Fonte: truthdig.com

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19 dicembre 2018

 

Trump, l’Americano per eccellenza

di Chris Hedges

Scelto e tradotto da Markus

 

Donald Trump fa parte di quella particolare razza che Herman Melville aveva descritto nel suo romanzo ‘The Confidence-Man’, in cui il personaggio principale usava aspetti proteiformi, lusinghe e bugie per ottenere la fiducia dei suoi compagni di viaggio, per poi derubarli [mentre viaggiavano] su un battello a vapore lungo il Mississippi. Gli “uomini che ispirano fiducia“, come aveva capito Melville, sono un prodotto inevitabile dell’amoralità, del capitalismo e dell’insaziabile brama di ricchezza, potere e impero che infetta la società americana. Il narcisismo di Trump, la sua celebrazione dell’ignoranza (che, come tutti gli uomini che ispirano fiducia, confonde con l’innocenza), la sua megalomania e la sua mancanza di empatia sono patologie che nascono dal cuore dell’America stessa. Rappresentano il credo americano, di cui Mark Twain aveva fatto la parodia in ‘Pudd’nhead Wilson’, che F. Scott Fitzgerald aveva stroncato in ‘The Great Gatsby’ e che William Faulkner aveva rappresentato nella depravata famiglia Snopes; [quel credo ] a cui non importa, nell’ambito del gretto commercialismo della società americana, in che modo avete ottenuto ricchezza e potere. Entrambe si autogiustificano.

La cultura americana si basa su una doppiezza volontaria, su una visione che abbiamo di noi stessi che assomiglia assai poco alla realtà. Malcolm Bradbury aveva scritto che “in America l’impostura è identità, i valori non sono credenze ma il prodotto di occasioni e l’identità sociale è in pratica una questione arbitraria, che non dipende dal carattere e neanche dall’apparenza, ma dalla definizione casuale della propria natura o [del proprio] colore.” Abbiamo fondato la nazione sul genocidio e sulla schiavitù, devastando il mondo con guerre interminabili e derubandolo delle sue risorse, arricchito un’élite oligarchica a spese dei cittadini, dato alla polizia il potere di sparare per la strada ai cittadini disarmati e segregato [nei nostri penitenziari] l’equivalente di un quarto della la popolazione carceraria mondiale, mentre ci pasciamo con la presunta superiorità morale della supremazia bianca americana. Più la nazione diventa degradata, più cerca la rassicurazione di untuosi truffatori, per mascherare la verità con le bugie.

Trump, come la maggior parte dei truffatori, è abile a fabbricare notizie autocompiacenti e [ad inventarsi] un personaggio immaginario che alimenti la magica aura della sua celebrità. Lo showman P.T. Barnum era stato il prototipo di questo particolare filone di americanismo. Nel 1830 aveva mostrato a tutti Joice Heth, un’anziana schiava afroamericana che  sarebbe stata, all’epoca, l’infermiera di George Washington, una vecchia di [secondo Barnum] 161 anni. Quando la Heth aveva smesso di fare notizia, Barnum aveva annunciato che quello che stava mostrando era un robot. “Il fatto è che Joice Heth non è un essere umano”, aveva scritto su un giornale di Boston, “… [ma è] semplicemente un automa costruito in modo strano, fatto di ossa di balena, caucciù e di numerose molle, assemblate in modo ingegnoso e che si muovono al minimo tocco, secondo la volontà dell’operatore. L’operatore è un ventriloquo.” Le folle, che all’apice del successo, avevano pagato collettivamente 1.500 dollari alla settimana (una somma enorme all’epoca) per vedere la Heth, erano ritornate a frotte per vedere la presunta macchina. Dopo la morte della Heth, nel 1836, all’età di 79 o 80 anni, Barnum aveva venduto i biglietti per la sua autopsia, a cui avevano assistito 1.500 spettatori paganti.

