Originale: Foreign Policy in Focus

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26 aprile 2018

 

La Corea e la geopolitica dell’impossibile

di John Feffer

Direttore di Foreign Policy In Focus e l’autore di un romanzo distopico: Splinterlands.

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Nella geopolitica tutto è impossibile fino quando, improvvisamente non lo è più.

 

Guerre che nessuno credeva mai che potessero succedere, divampano e società stabili precipitano nel caos. Dalla parte opposta dello spettro, gli accordi di pace che soltanto delle Pollyanna ottimiste pensavano potessero essere possibili, improvvisamente sono sul tavolo dopo mesi di colloqui segreti, mentre problemi spinosi si sbrogliano e nemici acerrimi si stringono la mano.

 

Se la politica è l’arte del possibile, la geopolitica è la tettonica dell’impossibile. Enormi placche di roccia si spostano con poco o nessun avviso. I leader cadono, i confini si spostano e il commercio fluisce in direzioni diverse,  facendo arrampicare i giornalisti alla ricerca di  metafore sismiche (terremoto, scossa di assestamento).

 

Prendete il caso della Corea che è stata bloccata in una guerra fredda per 75 anni. Pochi osservatori si aspettavano che qualcosa cambiasse con   di Kim Jong Un a Pyongyang o con l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti. Oppure se proprio doveva esserci un cambiamento, sarebbe stato in peggio: una pioggia di fuoco e furia da entrambe le parti.

E, tuttavia, voilà, la penisola è ora sull’orlo dell’impossibile.

 

La Corea del Nord venerdì ha annunciato che avrebbero smesso di testare le armi nucleari e i missili a lunga gittata. Avrebbe anche chiuso il sito dei suoi test nucleari situato a Punggye-ri.  Come digressione un interlocutore sud-coreano, i Nord Coreani hanno anche dichiarato che non avrebbero chiesto la partenza delle truppe statunitensi dalla penisola come parte di qualsiasi accordo di pace.

 

Questa settimana i leader della Corea del Nord e della Corea del Sud si incontreranno proprio a sud delle Zona Demilitarizzata. Nell’agenda: mettere fine ufficiale alla Guerra di Corea, pianificare nuovi settori di collaborazione, e impegnarsi per una penisola denuclearizzata. Segnale di entrata, la colonna sonora del film L’Uomo della Mancia: la riunificazione non sembra più un sogno così impossibile.

 

Infine, nell’elemento meno probabile della tripletta, un summit che non ha precedenti tra i leader degli Stati Uniti e della Corea del Nord è programmato in una qualche data nei prossimi due mesi. Il capo della CIA, Mike Pompeo, è già andato e venuto da Pyongyang di nascosto  per cominciare a fare i preparativi per l’incontro.

 

L’impossibile non è ancora successo del tutto. Gli scettici hanno ignorato gli annunci della Corea del Nord. Il grado di collaborazione tra Nord e Sud è limitato dall’attuale regime di sanzioni economiche. Donald Trump potrebbe decidere di vietare il summit, o, se questo va avanti, fare i capricci estemporanei che all’improvviso manda tutto  all’indietro, sbandando.

 

E poi ci sono altre realtà difficili da trattare che sono ancorate alla penisola coreana: l’importanza di u deterrente nucleare per Pyongyang, il divario economico estremo tra Nord e Sud e i decenni di animosità che rendono così difficile da raggiungere  la distensione tra gli Stati Uniti e il loro avversario di più lunga data.

 

Tuttavia, nel bene e nel male, l’impossibile accade praticamente ogni giorno nel mondo della geopolitica. L’unica regola che si applica, particolarmente in questa era trumpiana, è: aspettatevi l’inaspettato.

 

Arrivare al sì

Per dimostrare la vostra credibilità come esperto della Corea del Nord, dovete non dare peso a tutto quello che dice Pyongyang. In generale è una scommessa vincente, dato che il governo nord coreano blatera ogni tipo di propaganda. Questo, però, non significa che ogni cosa che dice sia una stupidaggine.

 

Consideriamo il recente annuncio della sospensione dei test nucleari. Come molti scettici fanno notare, il governo nordcoreano il realtà non diceva nulla di radicalmente nuovo. In marzo aveva già dichiarato la sua disponibilità a mantenere una moratoria circa i test, in previsione di un incontro con il presidente degli Stati Uniti. In quanto al sito dei test che stava chiudendo a Punggeye-ri, questo aveva subito considerevoli danni dopo il sesto test nucleare di settembre.

 

Tutto questo è vero – con alcuni avvertimenti.

