacro e intimo, il rapporto con la realtà, le proprie radici e il futuro.

 

Si chiama gnosi, la vecchia eresia che torna a galla nei tempi oscuri, ma nessuno, ovviamente, lo sa, è filosofia, roba complicata. Non ne capisce più neppure la Chiesa, tanto che suonano strane le parole di un grande cardinale, l’africano Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino. “Negare l’alterità sessuale (…) è una rivolta contro Dio, il Creatore, e una perversione distruttrice dell’uomo.” Troglodita anche lui, ma forse per lui il giudizio può essere meno tranchant: cardinale, in odore di conservatorismo, ma pur sempre un nero. Ha diritto alle attenuanti generiche.

 

Manipolati su tutto in maniera sfacciata, molti italiani non si sono accorti neppure del gioco sporco montato attorno ai cadaveri di sedici poveri cristi, i braccianti africani morti in due incidenti, nel tragitto tra le loro baracche subumane e il lavoro da schiavi nelle campagne del Tavoliere. Sedici vite sulla coscienza dei signori del profitto alleati con i sinistri zeloti dell’accoglienza, se può essere chiamata così la vergognosa condizione di tanti forzati dello sfruttamento. Fulmineo l’ordine di scuderia, rapida ed efficiente l’orchestra: è colpa del caporalato. Insomma, è colpa del fucile se scoppia una guerra.

 

Si chiama caporale colui che avvia al lavoro fuori dalle regole stabilite, pretendendo per sé una parte della retribuzione. La prima considerazione è che la legislazione degli ultimi vent’anni ha fatto riapparire, in giacca e cravatta forme di caporalato con consiglio d’amministrazione e partita IVA. La seconda riguarda un fatto elementare: avete mai visto un esercito diretto da caporali? I caporali, uomini duri, spietati quanto vi pare, ma al servizio di quelli che portano i gradi di capitano, colonnello, generale, ovvero, nella fattispecie, i proprietari dei fondi agricoli, i mercanti e sensali dei prodotti, la grande distribuzione e le multinazionali del settore alimentare. Quelli che “fanno” i prezzi.

 

È per il consumatore che i pomodori valgono così poco. Lui deve avere in tasca abbastanza per acquistare apparati elettronici, abbonarsi alle piattaforme televisive a pagamento, comprare prodotti “firmati”. Ha il dovere di indebitarsi per le vacanze, persino per i tatuaggi e deve avere sempre la sensazione di risparmiare, come gli viene fatto credere. Il risultato è sotto gli occhi di chi sappia ancora vedere: bassi salari, lavoro irregolare, fine dei diritti sociali. Ma i sindacati, i più lesti a esprimersi sulla tragedia pugliese, puntano il dito contro i caporali! Dove vivono, questi signori di rosso vestiti, virtuosi e solidali? Forse su Marte, come l’ineffabile Martina targato PD, altro indignato a comando, già ministro dell’Agricoltura, probabilmente a sua insaputa. Intanto, dopo vite drammatiche, i loro beniamini (a parole) muoiono come bestie, su pulmini in cui pagano il passaggio con un durissimo lavoro.

 

Ma viviamo nel migliore dei mondi possibili, c’è la democrazia, siamo buoni e accoglienti. Dicono che molti immigrati fanno i lavori rifiutati dagli italiani. In parte è vero, ma chi accetterebbe di mandare suo figlio sotto il sole per un paio di euro ogni tot quintali di raccolto? Poi, naturalmente, tocca accettare il lavoretto a tempo determinato, fattorini, commessi di centro commerciale che lavorano anche a Natale per qualche soldo in più degli immigrati. Ma vuoi mettere, o Consumatore, la gioia indicibile di comprare prosciutto alle ore 23 e firmare la domenica un finanziamento per qualcosa di inutile, ma griffato?

 

Il Consumatore Globale è una brava persona, ha il cuore d’oro, non tratterebbe mai i lavoratori come i caporali e i generali schiavisti. Eppure, nella sostanza, è responsabile. Diciamolo senza timore di essere trogloditi: questo è un mondo che vuole morire, disposto a credere con la stessa stolida indifferenza che essere uomo o donna lo decidiamo noi. Quanto a tragedie come quella dello schiavismo, tutta colpa dei caporali, questi malvagi sorti dal nulla per intossicare il sistema. No, non sono sorti dal nulla e non sono altro che l’ultimo anello, il più debole, di una catena indegna, dietro la quale c’è il profitto, il mercato sovrano.

 

Tutto si tiene, tra la nebbia del viandante. Sembra rimasto l’ultimo a volerci vedere chiaro, abbarbicato sullo scomodo sperone, senza accontentarsi dello sporco spettacolo inscenato dai fabbricanti di nebbia.