Originale: www.medium.com

Fonte: Comedonchisciotte

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/

17/04/2018

 

Documento dell’esercito: la strategia statunitense per ‘detronizzare’ Putin in rapporto agli oleodotti potrebbe provocare la Terza Guerra Mondiale

di Nafeez Ahmed

 

Funzionari senior della DIA (n.d.T. Defense Intelligence Agency), dell’Aeronautica Militare e dell’Esercito ammettono che l’espansionismo della NATO e le interferenze occulte degli Stati Uniti nella politica interna russa possono innescare il “prossimo conflitto globale”

 

Un documento dell’esercito americano riconosce i veri interessi che determinano la strategia militare statunitense nei confronti della Russia: dominare i tracciati degli oleodotti, accedere alle vaste risorse naturali dell’Asia centrale e rafforzare l’espansione del capitalismo americano in tutto il mondo. [….]

 

Mentre la maggior parte della classe degli opinionisti occidentali è impegnata coraggiosamente nell’ossessione per le innumerevoli malvagità di Putin, si scopre che i vertici delle forze armate statunitensi si stanno ponendo alcune domande scomode su come siamo giunti a questo punto.

 

Uno studio condotto dall’US Army’s Command and General Staff College Press del Combined Arms Center, presso Fort Leavenworth, rivela che la strategia statunitense nei confronti della Russia è stata fortemente motivata dall’obiettivo di dominare le risorse petrolifere e del gas dell’Asia centrale e i relativi tracciati delle condutture.

 

Lo straordinario documento, preparato dal CRELMO (US Army’s Culture, Regional Expertise and Language Management Office), riconosce che le politiche espansioniste della NATO hanno svolto un ruolo chiave nel provocare il militarismo russo. Prende in considerazione anche come gli attuali antagonismi americani e russi. potrebbero innescare un conflitto nucleare globale tra le due superpotenze.

 

Il documento rimane fermamente critico nei confronti della Russia e di Putin, ma ritiene che la belligeranza russa non possa essere compresa, senza tenere conto del contesto dell’interferenza statunitense in atto, in ciò che la Russia percepisce come propria legittima ‘sfera di influenza’.

 

Allo stesso tempo, il documento ammette che, lungi dal fatto che gli Stati Uniti ritengano ingenuamente di avere la sfortuna di essere vittima dell’interferenza russa, gli Stati Uniti hanno a volte gestito campagne segrete di “informazione, economiche e diplomatiche” per “detronizzare Putin”, o almeno indebolire il suo governo.

 

Un paradosso del documento è che, nonostante abbia riconosciuto ripetutamente il ruolo della NATO nel provocare il militarismo russo, lo studio dell’esercito statunitense rifiuta di contemplare un cambiamento fondamentale di rotta, rispetto alle linee di condotta politica e agli interessi della NATO.

 

Il documento contiene il solito avvertimento, incluso in questi tipi di studi militari interni statunitensi, rimarcando che i suoi risultati rappresentano le opinioni “dell’autore(i) e non necessariamente quelle del Dipartimento dell’Esercito o del Dipartimento della Difesa.” Eppure,il Generale Maggiore John S. Kem, comandante dell’US Army War College di Carlisle, osserva nella sua Prefazione che le intuizioni nel volume “sono importanti per i professionisti dell’esercito che guidano i soldati in una varietà di missioni in tutto il mondo” e dovrebbero essere considerate analogamente “dai pianificatori e da chi prende le decisioni.”

 

Lo studio, intitolato Cultural Perspectives, Geopolitics& Energy Security of Eurasia: Is the Next Global ConflictImminent? – è stato pubblicato nel marzo 2017 e non è stato segnalato pubblicamente fino a tutt’oggi – individua i ruoli degli interessi energetici statunitensi, europei e russi, in competizione nel determinare crescenti tensioni che potrebbero convertire punti di rottura territoriali, nella prossima guerra mondiale.


Il Dott. Mahir J. Ibrahimova, Program Manager presso il Centro di Cultura, Cremlo.
“Il cambiamento strategico della Russia è guidato principalmente dalla preoccupazione per l’espansione della NATO, a spese degli ex Paesi del Patto di Varsavia (Europa dell’Est) e delle ex Repubbliche sovietiche (Lettonia, Estonia e Lituania),” scrive il caporedattore dello studio e collaboratore chiave, Dr. Mahir J. Ibrahimov, Program Manager presso l’US Army’s CRELMO.

 

Il Dott. Mahir J. Ibrahimov, Program Manager presso l’US Army’s Culture, Regional Expertise and Language Management Office (CRELMO), conduce una sessione su come essere un leader culturalmente consapevole al Simposio dell’US Army Leadership and Professional Development del 2015

 

In precedenza, Ibrahimov era consulente senior per la cultura e la lingua straniera dell’esercito e istruiva diplomatici statunitensi in lingue e culture presso il Dipartimento di Stato. Aveva prestato servizio molti anni prima nell’esercito sovietico, testimoniando la disgregazione dell’URSS.

 

Nello studio dell’Esercito degli Stati Uniti, egli osserva che “le relazioni tra l’Occidente e la Russia si sono deteriorate fino al loro punto più basso dalla fine della Guerra Fredda, erodendo la stabilità geopolitica globale e danneggiando il commercio e le relazioni economiche tra le principali potenze globali e regionali.”

 

Ma, egli scrive, i documenti ufficiali russi, inclusa la Strategia di sicurezza nazionale e le pratiche militari, dimostrano che la forza trainante del militarismo russo “è la risposta all’espansione della NATO. Questo è il principio fondamentale che sta guidando gli sforzi strategici della Russia nella zona e oltre.”