Cominciamo con il luogo del test. Certo, il test nucleare più recente ha provocato parecchi piccoli terremoti e molti tunnel sul sito sono crollati. Ma come fa notare il sito web 38North, “non c’è alcuna base per concludere che il sito del test nucleare di Punggye-ri non è più praticabile per futuri test nucleari. Vi rimangono due zone di entrata  situate su roccia più pura e di qualità  che possono essere usate per test futuri se Pyongyang dovesse dare l’ordine.” (A proposito, la Corea del Nord non ha usato nessun altro sito per i suoi esperimenti nucleari.

 

In quanto alla moratoria sui test, l’ex membro del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, Victor Cha, osserva: ”Questa non è una dichiarazione di denuclearizzazione. E’ una affermazione che la Corea del Nord può essere uno stato con armi nucleari responsabile.”

 

Anche questo è vero, ma che cosa si aspettano esattamente gli esperti coreani? Che la Corea del Nord disarmi un maniera unilaterale prima di un incontro con Donald Trump? E che cosa esattamente hanno annunciato gli Stati Uniti nel periodo precedente all’incontro? La maggior parte degli esperti coreani hanno sostenuto che avere un incontro con il Nord è, di per sé, una concessione. (oh, come è precipitata negli anni la reputazione della diplomazia).

 

Nel frattempo, l’annuncio da parte del Partito dei Lavoratori della Corea del Nord, della risoluzione – “Interromperemo i test nucleari e il lancio dei razzi balistici intercontinentali dal 21 aprile” – non è soltanto una sospensione in cambio dei colloqui. E’ una dichiarazione istituzionale senza limiti di tempo. In altre parole, Pyongyang non ha fatto nessuna interruzione dei test condizionati  per nessuna altra cosa. Garantito. Si può ribaltare, ma è ancora un importante segnale della disponibilità a negoziare.

Il disarmo nucleare, naturalmente, è tutta un’altra faccenda.

 

A questo punto, la Corea del Nord sta tenendo stretto il suo programma nucleare come “una spada che gli è molto cara.” Forse sarà disposta a firmare un accordo che appoggi una futura denuclearizzazione, ma, come Sant’Agostino che notoriamente dichiarò: “Datemi la castità…ma non ancora,” la Corea del Nord probabilmente adotterà il concetto del disarmo nucleare prima di accettarne la realtà.

 

Dopo tutto, le armi nucleari sono un forte deterrente contro qualsiasi possibile attacco (cosa che teme la Corea del Nord). Conferiscono enorme prestigio a livello globale (cosa che la Corea del Nord desidera ardentemente). Ed esse rappresentano un notevole conseguimento individuale per Kim Jong Un (in assenza di altri importanti risultati).

 

Questa è una magia potente.

Non mi aspetto, quindi, un movimento tettonico al summit Trump-Kim. Forse le due parti possono spostarsi verso un accordo di pace per sostituire l’armistizio che ha messo fine alla guerra di Corea. Forse Kim otterrà un invito per guardare la parata militare a Washington, in stile nord-coreano, in autunno. Forse Ivanka Trump otterrà il permesso di vendere le sue cianfrusaglie a Pyongyang.

 

Ma il risultato più probabilmente positivo sarebbe un accordo di continuare a parlare –e parlare e parlare fino a quando tutti fanno scadere il tempo per l’amministrazione Trump (e per quella bomba a orologeria che è il consigliere per la sicurezza nazionale, John Bolton). In questo modo la geopolitica dell’impossibile svanisce nella politica più di routine del possibile.

 

Come ho detto, però, il futuro potrebbe riservare una sorpresa. Donald Trump, dopotutto, vuole disperatamente dimostrare che non è il peggior presidente di tutti tempi, se negozia esattamente l’accordo che è sfuggito a tutti i suoi recenti predecessori. A Trump non interessa la diplomazia o la Corea del Nord. Vuole soltanto fare meglio di Obama.

Nel frattempo, non cadiamo nella trappola di credere che qualsiasi cosa coinvolga Donald Trump sia l’avvenimento più importante di tutti.

 

Le due Coree

Kim Jong Un ha iniziato a sbloccare la situazione all’inizio dell’anno quando si è messo in comunicazione con Moon Jae-in per collaborare all’organizzazione delle Olimpiadi invernali. Il rovesciamento della situazione è realmente iniziato l’anno scorso con l’elezione di Moon per un programma per invertire il decennio precedente di relazioni in gran parte ostili tra Seoul e Pyongyang.

