https://it.sputniknews.com/

31.12.2017

 

Geopolitica, le sfide del 2018

di Tatiana Santi

 

Finisce qui un anno pieno di tensioni internazionali segnato da importanti eventi politici come Brexit, l’insediamento di Trump alla Casa Bianca e la crisi in Catalogna. A suon di sanzioni i rapporti fra Occidente e Russia rimangono critici. Geopolitica, le sfide del 2018.

 

Il 2017 ha visto diverse svolte politiche in seno all'Ue, dove le destre dall'Austria all'Olanda e alla Germania hanno ottenuto importanti risultati. L'immigrazione, tema di scontro fra i Paesi membri, rimarrà in cima all'agenda europea anche l'anno venturo.

Nel panorama globale gli attriti fra Europa e Russia, così come fra Washington e Mosca non fanno ben sperare per un prossimo miglioramento delle relazioni. Quali saranno le sfide principali per l'Italia nel 2018 e quali scenari internazionali si profilano all'orizzonte? Sputnik Italia ha raggiunto per un'intervista Raffaele Marchetti, docente di relazioni internazionali all'Università Luiss Guido Carli.

 

Giunge al termine il 2017, Raffaele Marchetti quali saranno le maggiori sfide nel 2018 per l'Italia?

Sono state fissate le prossime elezioni, la sfida principale per l'Italia sarà proprio la formazione di un governo che sia sufficientemente stabile. Le previsioni elettorali ci dicono che sarà molto difficile arrivare alla formazione di un governo. Non possiamo escludere uno scenario di ripetizione del voto, ci potrebbero essere altre elezioni in autunno. Potrebbe essere quindi un anno senza un governo forte alla guida del Paese.

In termini di politica estera le sfide sono varie, da un lato abbiamo il problema dei flussi migratori e il rapporto con l'Africa del nord da un punto di vista della sicurezza e delle risorse energetiche. Questa sfida rimarrà attuale nel prossimo anno. In questo senso Minniti e Gentiloni si sono impegnati, ma stiamo parlando di un problema la cui soluzione richiede un impegno pluriennale, se non decennale.

Quindi il problema centrale sarà la gestione dei flussi migratori con i collegamenti alle questioni energetiche e alle questioni di sicurezza e terrorismo. Ci saranno inoltre delle partite importanti all'interno dell'Unione europea, si discuterà dello sviluppo del progetto sulla difesa europea, sarà una battaglia in cui l'Italia è impegnata. Bisognerà capire che ruolo potrà giocare l'Italia in questo progetto.

 

L'Unione europea sta vivendo una crisi interna. Secondo lei nel 2018 vedremo delle trasformazioni in seno all'Ue, come si svilupperà la questione dell'immigrazione, maggior punto di scontro fra i Paesi membri?

 

Mi sembra che le spaccature all'interno dell'Unione europea rimarranno fra i Paesi membri e all'interno dei Paesi stessi. La spaccatura con il gruppo Visegrad rimarrà importante, penso sarà difficile trovare un accordo con questi Paesi, lo vediamo in ogni vertice europeo, l'ultimo per esempio fra Gentiloni ed Orban. Il tema immigrazione è ormai centrale nella politica interna di tutti i Paesi membri. Ogni volta in campagna elettorale la questione migratoria sposta moltissimo i voti, vi sono tanti partiti antisistema che cavalcano la questione e spostano l'agenda politica su questo tema. L'immigrazione rimarrà un tema fondamentale all'interno dell'Unione europea.

C'è da dire che oggi c'è una ripresa economica significativa in tutta l'area, anche in Italia, fattore importante per facilitare la gestione del problema immigrazione.

— Sull'arena internazionale quali fattori andranno monitorati con maggiore attenzione?

Inevitabilmente ci sarà una grande attenzione a qualsiasi tipo di influenza vera o presunta sulle elezioni italiane. Dal punto di vista della politica estera all'Italia sta a cuore la questione mediorientale, che riguarda soprattutto l'Iran, oltre alla Libia di cui già abbiamo accennato. L'accordo iraniano che si ricollega alla spaccatura in corso in Medio Oriente fra sunniti e sciiti è un tema importante per l'Italia. Se la situazione dovesse peggiorare, se il trattato saltasse l'Italia subirebbe delle conseguenze significative.

