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12 marzo 2018 

 

Ratzinger difende Bergoglio: «Basta pregiudizi contro di lui»

di Massimo Franco

 

Il papa emerito Benedetto XVI difende il suo successore esortando ad «opporsi e reagire allo stolto pregiudizio per cui Papa Francesco sarebbe solo un uomo pratico privo di particolare formazione teologica o filosofica, mentre io sarei stato unicamente un teorico della teologia

 

Più che limitarsi a registrare il messaggio irrituale del Papa emerito Benedetto XVI in difesa di Francesco, viene da chiedersi perché lo abbia mandato. C’è un anniversario formale, certo, che è il quinto anno di pontificato di Jorge Mario Bergoglio, eletto il 13 marzo del 2013. Ma evidentemente esiste anche una realtà sotterranea, persistente, e inconfessabile, che tende a colpire e delegittimare quotidianamente il pontefice argentino; e che sta arrivando a livelli tali da allarmare il Vaticano. Avere un gigante della teologia come Joseph Ratzinger che in poche righe capovolge la vulgata secondo la quale Francesco sarebbe teologicamente poco attrezzato, è insieme un gesto di grande lealtà e un campanello d’allarme

 

Conferma l’alleanza, anzi qualcosa di più profondo, che Bergoglio e Ratzinger hanno trovato dopo il Conclave; e che prevede una coabitazione ufficiale in totale sintonia: anche quando, e probabilmente qualche volta è accaduto, questa sintonia non appare tale. Fa capire ancora una volta quanto Benedetto XVI sia un argine oggettivo e prezioso di fronte a chi, e sono sempre di più, tenta di usarlo contro Francesco; e forse anche una barriera della quale i sostenitori più fanatici dell’attuale Papa debbono tenere conto, quando vogliono strattonarlo verso una strategia progressista e divisiva. Gli elementi che debbono fare riflettere, nel messaggio del pontefice emerito in occasione della pubblicazione dei volumi sulla «Teologia di Papa Francesco», sono soprattutto due.

 

Il primo riguarda la riaffermazione della «continuità interiore tra i due pontificati, pur con tutte le differenze di stile e di temperamento»: parole che sembrano rivolte a quanti, nelle file ecclesiastiche, continuano a guardare a Benedetto XVI come al «loro» Papa, in polemica con Francesco; e che non perdono occasione per contrapporre l’uno all’altro dal punto di vista dottrinale. D’altronde, è noto che Ratzinger è stato il mentore del cardinale Gerhard Muller, promosso da lui nel 2012 alla Dottrina della Fede e «licenziato» da Francesco alla fine di giugno del 2017, sostenendo che era un suo oppositore. Come è di dominio pubblico, almeno in Vaticano, l’ammirazione anche strumentale che i settori più conservatori nutrono e dichiarano verso il Papa emerito, in polemica con il suo successore sudamericano.

 

Il secondo punto che colpisce, nel messaggio, è il plauso alla pubblicazione dei volumi: un’iniziativa che «vuole opporsi e reagire allo stolto pregiudizio per cui Papa Francesco sarebbe solo un uomo pratico privo di particolare formazione teologica o filosofica, mentre io sarei stato unicamente un teorico della teologia che poco avrebbe capito della vita concreta di un cristiano di oggi». Parole durissime e inusuali, con le quali Ratzinger è determinato a difendere il proprio successore e se stesso. Ma potenzialmente, anche parole suscettibili di qualche fraintendimento. Sostenere che la collana sulla teologia di Francesco è stata pensata per opporsi a uno «stolto pregiudizio» su di lui, ha alcune implicazioni.

 

Intanto, cresce il sospetto che questo pregiudizio esista al punto da essere in qualche modo ufficializzato, seppure involontariamente; che sopravviva e anzi rischi di diffondersi dopo cinque anni di pontificato; e che appaia così preoccupante da suggerire una risposta editoriale di questo livello. Un’altra implicazione riguarda l’insistenza sulla continuità tra i due papati. In teoria dovrebbe essere scontata. Ma il fatto che la sintonia tra il Papa dimissionario e quello in carica abbia bisogno di essere ribadita e puntellata da Ratzinger attraverso parole dai toni drammatici, la rende una verità complessa. 

 

Da questo punto di vista, le poche righe scritte da Benedetto XVI finiscono per brillare per sincerità e autenticità. E servono a bilanciare e interpretare i riconoscimenti unanimi, doverosi e in qualche caso un po’ difensivi, che i suoi sostenitori hanno consegnato nelle ultime ore. Sono indicativi gli attacchi di Civiltà cattolica, la rivista dei gesuiti italiani, contro l’«opposizione sgrammaticata e divisiva» a Francesco perfino su questioni «come l’autorità ecclesiastica e la liturgia».

 

Il testo del Papa emerito restituisce la realtà di una Chiesa che dopo cinque anni rimane un «ospedale da campo» incompiuto; attraversata da tensioni e incognite tali da confondere la divisione tra riformatori e conservatori, tra il «Papa di Casa Santa Marta» e la Curia. Le riforme rimangono in un limbo: tanto che la stessa Civiltà cattolica ricorda le parole di Francesco su una riforma che «è come pulire la Sfinge d’Egitto con uno spazzolino da denti». Non è più chiaro chi sia alleato con chi. Dover ricorrere al carisma discreto e appartato di Benedetto per sostenere Francesco, a ben vedere, è un segnale sul quale riflettere. 

 

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