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Fonte: Barbadillo

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31/05/2018

 

Identità e sovranità? Sono nozioni inseparabili

di Alain de Benoist

Traduzione di Manlio Triggiani

 

Signor Alain de Benoist, in alcuni ambienti, si tende a opporre due nozioni di cui tutti parlano oggi: l’identità e la sovranità. Nel Front National, Marion Maréchal-Le Pen avrebbe rappresentato la prima, in opposizione a Florian Philippot, che difende soprattutto la seconda. Una tale opposizione le sembra legittima?

“Intervistata qualche settimana fa dalla rivista Causer, Marine Le Pen ha dichiarato: ”Il mio progetto è intrinsecamente patriota perché difende nello stesso movimento la sovranità e l’identità della Francia. Quando si dimentica una delle due, si bara”. Quindi, non bariamo. Perché si dovrebbero vedere nell’identità e nella sovranità delle idee opposte, quando sono complementari? La sovranità senza identità non è che un guscio vuoto, l’identità senza sovranità ha tutte le possibilità di trasformarsi in ectoplasma. Quindi non bisogna separarli. L’uno e l’altro, inoltre, fanno parte della libertà. Essere sovrano è essere libero di decidere da sé la propria politica. Conservare la propria identità implica, per un popolo, di poter decidere liberamente le condizioni della propria riproduzione sociale”.

Mentre l’identità è un concetto necessariamente vago, la sovranità non è più facile da definire?

“Meno di quanto sembri. La sovranità “una e indivisibile” richiamata da Jean Bodin in I sei libri della Repubblica (1576) non ha molto a che spartire con la sovranità fondata sulla sussidiarietà e sul principio di competenza sufficiente, di cui parla Althusius nel 1603 nel suo Politica methodice digesta. L’approccio di Bodin è eminentemente moderno. Implica lo Stato-nazione e la scomparsa della distinzione che in precedenza è stata fatta tra potere (potestas) e l’autorità o la dignità del potere (auctoritas).
La Sovranità secondo Bodin ha questo di pericoloso: facendo del sovrano un essere che non potrebbe dipendere da nessun altro che non da se stesso (principio individualista), è cieco alle comunità naturali e opprime ogni limite al dispotismo: tutto ciò che è ostacolo alla decisione del principe è considerato un attentato alla sua indipendenza e alla sua sovranità assoluta. Così, si perde di vista la finalità del politico, che è il bene comune. La sovranità popolare è, inoltre, diversa dalla sovranità nazionale o dalla sovranità statale. La prima fonda la legittimità del potere politico, mentre le altre riguardano il campo d’azione e delle modalità d’azione di questo potere. Jacques Sapir, dal canto suo, ha recentemente distinto il sovranismo sociale, il sovranismo identitario e il sovranismo della libertà “che vede nella sovranità della nazione la garanzia della libertà politica del popolo”. Il sovranismo identitario, ha osservato, non è affatto incompatibile con l’ordine delle cose neoliberali, mentre il sovranismo nazionale e sociale ne rifiuta naturalmente la tutela.

Non dobbiamo neppure dimenticare che potrebbe benissimo esistere una sovranità europea, anche se per oggi si tratta solo di un sogno. Il dramma, da questo punto di vista, non è che gli Stati-nazione abbiano visto la scomparsa di interi spazi della loro sovranità (politica, economica, fiscale, finanziaria e militare), ma che questa si sia persa nel buco nero delle istituzioni di Bruxelles senza esser mai stata riportata a un livello superiore”.

Che dire, allora, dell’identità, oggi divenuta una rivendicazione e uno slogan, ma della quale è possibile dare le più differenti definizioni?

“Che sia individuale o collettiva, l’identità non è mai unidimensionale. Quando ci definiamo attraverso uno o l’altro dei suoi aspetti, diciamo solo che è la dimensione o il tratto distintivo della nostra identità che consideriamo più importante per esprimere ciò che siamo. Un tale approccio contiene sempre un parte di arbitrarietà, anche quando si basa su dati che possono essere empiricamente verificati.
Un individuo deve prestare maggiore importanza alla sua identità nazionale, linguistica, culturale, religiosa, sessuale, professionale? Non c’è una risposta che emerge con forza. Per un popolo, l’identità è inseparabile da una storia che ha plasmato la propria socialità. La rivendicazione o la protesta identitaria appare quando questo socialità sembra minacciata di dissoluzione o di scomparsa. Si tratta, allora, di lottare perché si perpetuino stili di vita e valori condivisi. Ma non ci si illuda: l’identità si rivela ancor più di quanto venga vissuta, altrimenti si rischia di cadere nel feticismo o nella necrosi. Per gli individui come per i popoli, è la capacità di creazione che meglio esprime la perpetuazione della personalità. Come ha scritto Philippe Forget, “un popolo non esprime il proprio genio perché è dotato di una identità ma manifesta un’identità perché il suo genio l’attiva”.

 

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