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6 giugno 2018

 

Un governo politico

di Pino Cabras

 

È bastato fare un governo che rompesse gli schemi

 

Il nuovo presidente del Consiglio è il punto di equilibrio di una situazione politica inedita e delicata. I suoi oppositori nella società italiana (sia quelli in buona fede sia quelli in malafede) hanno combattuto con veemenza una battaglia aspra per imporre nel discorso pubblico la loro interpretazione di questa novità: hanno ridotto l’immagine del governo Conte ai propri timori politici peggiori, dallo spread al nazionalismo al fascismo all'attacco ai diritti civili. Il discorso di Giuseppe Conte al Senato non ha lasciato margini a nessuna di queste paure artificiali e ha invece chiarito le vere novità che contano, e che sono viceversa sfuggite a chi ha perso tempo a fare un grottesco ritratto horror di un governo perfettamente costituzionale.

 

Ai più attenti non è sfuggito che in nemmeno una settimana si è totalmente rovesciato il messaggio dei padroni del discorso europeo, gli stessi che da decenni godevano a conficcare le banderillas dell'austerity sulle nostre schiene. I giornaloni italioti e le TV nostrane non se ne sono accorti, ma le personalità che in Europa contano davvero si sono quasi tutte scatenate a fare autocritica rispetto all’Italia, a rimangiarsi ogni rigidità, a dire che si devono togliere i ceppi all'economia italiana, a promettere flessibilità per gli investimenti e per la gestione dei flussi migratori. Hanno capito che si è rotto il blocco di interessi che poteva consentire uno scenario greco per il grosso boccone italiano.

 

Tutto quello che per venticinque anni ritenevano impossibile ora lo ritengono possibile.


È bastato fare un governo che rompesse gli schemi, che rivendicasse orgogliosamente, come nelle parole di Conte, una «cesura con le prassi istituzionali che sin qui hanno accompagnato la storia repubblicana, quasi un attentato alle convenzioni non scritte che hanno caratterizzato l’ordinario percorso istituzionale del nostro Paese». Cioè hanno capito che qui si fa sul serio, che c’è un governo politico che ha trovato un equilibrio perfino con i migliori servitori pubblici dello Stato Profondo, mentre tanti presunti antifascisti sono inchiodati al loro paradossale ruolo di Quisling dell'austerity, subito pronti a votare un Monti o un Cottarelli o un qualsiasi altro vicevampiro, e non hanno più la forza di un tempo, non riescono più a vendere intere generazioni a potentati che si comportano come potenze occupanti.

 

Come un disco rotto, Mario Monti è rimasto ad annunciare i lugubri voli degli avvoltoi della trojka.

Ma l’aria è cambiata davvero, e ora può ritornare la politica economica, con un ristoro dei diritti sociali e un ruolo attivo della Repubblica italiana nello scacchiere mediterraneo.

 

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