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16/07/2018

 

"Presidente, ma Lei a chi crede?"

By Umberto De Giovannangeli

 

La domanda del reporter Ap sul Russiagate squarcia la conferenza stampa post-incontro. E svela l'inimmaginabile: il presidente americano crede a Putin e non ai propri servizi. L'idillio è totale. E sui dossier caldi i due siglano la non belligeranza

 

"Presidente, ma Lei a chi crede?". La domanda dell'inviato dell'Associated Press è la chiave per leggere il "vertice dei cadeau" andato in scena a Helsinki. A chi crede, presidente Trump, sul Russiagate? A cinque agenzie investigative Usa, in primis Fbi e Cia, che hanno pesantemente chiamato in causa la Russia e l'uomo che oggi le è a fianco, o crede nelle rassicurazioni che Vladimir Putin, presidente-padrone della Federazione Russa le ha anche oggi ribadito? The Donald è un grande incassatore. Para la botta e sceglie a chi dar retta: non alle "infide" agenzie americane, ma a "zar Vladimir". Il presidente Usa dice di avere discusso a lungo delle elezioni e del "Russiagate", ricevendo una interessante spiegazione da Putin. Spiegazione che deve aver rafforzato la già granitica convinzione che The Donald sintetizza così da Helsinki: "Il Russiagate? Una farsa". Per poi articolare meglio la questione: "Ho preferito parlare di persona molto francamente con Putin" delle ingerenze russe sul voto Usa, dice Trump. "Era meglio consegnare il messaggio di persona. Ne abbiamo parlato davvero a lungo e Putin ha molto a cuore questo argomento". "Non ci sono mai state interferenze russe sul voto Usa", scandisce il capo del Cremlino. Gli fa eco, qualche minuto dopo, Trump: "Io ho battuto onestamente Hillary Clinton".

 

Parole che non hanno trovato d'accordo il direttore dell'intelligence nazionale Usa, Dan Coats secondo il quale la valutazione dell'intelligence americana è chiara e la Russia ha interferito con le elezioni presidenziali del 2016. 

 

Ecco, il "patto di Helsinki" si fonda su questo: io do una cosa a te, tu dai una cosa a me. Putin offre a Trump una sponda rassicurante sul Russiagate, mentre Trump offre a Putin lo "scalpo" dell'Europa. Uno scambio che scatena in tempo reale reazioni indignate negli Usa. E non tra i "liberal" o i "socialisti" amici di Bernie Sanders. . "Mai pensato che avrei visto il giorno in cui il nostro presidente al presidente russo incolpa gli Stati Uniti per una aggressione russa. E' vergognoso", scrive su Twitter il senatore repubblicano Jeff Flake, noto critico del presidente Trump. Graham definisce quella di The Donald in conferenza stampa con Putin una "opportunità persa, per affrontare la Russia sulle sue responsabilità circa le interferenze nel 2016 e lanciare un duro monito riguardo le future elezioni". E ancora: "Questa risposta del presidente Trump verrà visto come un segno di debolezza e creerà più problemi di quanti ne risolverà".

 

Grandina sul presidente Usa. "Avete visto forse una delle più vergognose performance da parte di un presidente americano di fronte a un leader russo, certamente tra quelle che ho visto. Una conferenza stampa straordinari", commenta a caldo Anderson Cooper, fra gli anchor di punta della Cnn, alla conclusione della conferenza stampa dei due Presidenti. Non basta. L'ex direttore della Cia John Brennan definisce la conferenza stampa di Helsinki "niente meno che sovversiva". E se non fosse già chiaro, Brennan rincara la dose: "Non solo i commenti di Trump sono imbecilli, è totalmente nella tasca di Putin. Patrioti repubblicani: dove siete?", si legge nel tweet dell'ex capo della Cia. Sugli altri dossier, tante parole, rassicuranti, ma nella sostanza le posizioni non è che convergano, anzi: sull'Iran, sulla Crimea, sulla corsa agli armamenti...Donald lo "smantellatore", Vladimir "l'autocrate-garante" di un patto tra sovranisti. Il vertice di Helsinki tra Donald Trump e Vladimir Putin ha un valore storico non per quello che i due Presidenti hanno detto in conferenza stampa o discusso in un incontro, nella prima fase rigorosamente a due (con l'aggiunta degli interpreti) e successivamente aperto alle rispettive per un pranzo di lavoro nella Sala degli Specchi.

 

La portata del summit in terra finlandese, è storica perché si iscrive nell'epoca della post verità, dove la narrazione è più importante della realtà, e la realtà è la percezione. E così, dopo aver smantellato il G7 in Canada, marginalizzato, al di là delle dichiarazioni di facciata, la Nato a Bruxelles e umiliato l'Ue ("E' il nemico degli Stati Uniti", sentenzia il capo della Casa Bianca), The Donald ha smantellato la costruzione narrativa posta in essere dopo gli anni di Eltsin, di un Nemico che sostituisse l'Urss, garantendo così il perpetuare dell'Alleanza Atlantica: la Russia di Vladimir Putin. Sia chiaro: a Helsinki non è stato celebrato un "matrimonio di amore", ma un "patto tra sovranisti", questo sì, ed è un "patto" destinato a pesare, a cominciare dalla guerra in Siria, ma che è destinato a estendersi su altri scenari e dossier scottanti: l'Ucraina, l'Iran, la Corea del Nord, la corsa agli armamenti, la lotta al terrorismo jihadista, fino al Russiagate.

