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29-05-18 - n. 674

Educare alla precarietà fin da bambini
di Emilia Calabria e Sabrina Cristallo


Educare alla precarietà fin da bambini. A questo introduce una delle domande presenti nel questionario della prova Invalsi di Italiano imposto agli alunni delle classi quinte della scuola primaria. Un futuro annunciato che non lascia alcuno spazio all'immaginazione e alla fantasia ma indica al bambino una ricetta ben precisa. 

"Pensando al tuo futuro, quanto pensi che siano vere queste frasi?". Con una risposta chiusa graduale che va dal "Per niente" al "Totalmente", i bambini di 10 anni sono chiamati ad esprimersi circa le proprie aspettative di studio e di lavoro, ma anche riguardo a mercato e logiche di consumo.

"Raggiungerò il titolo di studio che voglio"; "Avrò sempre abbastanza soldi per vivere"; "Nella vita riuscirò a fare ciò che desidero"; "Riuscirò a comprare le cose che voglio"; "Troverò un buon lavoro". 

Risulta evidente come la scelta di queste frasi sia volta a suggerire come metro di valutazione delle proprie capacità e possibilità il denaro di cui si dispone. Oltre a mortificare il bambino proveniente da famiglie meno abbienti, l'intenzione è chiaramente quella di assoggettare le giovanissime menti alla formula imposta dal sistema capitalistico alla stragrande maggioranza della popolazione, ovvero il "nasci, consuma e crepa", dove il diritto allo studio e al lavoro sono ormai messi in discussione e diventano un privilegio per pochi, il primo, e una concessione dei padroni a cui piegarsi, il secondo. 

Le domande, del resto, sono coerenti con uno degli obiettivi politici chiave dell'Unione europea e degli Stati membri nell'ambito del sistema d'istruzione, ovvero sviluppare e promuovere l'educazione all'imprenditorialità.

Come possiamo leggere in un recente studio della rete Eurydice1, Entrepreneurship education at School in Europe2:

«Vi è una sempre maggiore consapevolezza delle potenzialità dei giovani di avviare e sviluppare imprese commerciali e sociali, diventando così innovatori nei settori in cui vivono e lavorano. L'educazione all'imprenditorialità è essenziale non solo per forgiare la mentalità dei giovani, ma anche per fornire le competenze, conoscenze e attitudini che sono centrali per lo sviluppo di una cultura imprenditoriale».

I campi presi in considerazione nello studio sono le azioni strategiche e i meccanismi di finanziamento a sostegno dell'educazione all'imprenditorialità, il livello di integrazione dell'educazione all'imprenditorialità nei curricoli di studio nazionali e i risultati dell'apprendimento, oltre ai curricoli della formazione degli insegnanti iniziale e continua. 

«In Europa – continua il rapporto – lo sviluppo e l'attuazione dell'educazione all'imprenditorialità sono finanziati con fondi nazionali e/o europei. I fondi nazionali sono spesso erogati dal Ministero dell'istruzione, di concerto con altri ministeri competenti. Ventisette dei paesi/regioni europei esaminati destinano fondi nazionali all'educazione all'imprenditorialità, principalmente per l'attuazione delle proprie strategie specifiche o più generiche in tale campo.

I fondi vengono stanziati sotto forma di un budget specifico destinato all'educazione all'imprenditorialità o, più spesso, nell'ambito del budget nazionale complessivo. Oltre ai finanziamenti nazionali, 24 paesi/regioni europei ricevono fondi dall'UE per l'educazione all'imprenditorialità. 

Anche se in Italia, non esiste attualmente una strategia nazionale sull'educazione all'imprenditorialità, tuttavia questa, definita come "spirito di iniziativa e imprenditorialità", costituisce una competenza cross-curricolare, introdotta attraverso la Certificazione delle competenze, rilasciata al termine della classe quinta della scuola primaria e della classe terza della scuola secondaria di primo grado. 

Inoltre, "spirito di iniziativa e imprenditorialità" sono inclusi nei contenuti specifici di una materia chiamata "Diritto ed economia" e all'interno dell'alternanza scuola-lavoro.

In particolare, nella materia "Diritto ed economia", è prevista un'abilità che si riferisce all'educazione all'imprenditorialità. Nei primi due anni degli istituti tecnici (settori economico e tecnologico), l'acquisizione delle competenze imprenditoriali è inoltre stimolata attraverso la gestione di progetti, la gestione di processi produttivi relativi alle funzioni aziendali e l'attuazione dei regolamenti nazionali ed europei, in particolare nel campo della sicurezza e protezione ambientale.  Una delle abilità che gli studenti dovrebbero acquisire consiste nel "riconoscere gli aspetti giuridici ed economici che connotano l'attività imprenditoriale".

Quindi non solo l'educazione dei giovani è indirizzata verso un'acquisizione acritica dell'ideologia dominante, come tutte le società oppressive hanno sempre fatto, ma ovviamente anche le risorse che la società borghese destina alla scuola sono finalizzate a promuovere un modello di educazione e di sistema basato sul profitto e la competizione, che spinge l'essere umano a misurare la propria felicità a seconda della quantità di beni che può permettersi e che oggi viene insistentemente introdotto già a partire dai primi gradi dell'istruzione. 

Boicottare i test Invalsi quindi è un primo passo contro il classismo e la dequalificazione della scuola pubblica.

 

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