 

Dopo un anno del suo mandato di cinque anni, Moon mantiene quasi un 70% del sostegno popolare, superando nei sondaggi tutti i precedenti presidenti. Ha anche programmato un summit inter-coreano all’inizio dl suo mandato – in opposizione ai passati leader Kim Dae Jung o Roo Moo-Hyun. Questo significa che un sacco di tempo e di capitale politico per trasformare le dichiarazioni del summit in politiche concrete.

 

Le due Coree hanno flirtato due volte con la impossibilità della riunificazione a partire dalla fine della Guerra di Corea.

Negli anni’70, quando il divario socio-economico tra i due paesi era scarso, il dittatore della Corea del Nord, Kim II Sung e il dittatore della Corea del Sud, Park Chung Hee, hanno cercato di elaborare una formula per la riunificazione politica  che rimaneva bloccata nei problemi di rappresentatività (avendo a che fare con il vantaggio di due a uno della popolazione  che il Sud ha sul Nord).

 

Negli anni 2000, la squadra  presidenziale formata da  Kim Dae Jung e Roh Moo-Hyun, hanno tentato insieme una riunificazione al rallentatore designata a superare gradualmente la crescente disparità economica tra i due paesi. Quel programma ha incontrato un  contraccolpo conservatore interno, notevole indifferenza da parte degli Stati Uniti e una certa intransigenza della Corea del Nord.

 

Tre volte fortunato? Affinché Moon Jae-in riesca dove i suoi predecessori hanno fallito, dovrebbe perseguire tre principi:

1) Scambio: il Sud non può semplicemente comprare la partecipazione del Nord (come ha inizialmente tentato Kim Dae Jung). Affinché funzioni questo terzo tentativo di una politica di riunificazione, deve avere qualcosa a che fare anche con il Sud. Il Complesso Industriale di Kaesong serve come modello per questo tipo di approccio equo. Le compagnie sud-coreane che hanno aperto nella zona industriale proprio a nord della Zona Demilitarizzata, hanno fornito posti di lavoro e addestramento a diecine di migliaia di lavoratori nord-coreani e anche una razione della “torta” per il governo nord-coreano. In cambio, le compagnie sudcoreane hanno tratto vantaggio dal lavoro più a buon mercato, in modo che hanno potuto efficacemente competere con compagnie  analoghe in Cina.

 

2) Appoggio bipartisan: La  ostpolitik della Germania Occidentale è riuscita in parte perché praticamente tutti i partiti politici la hanno accettata, dai Social Democratici all’Unione Cristiano Sociale che è molto più a destra. Nella Corea del Sud, le politiche di impegni sono associate alla sinistra liberale, ma non deve andare così. Moon ha già trovato un modo di dare alla sua nordpolitik un’attrattiva più ampia tramite i suoi approcci olimpici. Deve, però, andare oltre per portare i politici conservatori nel processo di consultazione, in modo che questa recente fase di discussioni con  il Nord sia una faccenda bipartisan. In questo modo, anche se un conservatore vincerà la prossima elezione presidenziale, la politica potrà continuare.

 

3) Internazionalizzare: i Coreani dovrebbero, naturalmente, decider il loro proprio futuro insieme, ma, come in Germania, la riunificazione dovrebbe essere contenuta all’interno di anelli concentrici regionali e internazionali. Una Germania che si unificava richiese una disposizione  a 2 più 4 (le due Germanie più le 4 potenze occupanti alla fine della II Guerra mondiale – la Francia, il Regno Unito, gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica) e l’abbraccio accogliente dell’Unione Europea. Un trattato di pace per sostituire l’armistizio servirà come sostituto in Corea per il 2 e il 4. Un altro modello utile è l’accordo nucleare iraniano con i suoi vari firmatari internazionali.

 

I passi della Corea verso la pace, la denuclearizzazione e riunificazione dovrebbero, però, avere un considerevole accettazione della società civili da parte di gruppi nella Corea del Sud, dalle loro contro parti nell’Asia Orientale, di gruppi con la stessa mentalità in Europa e in Nord America. Questi gruppi posso fare pressione sui loro rispettivi governi perché si attengano ai loro impegni e che inoltre contribuiscano ad assicurare che i Coreani non rivolgano il loro sguardo esclusivamente all’interno.

 

Naturalmente, nessuno di questi potrebbe accadere. I sismologi non sono noti per le loro previsioni esatte, ma dopo così tanti anni di attesa di una pausa, i Coreani adesso sono eccitati in maniera evidente. Invece di gettare acqua fredda sulle loro speranze e i loro sogni, prepariamoci a danzare con loro nel bel mezzo del terremoto.

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/korea-and-the-geopolitics-of-the-impossible

 

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