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16 ottobre 2018 

 

Macron fa perquisire Jean-Luc Mélénchon, il suo unico avversario vero

di Andrea Mencarelli

Potere Al Popolo Parigi

 

È in corso questa mattina (martedì 16 ottobre) una perquisizione della casa di Jean-Luc Mélenchon, leader di France Insoumise, in relazione a due inchieste preliminari. A rivelarlo è stato lo stesso Mélenchon con un video in diretta dalla sua pagina facebook, in cui, oltre a segnalare le operazioni di perquisizioni in atto, ha denunciato la chiara “intimidazione” nei suoi confronti e verso i suoi collaboratori, proprio mentre il governo Macron – in calo nell’indice di gradimento – è alle prese con un difficile rimpasto di governo. 

Secondo il deputato, sono stati perquisiti anche diversi collaboratori, tra cui la segretario generale del gruppo all’Assemblea nazionale, Clémence Guetté, e alcuni assistenti parlamentari. Secondo Le Figaro, sarebbero in corso perquisizioni anche nelle sedi del Parti de Gauche e de La France Insoumise.

Queste ricerche sono condotte come parte di due indagini preliminari, come riportato franceinfo. La prima indagine riguarda sospetti di impiego fittizio di assistenti parlamentari al Parlamento europeo. Prendendo di mira inizialmente preso il Fronte nazionale, questa inchiesta è stato estesa a luglio 2017 a quattro ex assistenti parlamentari europei di Jean-Luc Mélenchon. Gli investigatori stanno cercando di scoprire se i fondi europei, dedicati all’assunzione di deputati al Parlamento europeo, sono stati deviati per compensare i dirigenti impiegati in altri compiti all’interno del loro partito politico. La seconda indagine preliminare, aperta nel maggio 2018, riguarda i resoconti delle campagne di Jean-Luc Mélenchon per le elezioni presidenziali del 2017 e i sospetti di irregolarità. Jean-Luc Mélenchon si è difeso sul suo blog da qualsiasi violazione del Codice elettorale. “Non ho mai agito in altro modo se non onestamente”, ha scritto.

Nel video in diretta, Mélenchon denuncia la strumentalizzazione politica della vicenda e delle accuse che vengono mosse in merito a queste due inchieste. Si tratta di un chiaro “colpo politico” – così lo definisce Mélenchon – visto che queste metodi “non hanno niente a che vedere con la giustizia”. Riprendendo le perquisizioni dentro la sua casa, Mélenchon aggiunge: “Al momento, tutti quelli che hanno lavorato con me o che mi sono stati vicini negli ultimi anni stanno subendo perquisizioni. I loro telefoni e computer vengono sequestrati. Questo è il debutto del nuovo ministro degli interni [Christophe Castaner, in seguito alle dimissioni di Gérard Collomb] e della ministra della giustizia [Nicole Belloubet, la quale ha preso il posto di François Bayrou]. Questo è ciò che stanno facendo per intimidire e spaventare. Domani vedrete, troveranno una scusa, una qualche ragione, per sbattermi in galera, come hanno fatto con Lula, come fanno con tutti: questa è la loro `nuova’ tecnica”.

Infine, Mélenchon si rivolge direttamente alla neo-ministra della giustizia, Nicole Belloubet, con un passato nel Partito Socialista: “Signora Belloubet, sei orgogliosa di quello che stai facendo? Hai dimenticato tutto: chi sei tu, chi sono io, non hai più dignità? Quello che stai affronti è una forza politica, non una persona isolata. Ve lo faremo pagare politicamente”.

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17 ottobre 2018

 

La democrazia in Francia: fine di un illusione

di Giacomo Marchetti

Potere Al Popolo Genova

 

La provocazione politica ordita ieri contro Jean Luc Mélenchon e la France Insoumise, ma con ogni probabilità preparata da tempo, rischia di divenire un gigantesco boomerang per Macron.

Ad un anno e mezzo dall’inizio della sua elezione come presidente e dell’affermazione di En Marche! si trova ai suoi minimi storici di consenso secondo i sondaggi, avendo fallito tra l’altro nei suoi obiettivi dichiarati di “moralizzare” la vita politica e di nominare un governo “che duri”.

Il presidente dei ricchi ha visto scoppiare numerosi scandali che hanno coinvolto il suo più stretto entourage, ha conosciuto numerose defezioni tra i suoi fedelissimi e le persone “più popolari” del suo staff governativo, ha dovuto procedere a numerosi “rimpasti” di cui l’ultimo realizzato proprio ieri, ormai avendo palesemente esaurito le risorse umane che aveva a disposizione.

Oltre a questo, si ritrova di nuovo le piazze piene per contrastare le scelte da lui operate, come è avvenuto il 9 ottobre o a più riprese di recente sulla questione ambientale, dopo le dimissioni del suo ministro per la transizione ecologica.

Sul piano internazionale, il rilancio dell’asse franco-tedesco si era già arenato lo scorso anno a causa delle difficoltà incontrate dalla “GroKo”  in Germania (Grosse Koalition tra Cdu e Spd); problemi tutt’altro che risolti come dimostrano le recenti elezioni in Bavaria che hanno fortemente penalizzato due tra le formazioni principali che la compongono.