“[Barnum] aveva iniziato a mostrare le numerose varianti che avrebbe [in seguito] padroneggiato nelle sue numerose campagne pubblicitarie: la scoperta improvvisa, la raffica di informazioni rapide ed inusuali, il massimo sfruttamento (tutte queste le aveva utilizzate fin quasi da subito)”, aveva scritto Neil Harris in ‘Humbug: L’arte di PT Barnum.’  “Era stato durante il tour di Joice Heth che Barnum aveva intuito, per la prima volta, che un imbonitore non doveva garantire la veridicità; tutto quello che doveva fare era far credere nella possibilità e invitare al dubbio. Il pubblico sarebbe stato più eccitato dalle controversie che da una certezza. L’unico requisito era mantenere l’argomento vivo e sulle pagine dei giornali. Qualsiasi affermazione era meglio del silenzio.”

Barnum, che aveva imparato da bambino nel Connecticut i subdoli inganni dei venditori ambulanti e dei commessi viaggiatori yankee, aveva anche costruito i primi templi per celebrità, tra cui, nel 1841, l’American Museum di New York, che Twain aveva definito “una enorme rivendita di noccioline“, dicendo di sperare che “qualche filantropo” l’avrebbe dato alle fiamme. Barnum è stato il sommo sacerdote della religione politeistica e laica degli Americani e il creatore del kitsch come estetica, le caratteristiche che definiscono Trump. Trump ha costruito templi per le celebrità e per sé stesso, tra cui il casinò Trump Taj Mahal ad Atlantic City e Trump Towers in diverse città. Trump, come Barnum, ha capito che le celebrità e le loro reliquie funzionano nella cultura americana come totem e talismani magici. Come già aveva fatto Barnum, si rivolge alla volgarità della folla, nobilitando ciò che è volgare e lussurioso, con la pretesa che si tratti di cultura e di arte.

Gli uomini che ispirano fiducia sono abili nel vendere le finzioni progettate unicamente per attirare pubblicità e sminuire i propri avversari. La richiesta di Trump per il certificato di nascita di Barack Obama o per il test sul DNA della senatrice Elizabeth Warren non erano state studiate per scoprire dei fatti, ma per ridicolizzare e divertire. Il rilascio del certificato di nascita di Obama e i risultati dell’esame del DNA della Warren non hanno sgonfiato le bugie. Le menzogne vecchie sono state sostituite da quelle nuove, che rispondevano, ancora una volta, ai desideri emotivi della folla. L’ignobile pettegolezzo, secondo cui Eliot Spitzer, l’ex governatore di New York caduto in disgrazia, avrebbe indossato i calzini neri durante i suoi rapporti sessuali con delle prostitute, era stato messo in giro dallo stratega politico, nonchè confidente di Trump, Roger Stone, fatto della stessa pasta di Barnum e Trump. “Chi è il tizio che lo fa portando i calzini?”  Si era chiesto Stone sul New York Post.

In un documentario di Alex Gibney su Spitzer intitolato ‘Client 9′, Gibney intervista una prostituta, di cui viene mantenuta segreta l’identità e con la voce doppiata da quella di un’attrice, che afferma di aver avuto numerosi rapporti con Spitzer e che nega che [Spitzer] indossasse i calzini mentre faceva sesso. Tuttavia, a causa dei commenti di Stone, Spitzer si era sentito in dovere di negare, nel film di Gibney e in pubblico, di indossare i calzini mentre faceva sesso con le prostitute. La stampa era andata in delirio. A forza di essere stata ripetuta, la bugia di Stone aveva vinto.

Stone, nel bel mezzo di questo furore auto-generato, aveva scritto un articolo sul sito web di Tucker Carlson ‘The Daily Caller’, in cui attaccava tutti quelli che avevano messo in dubbio la sua affermazione:

“Nel suo film, in gran parte romanzato, Gibney utilizza un’attrice per affermare che Spitzer non aveva mai indossato calzini neri aderenti nelle sue avventure con le prostitute. A quanto pare, l’attrice presta la propria voce al diniego di una ragazza squillo che Gibney rifiuta di identificare con il suo vero nome. Questo perché Gibney non ha nessun testimone desideroso di veder collegato il proprio nome a questa bugia. Gibney non è un giornalista o un regista, è un propagandista di sinistra con lo stesso disprezzo per fatti di Oliver Stone. La fissazione di Spitzer per i calzini neri era stata confermata in precedenza dal New York Post il 24 aprile 2008, quando una fonte dell’FBI aveva confermato la passione del Democratico di New York per i calzini al ginocchio, che si era rifiutato di togliere mentre faceva sesso a pagamento. Gibney ha ignorato questo fatto nel suo ben costruito, ma falso, film.”

