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23 novembre 2018  

 

L’asse della resistenza manda in frantumi la “strategia del caos” di Washington e mette in crisi l’ordine globale Usa

di Luciano Lago

 

L’ultima fase degli avvenimenti sul campo di battaglia in Siria, con l’annientamento ormai definitivo dei gruppi terroristi armati ed appoggiati da USA ed Arabia Saudita, con la realizzazione di uno scudo difensivo fornito dai russi (missili S-300) che impedisce al Israele di continuare i suoi attacchi contro il territorio siriano, hanno messo allo scoperto la sconfitta definitiva dei patrocinatori del terrorismo islamista e soprattutto il fallimento del piano di smembramento della Siria (piano di balcanizzazione) concepito dagli strateghi di USA e di Israele già diversi anni prima, in funzione degli interessi di Israele e dell’egemonia USA sul Medio Oriente.

Tale sconfitta non è soltanto la più significativa degli ultimi 30 ani ma rappresenta anche il fallimento del tentativo di Washington di imporre il suo “Ordine Globale” nella regione strategica del Medio Oriente.

Un fallimento che risulta ancora più cocente considerando tutti i tentativi e le enormi risorse spese da Washington per la destabilizzazione della Siria e la realizzazione del califfato sunnita, patrocinato dall’Arabia Saudita, che veniva descritta nei documenti della DIA come una “risorsa strategica” per gli USA.

Un piccolo paese con la sua ostinata ed inaspettata resistenza, con l’aiuto fraterno dei suoi alleati, Hezbollah e l’Iran ( e la Russia in ultimo), ha mandato a monte il piano strategico di Washington ed ha creato effetti a catena nella regione dove gli USA hanno perso credibilità e prestigio anche di fronte ai loro vecchi alleati (Turchia in primis).

Tutto questo avviene mentre la vittoria in Siria ha determinato due importanti effetti:

1) l’avvento sullo scenario internazionale della Russia come nuovo protagonista indiscusso e nuova potenza stabilizzatrice;

2) la creazione di un Asse della Resistenza costituito da Siria-Iran-Hezbollah (a cui si è unito anche l’Iraq ) che costituisce una spina nel fianco per i progetti della triade USA-Israele-Arabia Saudita.

Dovrà iniziare adesso una nuova fase della crisi siriana che dovrebbe essere quella della ricostruzione del paese a cui è interessata anche la Cina nei suoi progetti di sviluppo per il corridoio dal Medio Oriente all’Asia.

Il tentativo del presidente Trump e della elite di potere di Washington di assediare l’Iran con le sanzioni ed il blocco del suo petrolio è di fatto una reazione alla sconfitta subita ed è un tentativo destinato all’insuccesso come si preannuncia dal rifiuto dei grandi paesi del mondo (Cina, India in primis) di sottostare alle direttive e minacce che provengono dall’Amministarzione Trump, che agisce su imput di Israele.

Importante constatare che questa guerra è stata persa dall’imperialismo USA nonostante il massiccio utilizzo della propaganda e della falsificazione sistematica delle notizie.

Le guerre neocoloniali ed imperialiste condotte dagli USA fanno un abbondante utilizzo delle menzogne facendo leva sulla egemonia informativa del loro apparato mediatico; le elite che detengono il potere da molto tempo hanno realizzato il controllo dei mezzi di informazione o meglio disinformazione. I giornalisti al servizio del potere sono dei reparti, particolarmente specializzati, degli eserciti neocoloniali che aiutano i governi ad ottenere il consenso necessario per condurre nuove crociate imperialiste. I media sono a tutti gli effetti una arma da guerra per le campagne di aggressione operate dalla elite di potere di Washington e come tale vengono utilizzati.

Dall’inizio della crisi siriana, l’apparato mediatico occidentale si è mobilitato per imporre il mito della rivolta popolare, ovvero di far credere che il conflitto siriano fosse una guerra civile interna, una insurrezione “spontanea” o una sorta “primavera araba” per richiedere la “democrazia”. Tali falsificazioni adottate di frequente dai media occidentali hanno rappresentato, sotto molti aspetti, un cospicuo successo per le grandi potenze che hanno condotto una serie di operazioni di cambio-regime (tutte con pretesti fasulli ) nella regione mediorientale e del nord Africa negli ultimi quindici anni’, dall’Iraq alla Libia, alla Siria. In passato era stata fatta una operazione analoga con la ex Yugoslavia.

