Bosque Primario

Information Clearing House

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5 settembre 2018

 

La difesa armata del Dollaro

di Pepe Escobar

traduzione Bosque Primario

 

Il rial iraniano: sarà un caso.   – La lira turca: sarà un caso. – Il peso argentino: sarà un caso. – Il real brasiliano: sarà un altro caso. Ci sono tanti fattori complessi, e tanti attori simili che stanno giocando in questa landa selvaggia di valute che stanno crollando. Il caso della Turchia è stato fortemente influenzato dalla bolla del credito facile creato dalle banche europee. Il problema dell’Argentina è dovuto principalmente all’austerità neoliberista del governo del presidente Mauricio Macri che ha ammesso che non sarà in grado di raggiungere gli obiettivi di pagamento concordati con il Fondo Monetario Internazionale meno di tre mesi fa.

Per l’Iran è effetto delle dure sanzioni USA, imposte dopo il ritiro unilaterale dell’amministrazione Trump dall’accordo nucleare iraniano. Il Brasile deve vedersela con quello che la Dea del Mercato considera un anatema: la vittoria di un Lula-incarcerato (l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva) o di un suo candidato alle elezioni presidenziali del prossimo ottobre.

Si tratta di una grave crisi valutaria che colpisce i principali mercati emergenti. Tre di questi – Brasile, Argentina e Turchia – sono membri del G20 e l’Iran, in assenza di pressioni esterne, avrebbe tutti i requisiti per diventarlo.  Due – Iran e Turchia – sono attualmente soggetti a sanzioni degli Stati Uniti, mentre gli altri due, almeno per il momento, gravitano fermamente all’interno dell’orbita di Washington.

Ora, confrontiamo queste valute con quelle valute che stanno guadagnando contro il dollaro USA: la grivna ucraina, il lari georgiano e il peso colombiano. Non sono esattamente i pesi massimi del G20 – ma sono tutti paesi sotto l’influenza di Washington.

Ecco l’asse dell’oro

Analisti indipendenti dalla Russia alla Turchia e dal Brasile all’Iran sono tutti d’accordo sul fatto che il fattore che più ha determinato le attuali crisi valutarie è il ribaltamento della politica del  quantitative easing (QE) della Federal Reserve USA.

Come ha osservato Jim Rickards, Investment Banker e Risk Manager, il QE per tutti i suoi scopi pratici – la stampa indiscriminata di  dollari USA su una scala da mille miliardi di dollari – ha rappresentato una dichiarazione di guerra valutaria della FED contro l’intero pianeta, facendo in modo che il debito USA, in  continuo aumento,  si svalutasse, rimborsando così i creditori esteri con dollari americani meno cari.

Ora, la FED ha drasticamente invertito rotta ed si è convertita al Quantitative Tightening (QT).

Niente più dollari contanti che inondano i mercati emergenti come Turchia, Brasile, Argentina, Indonesia o India. I tassi di interesse USA sono in aumento. La FED ha smesso di comprare nuove obbligazioni. Il Tesoro degli Stati Uniti sta emettendo nuovi Bond a debito. Quindi il QT, combinato con una guerra commerciale globale, mirata contro i principali mercati emergenti, enuncia la nuova normalità: la  difesa armata del US dollar.

Non c’è da meravigliarsi che Russia, Cina, Turchia, Iran – quasi tutti i principali attori regionali coinvolti nell’integrazione Eurasia – stiano acquistando oro con l’obiettivo di uscire progressivamente dall’egemonia del dollaro USA. Per usare le stesse parole coniate da JP Morgan oltre un secolo fa, “L’oro è denaro. Tutto il resto è credito. “

Tuttavia, tutta questa guerra valutaria non riguarda l’oro: riguarda il dollaro USA. Anche se il dollaro americano ora è come un imperscrutabile essere che viene dallo spazio, appeso ad una poderosa leva finanziaria: una galassia di subdoli derivati – lo schema di stampa  del QE – e nessuno riconosce la vera importanza dell’oro.

E questo che sta per cambiare: Russia e Cina stanno investendo fortemente in oro. La Russia ha scaricato in blocco tutti i suoi buoni del tesoro USA. E quanto i BRICS avevano discusso nei primi anni del 2000, ora comincia a muoversi; la preparazione di un sistema di pagamento alternativo allo SWIFT-asservito-al-dollaro USA.

Sembra che la Germania si stia avvicinando a questa idea. Se dovesse accadere, forse potrebbe aprirsi una strada per ridefinire geopoliticamente l’Europa, ridefinendo la sua indipendenza militare e strategica.