Allo stesso tempo il suo tentativo esportare il modello En Marche! per le prossime elezioni europee, cambiando le geografie degli schieramenti così come era riuscito a fare nell’Esagono, è fallito anche a causa della mancanza una solida base impiantata a Bruxelles.

Di fronte a questo isolamento all’interno e all’esterno, il movimento guidato da Jean-Luc Mélenchon aveva apertamente lanciato la sfida, questa fine estate, al proprio meeting di Marsiglia, in cui veniva specificata la strategia di trasformare le prossime elezioni europee in un referendum contro Macron e contro le sue “politiche fotocopia” imposte dall’Unione Europea.

E proprio lunedì Mélenchon ribadiva che era “pronto” a governare, sicuro della scossa tellurica che verrà data dalle urne a Macron il maggio prossimo…

In questo contesto proprio la France Insoumise si stava affermando come polo in grado di coagulare all’interno di un rinnovato “Fronte Popolare” un arco di forze abbastanza trasversale e soprattutto di catalizzare l’interesse di quel blocco sociale tradizionalmente “escluso” dai meccanismi della rappresentanza, come gli abitanti dei quartieri popolari oggetto di una campagna mirata; la proposta di un “contre-budget” per l’anno prossimo raccoglieva le istanze di questo blocco trasformandole in programma di governo insieme alla questione ecologica, divenuta sempre più perno della proposta degli insoumis.

Quindi la scelta dei tempi per questo colpo di teatro – da parte di Macron – era stata perfetta, tesa a screditare ed intimidire prima che FI preparasse al meglio la “spallata” per le europee.

Un giorno dopo l’esposizione al pubblico del documento di programmazione economica alternativo proposto dalla France Insoumise, in contrapposizione a quello della maggioranza del leader di LREM – il “contre-budget” appunto –; pochi giorni dopo l’uscita dell’eurodeputato Maurel e della senatrice Lienemandal dal Partito Socialista per convergere su France Insoumise; e dopo la decisione di Jean-Luc Laurent del Mouvement Républicain et citoyen di partecipare alla ricerca di una lista comune con la FI (una scelta che Maurel, in una intervista a “Le Monde” di sabato 13 ottobre, dichiara sarà seguita da centinaia di quadri e di eletti locali nelle fila del PS) scatta la “rappresaglia” per i successi politici ottenuti.

Successi ormai in grado di proiettare una alternativa come possibilità concreta, mentre il PCF appare ormai ripiegato su sé stesso dentro una cornice identitaria senza sbocchi, e il movimento Génération.s di Benoit Hamon non è decollato e il Partito Socialista resta in crisi cronica, amputato della sua ala sinistra.

Ma la determinazione di Mélenchon e degli altri dirigenti nel saper respingere questa provocazione, denunciandone i connotati politici sotto il pretesto di due inchieste giudiziarie (i Pm, in Francia, dipendono dal governo, non sono “indipendenti”), rischiano di mandare in tilt la strategia macroniana, rendendo evidente ai più questo maldestro tentativo di liberarsi del suo più temibile avversario e ridurre il consenso di cui gode.

Il leader di France insoumise è un avversario che peraltro ha ispirato un arco di forze europee non proprio gradite alle oligarchie continentali, il cui interesse per le politiche ha travalicato la Manica durante il festival politico collaterale all’ultimo congresso dei neo-laburisti di Corbyn.

C’è da chiedersi: una rappresentanza politica che ha guidato il processo d’integrazione europea, ora in forte crisi, e che sembrava aver trovato in Macron il suo enfant prodige per dare nuova linfa al progetto, quando può sopportare di vedersi tra i piedi un Mélenchon? 

La FI di fronte all’intimidazioni ha saputo reagire e chiamare all’appello i propri militanti, per difendere e “riprendersi” le sedi perquisite sia di FI che del Partie de Gauche (in Francia, a quanto pare, i partiti di sinistra sanno come stare in un movimento più ampio…), mostrando lo stato dell’arte della democrazia in mano a Macron.

Di fronte alla pressante richiesta di spiegazioni rispetto al ruolo del suo pretoriano Benalla, coinvolto nel pestaggio di alcuni manifestanti durante la mobilitazione del Primo Maggio, insieme ad uno stipendiato di LREM, Macron aveva detto con spocchia: “che mi vengano a cercare”.

“Lo Stato sono io”, in pratica.

Non c’è migliore rappresentazione plastica delle immagini che sono apparse durante tutta la giornata di “contrapposizione” tra deputati con la fascia tricolore che gridavano “Resistenza, Resistenza” e che più volte hanno sfiorato la bagarre con le forze dell’ordine che occupavano le sedi, per simboleggiare non solo la fine definitiva della narrazione macroniana, ma la crisi definitiva del presidenzialismo della Quinta Repubblica, che è ormai una monarchia repubblicana in cui un autocrate risponde solo a se stesso e coltiva spudoratamente i propri affari.

Lo stato d’eccezione permanente da ieri è attuato non solo per gli abitanti delle periferie, per i contesti di resistenza territoriale o di combattività operaia, o le “ex” colonie, ma per l’opposizione istituzionale tout court.

Vi ricordate le parole dell’Odio di Kassovitz girato a metà anni Novanta?

Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio…

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