 

A Helsinki, Trump arriva con la sua narrazione. Spregiudicata quanto pervasiva. "Il nostro rapporto con la Russia non è mai stato peggiore, grazie a molti anni di follia e stupidità degli Stati Uniti e ora, la caccia alle streghe!", è la riflessione che l'inquilino della Casa Bianca condensa su Twitter, a poche ore dal summit. Trump si accredita come il "salvatore" della Nato e incontrando il presidente finlandese Sauli Niinistö, appena arrivato a Helsinki, dichiara che "la Nato non è mai stata così forte come oggi". La realtà dice altro, ma questo a The Donald importa poco o niente. L'importante è il messaggio lanciato ai sostenitori del suo "America first": del competitore russo c'è da diffidare, ma molto meno di quanto dobbiamo esserlo verso gli Europei doppiogiochisti e, soprattutto, del Dragone cinese con cui il "generale Trump" è impegnato nella "guerra dei dazi".

Entrando ai colloqui, location la Gothic Hall del super blindato palazzo presidenziale, con fuori le proteste di Femen e Greenpeace, se la cava con un algido "E' ora di parlare delle nostre relazioni. Ci sono molte questioni multilaterali nel mondo da affrontare". "E' bello essere qui con te", replica, con più calore, The Donald, stringendogli la mano. E Putin di rimando: "I nostri contatti continuano costantemente, abbiamo parlato al telefono, ci siamo visti a margine di diversi eventi internazionali. Ma certamente è arrivata l'ora di parlare in maniera particolareggiata dei nostri rapporti bilaterali e dei punti nevralgici internazionali, ce ne sono parecchi". Le posture, le pause, i sorrisi, gli ammiccamenti- Trump che fa l'occhiolino a Putin, Putin che risponde aprendo le braccia - dicono di più delle parole, spesso di circostanza, e danno conto di un clima di cordialità, lontano anni luce dalle frecciate e dagli sguardi velenosi registratisi al vertice Nato.

 

Dura oltre due ore il faccia a faccia tra Presidenti, e la durata, non prevista, è già di per sé un indicatore d'importanza. "Credo sia un buon inizio, un inizio molto buono", annota Trump a conclusione. E in conferenza stampa congiunta, è Putin a fargli eco: "Dobbiamo lasciare dietro le spalle questo clima da guerra fredda, non c'è bisogno dello scontro, la situazione è cambiata, bisogna affrontare le sfide comuni, il terrorismo sempre in crescita e il crimine internazionale, per non parlare dei problemi economici e ambientali", dice il presidente russo. "I negoziati di oggi sono stati cruciali per frenare la proliferazione delle armi nucleari", aggiunge Putin, sicuro che i due Paesi continueranno la cooperazione nel campo del disarmo. Il feeling sembra essere totale. "I negoziati con Donald Trump hanno avuto luogo in un'atmosfera franca, amichevole. Credo sia stato un round davvero proficuo", rimarca ancora il capo del Cremlino, aprendo a una collaborazione con gli Usa sulla Siria, ribadendo che il suo Paese non ha mai messo in atto ingerenze nel voto, sottolineando l'importanza delle relazioni economiche. "Le nostre relazioni stanno cambiando in meglio da circa 4 ore - ha aggiunto Trump - corro un rischio politico per salvare la pace".

Da parte di Putin l'assicurazione che "la Russia è pronta a mantenere il transito del suo gas attraverso l'Ucraina" anche dopo la costruzione del gasdotto Nord Stream 2. La Russia, ha continuato Putin, ha anche assicurato l'America che è pronta a "estendere i contratti di transito" del gas in Ucraina, in scadenza nel 2019. Ma tra gli "errori", non precisati, evocati da Trump, non c'è, per Mosca, la "riconquista" della Crimea. Su questo, Putin è tranchant: per la Russia la questione della Crimea è "chiusa" perché l'annessione è avvenuta in seguito ad "un referendum conforme alla legge". Per Trump non è proprio così. Quest'ultimo, ha aggiunto il capo del Cremlino, ha invece ribadito che per lui l'annessione è "illegale". Ma non sarà la Crimea a guastare il feeling. E così, ecco "zar Vladimir" regalare a The Donald il pallone dei Mondiali: "Gli do la palla in modo che sia nel suo campo...".

Il sipario si chiude. I "regali" spartiti. Ma quel "Presidente, ma Lei a chi crede?" accompagnerà Donald Trump nel suo viaggio di ritorno a Washington. Un ritorno avvelenato.

 

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