Quando e se ciò accadrà, probabilmente durante il prossimo decennio, la politica estera USA che oggi  si impone con una valanga di sanzioni, domani potrebbe essere efficacemente neutralizzata.

Sarà un affare complesso e ci vorrà tempo – ma già si possono vedere alcuni elementi, come in Cina dove si utilizza il mercato USA per far emergere una più ampia piattaforma di trasferimenti. Dopo tutto, i principali mercati emergenti non potrebbero uscire dal sistema del dollaro USA senza una loro piena convertibilità con lo yuan.

E poi ci sono dei paesi che stanno pensando a creare una propria cripto-valuta. La finanza digitale è la strada da percorrere. Certe nazioni, per esempio, potrebbero utilizzare una cripto-valuta chiamata DSP (diritti speciali di prelievo) – che è, in pratica, il denaro mondiale che usa il FMI o potrebbero sostenere le loro nuove valute digitali con l’oro.

Il Venezuela impantanato e in mezzo alla crisi, per lo meno sta indicando la via. La scorsa settimana ha cominciato a circolare il “bolivar sovrano” – ancorato a una nuova cripto-valuta, il petro, che vale 3.600 bolivar sovrani.

La nuova cripto-valuta sta già ponendo una domanda affascinante: “Il PETRO costituisce una vendita anticipata di petrolio o un debito estero supportato dal petrolio?” Dopotutto, i membri del BRICS stanno comprando una grossa fetta dei 100 milioni di petro – sicuri di poter contare su una riserva di fiammelle notevole , il blocco di Ayacucho dell’Orinoco Oil Belt.

L’economista venezuelano Tony Boza lo ha detto chiaro quando ha parlato dell’ancoraggio tra il petrolio e i prezzi internazionali del petrolio: “Noi non vogliamo che il valore della nostra valuta sia stabilito da un sito web, sarà il mercato del petrolio a determinarlo”.

 

Una cripto-valuta persiana?

E questo ci porta alla domanda chiave della guerra economica americana sull’Iran. I commercianti del Golfo Persico sono virtualmente unanimi: il mercato globale del petrolio si sta contraendo, in fretta, e nei prossimi due mesi comincerà a scarseggiare.

Le esportazioni di petrolio iraniane dovrebbero scendere a poco più di 2 milioni di barili al giorno ad agosto, verso un picco di 3,1 milioni di barili al giorno di aprile. Sembra che molti attori si siano adeguati anche prima dell’arrivo delle sanzioni petrolifere di Trump.

Sembra anche che l’umore a Teheran sia “sopravviveremo”, ma non è proprio chiaro se la leadership iraniana sia veramente consapevole della natura della tempesta che sta per arrivare.

L’ultimo rapporto di Oxford Economics sembra molto realistico: “Ci aspettiamo che le sanzioni riportino l’economia in recessione, con la previsione del PIL in calo al 3,7% per il 2019, la peggiore performance in sei anni e per il 2020 si prevede una crescita dello 0,5%, con una modesta ripresa dei consumi privati e delle esportazioni nette. “

Gli autori del rapporto, Mohamed Bardastani e Maya Senussi, affermano che “gli altri firmatari dell’accordo originale [il JCPOA e particolarmente la UE-3] non hanno ancora definito una chiara strategia che consentirebbe loro di aggirare le sanzioni USA e di continuare a importare il Petrolio dall’Iran”.

Il rapporto ammette anche una cosa ovvia: non ci sarà nessuna pressione interna in Iran per il cambio di regime (questo sta solo nella fantasia deformata dei neocon USA) mentre “sia i riformatori che i conservatori sono uniti nello sfidare le sanzioni”.

Ma sfidarle in che modo? Teheran non ha ancora sviluppato una roadmap win-win in grado di essere proposta a chiunque – dai membri del JCPOA agli importatori di energia come Giappone, Corea del Sud e Turchia, cosa che effettivamente rappresenterebbe la vera integrazione dell’Eurasia. Sentire l’ayatollah Khamenei  dire che l’Iran è  pronto a uscire dal JCPOA non basta.

Non potrebbe pensare anche lui a una criptovaluta persiana?


Pepe Escobar  è corrispondente di  Asia Times. Il suo ultimo libro è  2030.  Seguitelo su Facebook

 


Fonte: http://www.informationclearinghouse.info

Link:  http://www.informationclearinghouse.info/50172.htm 

2.09.2018

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