Inoltre se ci dovesse essere un aumento della polarizzazione internazionale fra gli Stati Uniti e la Cina e fra gli Stati Uniti e la Russia, inevitabilmente l'Italia in quanto Paese NATO sarebbe trascinata in questa tensione. Non possiamo escludere questo scenario.

— Il fattore Trump può risultare un'incognita nel 2018? Possono esserci delle sorprese o il presidente americano è coerente rispetto alla sua campagna elettorale?

 

Quello che doveva succedere è avvenuto, cioè la riforma fiscale. Io ho sempre detto che questo era chiaro fin dal primo giorno della sua presidenza: il punto più importante del suo programma sarebbe stata la riforma fiscale e non certo la politica internazionale. Da adesso in poi tutto il resto è meno importante, anche se ai nostri occhi può sembrare più rilevante la questione della Corea del Nord. Penso che dalla nuova riforma fiscale Trump ne trarrà beneficio in termini di sostegno.

— Come saranno i rapporti fra l'Unione europea e la Russia?

 

Il margine per la ricostruzione di un certo livello di cooperazione credo sia ancora ridotto purtroppo. L'Italia a livello bilaterale è molto vincolata, a livello europeo i rapporti sono ancora molto tesi. Se dovessi fare una previsione non mi aspetterei significativi miglioramenti nel 2018, perché non mi sembra ci siano le possibilità, sarei contento se non ci fosse un peggioramento dei rapporti. Non si può escludere nemmeno questo, vediamo una certa dinamica di escalation preoccupante del confronto militare-strategico. A livello di business e a livello di rapporti fra autorità locali qualcosa si può fare, il fatto è che all'interno dell'Unione europea c'è un blocco ancora molto forte di Paesi ostili alla Russia. Non penso l'Italia abbia un margine di manovra significativo.

— Fra Stati Uniti e Russia invece un dialogo proficuo sarà possibile nel 2018?

 

Molto dipende dal Russiagate, se si dovesse risolvere questo problema senza che Trump ne venga coinvolto, allora il presidente americano avrebbe più margine di manovra e potrebbe stabilire un rapporto migliore con la Russia. Finché il Russiagate è in piedi non mi sembra che Trump abbia possibilità di sviluppare migliori rapporti con Mosca.

Per quanto riguarda la Russia ci saranno le elezioni, un momento sempre molto particolare. Dipenderà da Putin e da come vorrà in termini di campagna elettorale presentare le questioni internazionali. Dipende se vorrà presentare i rapporti con gli Stati Uniti in modo più antagonistico o meno anche solamente per fini elettorali. In periodo elettorale la narrativa politica viene trasformata, non è detto che a suo turno si trasformi anche la realtà politica.

Se la tensione con la Cina dovesse aumentare, per la Russia ci sarebbe una scelta strategica fondamentale, che però non arriverà nel 2018: sviluppare un rapporto migliore con l'Unione europea e poi eventualmente con gli Stati Uniti o andare sempre più verso l'Asia.

— Che scenari possibili vi sono all'orizzonte secondo lei?

— La mia interpretazione generale è che la tensione fra Stati Uniti e Cina sarà l'aspetto fondamentale della politica internazionale dei prossimi anni. Rispetto a questo l'Europa è già chiaramente con gli Stati Uniti. La Russia invece dovrà prendere una decisione: diventare una sorta di Junior partner dei cinesi o provare a risviluppare un livello di cooperazione significativo con l'Unione europea. In altre parole Mosca dovrà decidere se guardare ad Ovest o a Est.

 

È una questione molto importante per la Russia. Ovviamente non dipenderà solo dalla Russia, ma anche dalle condizioni che l'Unione Europea e gli Stati Uniti potranno offrire. La Russia adesso secondo me sta in una situazione quando ancora si può permettere di non prendere posizioni in modo pieno. Certo, ci sono sempre più rapporti con la Cina, il momento importante però verrà quando salirà la tensione fra gli Stati Uniti e la Cina. La Russia a quel punto dovrà scegliere e non sono sicuro che scelga la Cina, ma parliamo di uno scenario molto lontano.

 

top