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Il nesso USA-SIIL in Afghanistan è al centro dell’attenzione di Melkulangara Bhadrakumar Traduzione di Alessandro Lattanzio
Teheran ha iniziato a dire forte e chiaro di essere inquieta dagli Stati Uniti che inviano in Afghanistan i terroristi dello Stato Islamico da Siria e Iraq, dove sono stati sconfitti. Il 30 gennaio, il leader supremo dell’Iran Ali Khamenei dichiarava: “L’obiettivo degli Stati Uniti nel trasferire i terroristi dello SIIL in Afghanistan è giustificare il loro dispiegamento nella regione e rafforzare la sicurezza del regime sionista“. In effetti, qualsiasi affermazione del Leader Supremo attira invariabilmente attenzione segnalando una direttiva politica autorevole basata su un’attenta decisione presa alla luce di rilevanti input dell’intelligence.
Il punto è che tre giorni prima che Khamenei parlasse, il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC) si scontrava coi terroristi dello SIIL infiltratisi nella provincia occidentale di Kermanshah dall’Iraq. A detta di tutti, fu uno scontro importante in cui tre membri dell’IRGC furono uccisi, compreso un ufficiale. Secondo il comandante delle forze di terra dell’IRGC, Generale Mohammad Pakpour, furono catturati ben sedici terroristi. Incidenti di questo tipo accadono con sempre maggiore frequenza lungo i confini iraniani e le agenzie di sicurezza iraniane sequestrano enormi quantità di esplosivi ed armi contrabbandate, ma questa è la prima volta che si verifica uno scontro così grave.
Significativamente, il consigliere per la politica estera del parlamento, Hossein Amir Abdollahian, voce influente nel circuito diplomatico iraniano, poneva la questione del trasferimento segreto di terroristi dello SIIL in “Afghanistan settentrionale” incontrando Jan Kubis, presidente della missione di assistenza delle Nazioni Unite per l’Iraq, il 28 gennaio. Kubis, diplomatico di carriera slovacco, fu in precedenza inviato speciale delle Nazioni Unite in Tagikistan (durante il periodo di transizione successivo alla guerra civile, alla fine degli anni ’90), segretario generale dell’OSCE (1999-2005), inviato speciale dell’UE in Asia centrale (20015-2006) e, ultimamente, rappresentante speciale dell’ONU e capo della missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (2011-2015). Abdollahian non avrebbe potuto scegliere migliore interlocutore nel fare un passo così delicato. Il messaggio avrebbe raggiunto i destinatari voluti in pochissimo tempo. Due giorni dopo, Khamenei parlò. Date le ragioni riportate, va notato con attenzione che l’Iran da allora indica il tema del nesso USA-SIIL come questione bilaterale tra Teheran e Kabul. Il 4 febbraio, il Ministro della Difesa iraniano Brigadier-Generale Amir Hatami telefonava all’omologo afghano Tariq Shah Bahrami avvertendolo che Washington “trama per trasferire il gruppo terrorista SIIL in Afghanistan“. Il Generale Hatami parlava sulla base delle osservazioni di Khamenei e, cosa importante, ha messo in guardia dai piani degli Stati Uniti per aumentare il proprio dispiegamento militare in Afghanistan, sottolineando che la sicurezza in Afghanistan sarà possibile solo in armonia con gli Stati regionali e unendo le risorse per combattere il terrorismo. Il Generale Hatami aveva solo avvertito che Teheran potrà agire per contrastare la minaccia alla propria sicurezza nazionale dall’Afghanistan. È ipotizzabile che la telefonata a Kabul riflettesse le percezioni delle minacce a Teheran dopo l’interrogatorio dei 16 terroristi dello SIIL catturati dall’IRGC.
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