In Siria questa falsificazione (le così dette “primavere arabe”) non ha però funzionato come era nei piani dell’elite di Washington e di Tel Aviv. La guerra per procura contro la Siria è emersa come fatto evidente anche ai più sprovveduti telespettatori e sono eseguite ammissioni pronunciate a mezza bocca e fatte trapelare di fronte all’evidenza dei fatti.

Il progetto strategico statunitense perseguiva l’obiettivo di rovesciare il governo di Damasco e smembrare la Siria in diversi Stati su base confessionale ed etnica. Si trattava di un progetto che rientrava nel contesto del vecchio piano di “balcanizzazione del Medio Oriente” che risale agli anni ’90 e che si iniziò ad attuare con l’invasione dell’Iraq del 2003. Un progetto che peraltro è stato apertamente rivendicato dagli esponenti dell’Amministrazione Obama e di cui si trova traccia nei documenti ufficiali del Pentagono e della DIA (Defence Intelligence Agency). Vedi : Il piano degli USA per balcanizzare la Siria

L’operazione in Siria era diretta a spezzare i legami di Damasco con Teheran, favorire la realizzazione del gasdotto con il Qatar, spezzando l’unità dell’Asse della Resistenza e favorendo il nuovo assetto regionale teorizzato dagli strateghi di Israele e degli USA, progetto che prevedeva lo smembramento della Siria e dell’Iraq facedo leva sulle divisioni settarie ed etniche della regione.

Per raggiungere questo obiettivo Washington ed i suoi alleati non hanno esitato ad adottare la mistificazione delle armi chimiche utilizzate dal regime di Bashar al-Assad, una accusa ripetuta a più riprese e sempre smentita da invesitgatori indipendenti come l’investigatrice dell’ONU Carla Del Ponte la quale affermò di essere in possesso di testimonianze di vittime secondo cui i ribelli avevano utilizzato gas sarin ( BBC 2013 ). Poi, sempre in maggio, si diffuse la notizia che le forze di sicurezza turche avevano scoperto una tanica di sarin da 2 chilogrammi in una perquisizione nelle abitazioni alcuni combattenti di Jabhat al-Nusra ( RT 2013 ). In luglio la Russia annunciò di avere le prove del fatto che i ribelli producevano da soli il proprio gas sarin ( Al Jazeera 2013 )’’.

Mentre i media occidentali ripetevano per lo più le accuse di Washington, i resoconti indipendenti continuavano a smentire tale versione. I giornalisti Dale Gavlak e Yahya Ababneh pubblicarono interviste condotte direttamente con medici, abitanti della Ghoutha, combattenti ribelli e loro famigliari nella zona della Ghoutha Orientale. Molti ritenevano che gli islamisti avessero ricevuto armi chimiche tramite il campo dell’intelligence saudita, il principe Bandar bin Sultan, e che fossero gli autori dell’attacco con i gas ( Gavlak e Ababneh 2013 ).

Il veterano giornalista nordamericano Seymour Hersh intervistò agenti dell’intelligence USA, giungendo alla conclusione che le accuse di Washington riguardo agli eventi erano state inventate. Al-Nusra sarebbe dovuta essere tra i sospettati, affermò, ma l’amministrazione ( USA ) ha selezionato una per una le informazioni dell’intelligence in modo da giustificare un attacco contro Assad ( Hersh 2013 )’’. E via con altre smentite ed altre false accuse sempre ossessivamente ripetute dai giornalisti della CNN e dalle ONG pilotate dalla CIA, come Avaaz, Human Right Watch e Amnesty International, tutti autentici “cani da guardia” dell’Imperialismo USA. Vedi: “US Lied About Syrian Chemical Attack Then Bombed Them Anyway”.

