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28/06/2018

 

Kiev: squadre della morte in attesa del Pinochet ucraino

di Fabrizio Poggi

 

L'Ucraina è da tempo sulle orme di Pinochet e dei suoi metodi

 

Hanno fatto notizia in questi giorni le parole del procuratore generale militare ucraino, Anatolij Matios, che ha vaticinato la prossima comparsa di un “salvatore della patria”, spinto sulla scena ucraina da “forze sane”. Matios si è detto “convinto” che il nuovo unto del signore stia “già bussando alla porta. Oppure è in cerca di uno stadio”: alla maniera di Augusto Pinochet.


Nei primi anni '90, gli ammiratori russi del boia latinoamericano lodavano le “riforme” economiche che erano state a suo tempo comminate al Cile dai famigerati “Chicago boys” e imposte da Pinochet: guarda caso, ciò che stavano facendo i Gajdar e i Chubajs in Russia, con la strada aperta dal golpe eltsiniano, non se ne discostava poi tanto.


A parere di Matios, evidentemente, la politica di Petro Poroshenko non è completamente riuscita a infliggere al paese le giuste “riforme” liberiste, nonostante le attuali imposizioni del FMI (che non sono poi così cambiate dai tempi di Pinochet) oggi in Ucraina come quarant'anni fa in Cile, abbiano ridotto alla fame o all'emigrazione milioni e milioni di persone.


Forse che, a parere di Matios, la censura sui media, le migliaia di dissidenti torturati in carcere, gli articoli politici introdotti nel codice penale, il terrorismo contro la popolazione condotto dai gruppi nazisti foraggiati dal governo – tacendo per un momento delle decine di migliaia di civili uccisi dalle truppe di Kiev nel Donbass – sono ancora poca cosa rispetto alle decine di migliaia di fucilati o “scomparsi” della dittatura cilena, ai dissidenti politici gettai nelle prigioni o costretti a emigrare?


In ogni caso, l'Ucraina è da tempo sulle orme di Pinochet e dei suoi metodi. E' di questi giorni la notizia – dunque, è facile immaginare che la cosa vada avanti da un bel po' – secondo cui il SBU, il Servizio di sicurezza ucraino, ha attivato gruppi speciali per terrorizzare e, del caso, eliminare fisicamente, gli avversari del regime golpista.

 

Lo ha dichiarato a RIA Novosti, dall'esilio birmano, l'ex istruttore militare ed ex direttore del campo di addestramento del battaglione nazista “Azov”, Sergej Sanovskij, che ha specificato come la formazione di tali gruppi sia stata ratificata da Poroshenko in persona. 


Prima di majdan, Sanovskij aveva fatto parte dei reparti speciali del Ministero dell'interno, in qualità di istruttore-tiratore scelto. Dopo il febbraio 2014, era entrato in “Azov”, dapprima come comandante di un gruppo di sabotatori, quindi come vice direttore del campo di addestramento del battaglione. Sul finire del 2014, era stato messo in contatto con Andrej Lisagor (qui in azione mentre addestra membri della Guardia nazionale, dell'esercito e agenti del SBU) qualificatosi come consigliere del capo del controspionaggio del SBU, il generale Aleksej Petrov. Nel 2017, Lisagor avrebbe proposto a Sanovskij di formare un gruppo di 6-8 persone, reclutate tra gli ex camerati di “Azov”, da destinare appunto alle attività di terrorismo e finanche di assassinio delle persone scomode. Pare che, al rifiuto di Sanovskij (oggi esule in Birmania, in attesa di ottenere asilo politico in Svezia, dopo esser fuggito dall'Ucraina attraverso Moldavia e Bulgaria), il SBU abbia risposto con minacce e l'imposizione, sotto tortura, di dichiarare di essersi inventato “cose assurde”. Che la cosa sia verosimile, lo si può giudicare dal fatto che il Servizio di sicurezza della DNR ritiene Aleksej Petrov mandante degli assassinii di Arsen Pavlov (“Motorola”) e Mikhail Tolstyj (“Givi”).


E per un Sergej Sanovskij che ha rifiutato la creazione di un tale gruppo terroristico, quanti altri nazisti di “Azov”, “Ajdar”, “C14” hanno accettato di buona lena l'incarico, entusiasti di sfoggiare il proprio “coraggio” lontani dalle trincee del Donbass e sicuri dell'impunità per ogni oppositore ucraino messo a tacere? 


La democrazia europeista dei “figli di majdan” eroicizzati dai liberaldemocristiani di casa nostra.

 

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