Stone, come Trump, sa come evocare immagini e risposte emotive per sopraffare la realtà e rimpiazzare la verità. Tali bugie e pseudo-eventi, proprio perché sono così divertenti, sono in gran parte immuni alla deflazione. Gli inserzionisti e i pubblicitari di Madison Avenue usano le stesse tattiche per riempire il paesaggio di illusioni abilmente costruite e di false promesse. La denuncia degli inganni non fa che aumentare il loro fascino e il loro potere.

Un’autobiografia di Barnum, ‘Struggles and Triumphs’ [Lotte e Trionfi], pubblicata nel 1869, riporta in modo dettagliato e senza vergogna i giochi di prestigio e gli inganni che lo avevano reso molto, molto ricco. [Barnum] aveva capito, come aveva scritto nell’autobiografia, che “il pubblico sembra disposto ad essere intrattenuto anche quando è consapevole di essere turlupinato”. Questa comprensione è alla base della popolarità di spettacoli come il wrestling professionale e i reality shows televisivi, insieme a Fox News, tutti basati sull’inganno.

Artisti della truffa come Barnum, Trump e Stone sfruttano tutti e tutto intorno a loro. Quando l’elefante da esposizione di Barnum, Jumbo, era stato ucciso da un treno, [Barnum] aveva inventato la storia di Jumbo che si era sacrificato per salvare un elefantino. Aveva comprato un altro elefante, che aveva chiamato Alice, e l’aveva fatta ritrarre in fotografia accanto al corpo imbalsamato del suo martirizzato “consorte”. L’inganno era stato talmente oltraggioso e spudorato che il pubblico di allora, esattamente come il pubblico che adesso si ingozza con gli articoli su Spitzer che indossava calzini neri mentre faceva sesso con le prostitute, non desiderava altro che crederci.

Nella nostra ‘barnumesca’ cultura, coloro che creano le fantasie più convincenti nei cicli di intrattenimento non-stop, sono poi quelli che fanno la parte del leone. Chi sgonfia la fantasia con una prosaica verità viene condannato per aver rovinato il divertimento. Questi pseudo-eventi e queste invenzioni fanno uscire le persone dalla loro routine quotidiana e le portano in un mondo di fantasia simile ad Oz. Distruggono il dibattito civile basato sui fatti verificabili e cancellano ogni speranza di respingere il pensiero magico che sta al centro di tutte le società totalitarie.

Barnum, una volta, aveva chiesto a E.D. Gilman, che era tornato da poco dai terreni auriferi della California, di tenere una conferenza sulle prospezioni, su quanto guadagnassero i cercatori d’oro, sull’equipaggiamento richiesto e sulle loro condizioni di vita. “Mentre lo faceva“, aveva scritto Harris, “avrebbe dovuto accarezzare con la mano una pepita d’oro da 25 libbre, sottintendendo che provenisse dalla California”. Gilman aveva replicato che questo sarebbe stato un inganno perchè la più grande pepita d’oro di cui avesse mai sentito parlare era di 7 once. “Mio caro signore“, aveva risposto l’impresario, “più grande è l’imbroglio, più piacerà alla gente“.

Thomas Low Nichols aveva descritto in un libro di memorie l’episodio in cui Barnum si era trovato nella disperata necessità di avere di un artista truccato da negro, dopo che il suo cantante bianco si era licenziato. Tutto quello che era riuscito a trovare in sostituzione del suo cantante bianco era stato un ragazzo negro di talento, che ballava e cantava. Per Barnum era impossibile presentare l’articolo genuino, data la sua brama di illusione e la sua spudorata predisposizione al pregiudizio razziale. Barnum “aveva scurito e imparruccato” il ragazzo, aveva scritto Harris, in modo che sembrasse un afroamericano immaginario, “perché i Newyorkesi, che applaudivano quello che supponevano fosse un ragazzo bianco con la faccia annerita e la parrucca di lana, avrebbero buttato giù dal palco un vero negro e linciato il suo impresario“.

