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18/10/2018

 

Il silenzio di Lemlem. Divisa dal compagno, Mimmo Lucano

By Luciana Matarese

 

"Scossa, frastornata" dagli eventi, dal clamore e dalle maldicenze. Dall'Etiopia a Lampedusa, la morte della sorella in mare, la nuova vita in Calabria

 

Lemlem Tesfahun non parla. Inutile contattare il suo avvocato, chiedere l'intercessione di amici e conoscenti. Ripetono tutti che è "spaventata, scossa, frastornata, anche se sì, adesso è un po' più contenta". Certo, ora potrà tornare a Riace e dovrà restarci perché il Tribunale del Riesame ha disposto l'obbligo di firma, ma non troverà ad aspettarla il suo compagno, il sindaco sospeso Mimmo Lucano, che non è più ai domiciliari ma ha il divieto di dimora nel suo, nel loro, paese.

E così, mentre Mimì, ormai fuori da Riace, ha deciso "di andare in giro", lei, Lemlem si sforza di non cedere alla disperazione. Il suo confino, per ora, ha scelto di viverlo in silenzio. Con lei pochi amici e i due figli, una ragazza e un ragazzo, le sue radici, le sue ali dispiegate sul futuro. È soprattutto loro che vuole proteggere, difenderli dal clamore che sta sollevando il caso Riace da quando, il 2 ottobre, è stato arrestato Lucano e lei si è ritrovata catapultata al centro della scena. Ha trentasei anni, è cittadina italiana, con Mimì Capatosta condivide anche passione e impegno per quell'esperienza di accoglienza dei migranti che è diventata "il modello Riace" e come lui è accusata di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Chi le è rimasto accanto in questi giorni racconta del pianto liberatorio al quale si è abbandonata due giorni fa, dopo aver superato il blocco di microfoni, taccuini e telecamere - "per un soffio non l'hanno fatta cadere", racconta un testimone - all'uscita del Tribunale. Gli occhiali da sole a coprire lo sguardo, la bocca serrata in una smorfia di dolore. Neanche una parola. Pure davanti ai giudici ha pianto, dicono, e ha ripetuto che no, non è vero che avrebbe tentato di far entrare illegalmente in Italia un suo presunto conoscente - di questo l'accusano - combinando un falso matrimonio con documenti che le avrebbe fornito Lucano. La sua Africa, gli affetti lasciati di là dal Grande Mare, chissà se Lemlem ci pensa, come tutti quelli che, partendo, lasciano nella propria terra un pezzo di cuore.

Aveva una sorella: erano salite sul barcone che le avrebbe portate a Lampedusa ma annegò durante la traversata, sotto i suoi occhi. Contavano l'una sull'altra, avevano deciso di andare via per cercare insieme il futuro che l'Africa non era in grado di offrire, né a loro né ai figli, ma l'Italia forse sì. Lemlem è sbarcata sull'isola che i siciliani e tanti migranti che vi arrivano chiamano "Mpidusa" più di dieci anni fa, ha lavorato tanto per assicurare ai suoi bambini, nel frattempo cresciuti, una vita dignitosa e a Riace pensava di aver dato forma al sogno, coronato dall'incontro con quell'uomo, Mimì Lucano, noto anche per la "capatosta". La testa dura, la determinazione che - dice chi la conosce bene - appartiene anche a lei. Le attribuiscono un carattere risoluto, la fermezza di chi va avanti per la sua strada, e non è che non li nota, e non è che non li riconosce gli sguardi obliqui, non sente le chiacchiere e gli inciuci di paese coi quali, inevitabilmente, chi arriva da un altro posto, è donna, sola con due figli e la pelle di un altro colore, si trova a dover fare i conti. Riace è accogliente e solidale, Lemlem è stimata e apprezzata, ma anche avversata. Quando è esplosa l'inchiesta della magistratura che l'ha colpita, col sindaco e il modello di integrazione famoso nel mondo, c'è stato chi ha dichiarato, senza mezzi termini: "La compagna decideva di tutto. È una persona cattiva, comandava su tutti. Passava e le dicevi buongiorno e non rispondeva mai perché era la signora famosa".

Per Chiara Sasso, del coordinamento nazionale dell'associazione "Rete dei Comuni Solidali" - che sostiene il progetto Riace dal 2004 - scrittrice e dal 31 agosto cittadina onoraria del paese calabrese, Lemlem è un "capro espiatorio. Su di lei - fa notare - si sono scatenati pregiudizi vecchi come il mondo e grazie al fatto che non ha mai abbassato la testa, che anzi, sottolinea la sua autonomia, alza la testa e si dimostra bella e orgogliosa viene presa di mira dall'ignoranza. Pare sia colpa sua di tutto quanto è accaduto e accade. Viene segnalata come "compagna del sindaco" e tanto basta per far aumentare la diffidenza, l'antipatia, le critiche". Sasso fa riferimento anche all'impegno di Lemlem nel progetto di integrazione per i migranti, "Città futura". "Maneggia soldi prelevati all'ufficio postale per conto dell'associazione ed è immediatamente segnalata come sospetta di strane manovre - scandisce - A lei viene contestato il tentativo di un matrimonio con un presunto fratello in Eritrea per avere un ricongiungimento familiare, cosa poi non effettuata.

 

In lacrime e con il pugno chiuso

 

È l'unica alla quale viene disposto il divieto di dimora a casa sua e nei giorni dei fulmini abbattutisi su Riace, cerca un albergo, poi una casa. Ma il clamore delle notizie sui Tg e sulla stampa ha prodotto un effetto deflagrante. Una dopo l'altra le porte si chiudono. Si attivano i progetti di accoglienza della zona, ma non possono inserirla, perché non risulta nella famosa "banca dati". Con due giorni di ritardo finalmente si mette a fuoco il problema e sono molte le persone che si muovono per trovarle finalmente un alloggio a lei e ai due figli sballottati, impauriti, increduli. A noi rimane la tristezza". A Lemlem il silenzio.

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