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11 settembre 2018

 

Sulla mia pelle, le polemiche attorno al film su Stefano Cucchi

di Lorenzo Mantelli

 

Lo scontro cinema-Netflix concluso col boicottaggio delle sale. Le accuse di censura rivolte a Facebook. La rabbia dei sindacati di polizia. La pellicola di Cremonini esce al termine di un'attesa movimentata.

 

I sette minuti di applausi tributati dalla Sala Darsena del Lido di Venezia hanno restituito il giusto omaggio all'opera di Alessio Cremonini. Non sono bastati, tuttavia, a silenziare le polemiche che gravitano attorno a Sulla mia pelle, il film che racconta gli ultimi, drammatici, giorni di vita di Stefano Cucchi e che ha inaugurato la Sezioni Orizzonti della 75esima Mostra del cinema di Venezia appena conclusa (guarda il trailer).

 

UNA POLEMICA DOPO L'ALTRA VERSO L'USCITA IN SALA

Che la pellicola con protagonisti Alessandro Borghi e Jasmine Trinca fosse destinata a far parlar di sé era parso chiaro sin dalle prime immagini del teaser rilasciato da Netflix. Da fine agosto al 12 settembre, tuttavia, data di uscita in sala e sul colosso dello streaming online, i fronti di discussione sono stati molteplici, arrivando in alcuni casi, a oscurare le reali intenzioni del regista: ripercorrere il calvario di Stefano sospendendo ogni forma di giudizio. E specificando, come viene precisato alla fine del film, che la storia di Cucchi non è un episodio isolato, ma uno dei tanti casi che si verificano nelle prigioni italiane.

 

Riflessioni che hanno finito con l'essere fagocitate dalle numerose querelle che hanno riempito le pagine dei giornali, a cominciare dall'ultima in ordine di tempo, che ha visto contrapporsi le sale cinematografiche alla casa di produzione Lucky Red e al distributore Netflix: motivo del contendere, l'uscita simultanea sul grande schermo e in streaming. Una levata di scudi che ha avuto il suo apice nel "boicottaggio" da parte delle associazioni di categoria della pellicola, confinata in una ristretta lista di sale, numerose della quali dalla capienza ridotta.

 

IL FILM APPENA IN TRE SALE A MILANO, A TORINO SOLTANTO IN UNA

«Negare il ruolo economico e sociale della sala cinematografica, imponendo unilateralmente le condizioni per le uscite contestuali sala-streaming», recita un comunicato Anec, Anem, Fice e Acec, «vuol dire accettare che i festival e le sale diventino solo un passaggio tecnico finalizzato esclusivamente alla promozione delle offerte in streaming». Per questo motivo soltanto sei cinema hanno deciso di proiettare il film a Roma, appena tre a Milano e addirittura uno a Torino.

 

NETFLIX NEL MIRINO ANCHE AL FESTIVAL DI VENEZIA

Nel capoluogo piemontese, il gestore dell'Ambrosio Sergio Troiano ha difeso la scelta in un'intervista a La Stampa. «Fosse stato un semplice film d'intrattenimento», ha detto, «avrei senza dubbio sostenuto i miei colleghi di categoria. Ma questo è un caso diverso. È una pellicola necessaria, d’inchiesta, quel tipo di cinema che in passato ci ha resi grandi e apprezzati in tutto il mondo. La gente deve poterlo vedere anche in sala». E sulla campagna in atto contro Netflix, peraltro fresco di trionfo a Venezia con Roma, di Alfonso Cuaron, Troiano ha parlato «un atto discriminatorio oltre che anacronistico».

Per tutti quelli, tantissimi, che me lo stanno chiedendo ecco l'elenco completo delle sale in cui, a partire da mercoledì 12 settembre, potrete vedere "Sulla mia pelle", la storia di mio fratello Stefano. Per Stefano e per tutti gli altri Stefano. Per non dimenticare. Grazie a tutti

 

La distribuzione del film ha finito col mettere nei guai anche Facebook. colpevole di avere cancellato gli eventi che promuovevano la visione collettiva dell'opera di Cremonini. A denunciare l'oscuramento delle pagine che avevano promosso l'iniziativa in diverse città italiane è stata la sorella di Stefano, Ilaria Cucchi. «Sulla mia pelle aveva invaso il web. Una valanga di eventi organizzati per la proiezione. La cosa mi ha fatto un enorme piacere e mi ha scaldato il cuore vedere ancora una volta quanto interesse e quanto calore ci sia intorno a Stefano e a questo bellissimo film su di lui. Devo pertanto confessare tutto il mio dispiacere e la mia amarezza per il fatto che tutto questo sia stato cancellato in un batter d'occhio. Scomparso».

                                                  

UNA LEGGE DEL 1941 IMPEDISCE LA VISIONE COLLETTIVA FUORI DAI CINEMA

Ragioni di copyright dettate da una legge del 1941 dietro la mancata promozione della visione gratuita, che hanno altresì spinto molti collettivi promotori dell'evento a gridare alla censura. Stando a quanto riportato dal Messaggero, Lucky Red avrebbe chiesto espressamente a tutti i soggetti diversi dai cinema di attendere un mese dall'uscita del film «per non danneggiare chi ha investito sulla pellicola e gli esercenti che hanno scelto di trasmetterla nelle loro sale». In diversi, tuttavia, come il Laboratorio universitario metropolitano di Milano, hanno comunque confermato la proiezione originaria, sfruttando anche in questo caso l'opportunità offerta dal catalogo di Netflix.

 

Impossibile non menzionare poi le dure critiche rivolte al film da molti sindacati delle forze dell'ordine. Per il Cocer, organo di rappresentanza dei carabinieri, che pure ha premesso di non essere intenzionato a prendere visione del lungometraggio, «ci sarebbe da indignarsi se si accertasse che lo stesso è stato prodotto con il contributo dello Stato». «Infatti», recita una nota, «apparirerebbe alquanto strano che, con un processo ancora in corso per appurare la verità, organi dello Stato abbiano finanziato un film che sposta in una sala cinematografica un processo che proceduralmente, in uno Stato di diritto, andrebbe svolto in un'aula di tribunale».

 

Valeria Golino interpreta Ilaria Cucchi.

 

Secondo il segretario del Sappe, il sindacato di polizia penitenziaria, «la storia processuale ci ha visti oltraggiati e infamati senza uno straccio di prova: sia la sentenza di primo grado che quella di Appello hanno assolto i poliziotti penitenziari. Lo hanno accertato due Corti e lo ha confermato infine la Cassazione. Nessuno deve più aprire o sollevare sospetti, ci aspettiamo da anni scuse che ancora non arrivano». Il presidente nazionale di Fsp polizia di Stato, infine, ha commentato: «È impossibile contenere o sdegno per l'ennesima storia di ordinaria criminalizzazione di chi veste una divisa. A quando un film sul carabiniere Giangrande ferito a Palazzo Chigi? O sui poliziotti uccisi dal terrorismo rosso? A quando un film, pagato dallo Stato, sugli eroi in divisa? Basta con le gogne, le piaghe e le cicatrici che tanti appartenenti alle forze dell'ordine portano a vita 'sulla loro pelle'».