La “strategia del caos” attuata da Washington e da Tel Aviv, con il supporto dell’Arabia Saudita e delle monarchie del Golfo, mirava alla creazione di uno ‘’Stato fallimentare’’, debole e frammentato (vedi la Libia post Gheddafi). l’Asse della Resistenza (Siria-Iran-Hezbollah) ha mandato all’aria questo progetto configurando un conflitto asimmetrico fra una guerra popolare e degli eserciti artificiali composti da mercenari di variegate nazionalità, molti dei quali non arabi. Superfluo dire che la posta in gioco nel conflitto siriano era altissima: sovranità nazionale della Siria o dominio neocoloniale degli USA-Israele sulla regione.

A questo conflitto sostenuto dall’Asse della Resistenza, supportato dall’intervento russo, si è unito anche l’Iraq, consapevole della posta in gioco e compartecipe nell’interesse di opporsi ai disegni di secessione e frammentazione che riguardano anche il Governo di Baghdad.

Arrivati a questo punto il fronte dei mercenari USA-Arabia Saudita ha ceduto e non è stato più in grado di riprendere l’iniziativa di fronte alla offensiva dell’Esercito siriano, di Hezbollah e delle milizie sciite irachene che hanno preso il controllo anche della frontiera Siria-Iraq-Giordania, mandando all’aria anche il piano B di Washington che intendeva utilizzare i curdi come esercito di terra da contrapporre all’Asse della Resistenza per indebolite le forze di Damasco e di Hezbollah.

Quest’ultima mossa azzardata di Washington di fare leva sulle legittime aspirazioni curde per utilizzare l’indipendentismo curdo come una ariete contro i governi di Siria-Iran-Iraq è clamorosamente fallita sia per il deciso intervento iracheno nel Kurdistan sia per la discesa in campo della Turchia che si è frapposta al progetto di una entità curda alle sue frontiere.

Tuttavia, come molti si aspettavano, l’elite di potere USA e i governi di Rijad e di Tel Aviv non si sono rassegnati alla sconfitta ed attualmente cercano, come ultima ratio, di utilizzare una doppia strategia:

1) quella di giocarsi la carta libanese creando la “provocazione” in Libano in modo da far nuovamente scoppiare una guerra civile nel paese dei cedri per indebolire Hezbollah e favorire il pretesto per una nuova invasione del Libano da parte di Israele, mirata questa volta a distruggere Hezbollah e la presenza dei suoi collegamenti militari con l’Iran alle frontiere di Israele. Chiaro il progetto di colpire alle spalle l’asse della Resistenza.

Tuttavia il progetto non aveva calcolato l’ultima mossa di Mosca che, con l’installazione delle batterie di missili S-300 in Siria ( con raggio di azioni fino in Libano e nord di Israele, oltre al rafforzamento della sua presenza navale al largo delle coste siriane, promette di far pagare un duro prezzo a qualsiasi tentativo di aggressione.

2) I servizi di intelligence anglo-USA hanno ripreso a finanziare i gruppi radicali sunniti che si trovano nella zona siriana sotto controllo del governo di Damasco per suscitare nuovi scontri e nuove attività terroristiche. Il piano è stato scoperto e sono stati individuati e sequestrati ingenti depositi di armi made in USA e Israele che dovevano servire a tale progetto insurrezionale.

Washington tuttavia non ha calcolato che in Siria opera un ottimo servizio di intelligence, istruito ed affiancato dai russi, che riesce a captare e scoprire per tempo le comunicazioni e le infiltrazioni provenienti dal nemico ed a neutralizzare i tentativi di sobillazione in cui sono maestri americani e sionisti.

L’Asse della Resistenza ha messo a punto i suoi strumenti a tutti i livelli, dall’intelligence alla logistica che da Teheran arriva al Mediterraneo, passando per Damasco e per Baghdad. Una spina nel fianco per gli imperialismo, sionismo e wahabismo, i tre cancri che cercano di sottomettere i popoli e diffondere morte e distruzione nelle antiche terre dal Tigri All’Eufrate che hanno visto sorgere le prime civiltà e le più antiche comunità cristiane attaccate dai tagliagola takfiri sostenuti dall’Occidente.

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