Trump, in un video promozionale del 2005 su una truffa che gli aveva fatto guadagnare circa 40 milioni di dollari, usa la familiare iperbole dell’imbroglione quando dice: “Alla Trump University, insegniamo il successo. Ecco di cosa si tratta: il successo. Capiterà a te. Abbiamo professori e professori aggregati che sono persone assolutamente fantastiche, menti formidabili, di successo. Abbiamo il meglio del meglio. Queste persone le ho scelte io, personalmente.”

Solo che non c’era nessuna università.

“La finta università non aveva neanche professori, nemmeno i professori aggregati a tempo parziale, e la ‘facoltà’ (com’era chiamata) non era certamente ‘il meglio del meglio’”, scrive David Cay Johnston in ‘The Making of Donald Trump’. “Erano agenti di vendita commissionati, molti senza esperienza nel settore immobiliare. Uno gestiva una catena di fast food … altri due docenti erano in bancarotta personale, mentre riscuotevano le tasse dei futuri laureati dell’università di Trump, desiderosi di imparare come si fa a diventare ricchi.”

“Fra le scoperte di un investigatore vi era il fatto che agli studenti che frequentavano un ‘seminario di livello superiore’ veniva insegnato a prendere di mira i proprietari di case in ristrettezze economiche e ad individuare gli immobili in pignoramento”, scrive Johnston. “Venivano anche sollecitati, durante la prima mattina del corso di tre giorni, a chiamare i gestori delle loro carte di credito, le banche e le finanziarie che erogavano mutui per chiedere un aumento o un’estensione del credito, in modo che potessero finanziare il pacchetto-acquisti ‘Gold Elite’. La convenuta, Trump University, era arrivata persino a chiedere ai partecipanti, durante queste sessioni individuali, di chiamare la propria banca mentre l’incaricato [della Trump U] rimaneva in attesa. L’obiettivo principale del seminario di 3 giorni sembrava essere, più che altro, una tattica di vendita intensiva, nel tentativo di indurli ad acquistare il pacchetto ‘Gold Elite,’ della convenuta Trump University, per la somma di 35.000 dollari.”

Gli schemi e i seminari di Trump per arricchirsi velocemente, compresi i suoi libri, erano una truffa. I suoi casinò erano una truffa. I suoi discorsi a pagamento per i guru dell’auto-sostegno, come Tony Robbins, erano una truffa. I racconti delle sue prodezze sessuali, diffusi da lui stesso, fingendo al telefono di essere un portavoce di Trump, erano una truffa. I suoi progetti di costruzione erano una truffa. Trump aveva anche, scrive Johnston, “impiegati immaginari.” Trump, i suoi cleptocrati e i suoi truffatori oggi sono trionfanti, e né le norme democratiche, né la semplice decenza umana metteranno un freno alla loro patologica brama di avere sempre di più.

Forse era inevitabile che questo veleno arrivasse a dominare la nostra cultura e la nostra politica. È il trionfo dell’artificio. Viviamo in un’epoca in cui il falso, il fraudolento, il costruito e il teatrale hanno soppiantato la realtà. Questo finto Trump è stato pubblicizzato come in un reality show televisivo. [Trump] ha venduto questo personaggio inventato per diventare presidente, perchè il suo rating stava diminuendo e rischiava di essere messo in disparte. Ci sono legioni di agenti, pubblicitari, consulenti, sceneggiatori, celebrità, produttori televisivi e cinematografici, consulenti di guardaroba, sondaggisti e personaggi televisivi che si dedicano a creare la miriade di illusioni che saturano le onde radio di bugie in stile Barnum. Non siamo più in grado di vedere la differenza fra l’illusione e la realtà; infatti, se una versione della realtà non viene validata dai nostri schermi elettronici e dai nostri manipolatori della realtà, essa non esiste. L’abile creazione dell’illusione e la manipolazione della nostra risposta emotiva, tutte azioni che favoriscono le élites, a nostro danno, finanziario e politico, sono penetrate nella religione, nell’educazione, nel giornalismo, nella politica e nella cultura. Consolidano il potere del più forte e il pensiero magico. La grossolana volgarità, l’avidità, l’edonismo e l’amoralità incontrollabili di Trump, insieme alla sua auto-adorazione, sono intrinseche all’America, ma la sua ascesa, e quella dei tratti caratteriali che personifica, rappresentano la morte della cultura.

Chris Hedges


Link:https://www.truthdig.com/articles/trump-the-quintessential-american/
17.12.2018

 

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