 

PROTEGGERE IL PIPELINISTAN(1)

E cosa sta guidando l’espansionismo della NATO? Mentre lo studio dell’Esercito USA mette in luce le preoccupazioni per l’autoritarismo russo, rimane sorprendentemente sincero nel portare l’attenzione agli interessi energetici statunitensi come questione principale:

“Forse la realtà e la logica di fondo più importanti per la linea politica USA / Eurasia all’epoca [anni‘90], tuttavia, era la crescente interdipendenza globale in materia di energia e commercio,” scrive Ibrahimov.

Vaste riserve di petrolio e gas naturale all’interno e intorno al Mar Caspio erano la principale fonte di interesse iniziale degli Stati Uniti nella zona. Tale interesse potrebbe fornire le basi per legami più stretti tra gli Stati Uniti e gli Stati del territorio, con gli Stati Uniti che forniscono protezione per garantire la stabilità regionale e l’indipendenza politica dei Paesi litoranei. (pag. 8)

 

L’intervento umanitario e le operazioni militari di mantenimento della pace nella regione, quindi, hanno sempre avuto secondi fini geostrategici più ampi, relativi alla “protezione” dell’accesso degli Stati Uniti al petrolio e al gas del Caspio.

 

Lo studio fa notare che gli sforzi degli Stati Uniti per risolvere il conflitto azero-armeno, ad esempio, minavano in maniera meno rilevante la pace e i diritti umani, rispetto agli “interessi economici e strategici degli Stati Uniti e dei Paesi occidentali in Azerbaigian.”

 

Ibrahimov osserva che “un consorzio di compagnie petrolifere occidentali, cinque delle quali americane, ha firmato un contratto petrolifero da 7,5 miliardi di Dollari con l’Azerbaigian”, dimostrando che quest’ultimo era mosso da un “benevolo” impegno, verso un’economia orientata al mercato e alla sua ferma intenzione di aderire al sistema economico internazionale.”

 

Allo stesso modo, il petrolio azero è stato un fattore chiave per motivare l’invasione della Cecenia da parte della Russia. Mentre le società statunitensi e occidentali, riferisce lo studio, “avevano preso in considerazione diversi possibili tracciati per il futuro oleodotto”, la Russia voleva che l’oleodotto passasse attraverso il proprio territorio e quello ceceno, minando “gli interessi commerciali americani e occidentali in questa regione … La Russia adottava già una tale politica nel caso del Kazakistan, dove erano coinvolte anche compagnie petrolifere americane (cioè Chevron),” aggiunge Ibrahimov. (pag. 10)

 

La competizione geopolitica per l’oleodotto è stata alla fine vinta dagli Stati Uniti.


Mappa dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC)
In una sezione intitolata ‘Pipeline Politics and its Regional and Global Implications’, lo studio dell’esercito USA rileva che l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC) – che parte da Baku, capitale azera, passa attraverso la Georgia verso il porto turco di Ceyhan–”è stato il primo grande oleodotto a bypassare il territorio russo.”

 

Trasportando fino a un milione di barili al giorno per i mercati mondiali, l’implicazione strategica principale dell’oleodotto è: … il rafforzamento dell’indipendenza politica ed economica dei Paesi della regione dalle possibili rinascenti ambizioni russe. Ma anche prima del suo completamento, aveva anche segnato l’inizio del nuovo “Grande Gioco”(2) con potenze globali e regionali come Stati Uniti, Cina e Russia in competizione per l’influenza nell’area. Ancora una volta la regione è diventata molto attraente per la geopolitica globale, arricchita dalle scoperte di risorse naturali in Afghanistan come gas naturale, petrolio, marmo, oro, rame, cromite, ecc.”

 

Lo studio riconosce anche che vi era inquietudine perle partecipazioni degli Stati Uniti in Afghanistan, affinché il Paese fungesse da accesso alle riserve di petrolio e gas dell’Asia centrale: Allo stesso tempo, la rilevanza dell’Afghanistan deriva dalla sua posizione geopolitica come potenziale via di transito per le esportazioni di petrolio e gas naturale dall’Asia centrale al Mar Arabico. Questo potenziale include la possibile costruzione di condutture per l’esportazione di petrolio e gas naturale attraverso l’Afghanistan, per il quale vi era un attento esame a metà degli anni ’90. Da allora l’idea è stata minata dall’instabilità dell’Afghanistan.

 

Ciononostante, il progetto dell’oleodotto trans-afghano, noto come TAPI per il suo percorso attraverso il Turkmenistan, l’Afghanistan, il Pakistan e l’India, è stato negoziato e perseguito da ogni singola amministrazione statunitense a partire da Clinton.

 

La costruzione è stata finalmente avviata, il mese scorso, sotto la presidenza di Donald Trump.


Il gasdotto trans-afghano (altrimenti noto come il gasdotto TAPI poiché collega Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India)
Il documento cita la testimonianza dell’ex ambasciatore statunitense James Maresca, che ha anche ricoperto la carica di Vicepresidente per le Relazioni Internazionali presso la compagnia petrolifera UNOCAL, a quel tempo principale azienda finanziatrice dell’oleodotto TAPI. Ibrahimov ricorda di essere stato, in quel momento, al corrente delle discussioni ad alto livello sulla linea politica del Dipartimento di Stato: “Durante il mio servizio diplomatico a Washington DC e il mandato dell’ambasciatore Maresca al Dipartimento di Stato, abbiamo avuto numerose discussioni sui problemi burocratici dell’oleodotto e sulla linea politica statunitense nella zona.”

 

Ciò che il documento non riconosce è che l’impegno del governo degli Stati Uniti verso l’oleodotto TAPI era, in quel momento, basato su una vittoria dei Talebani – una condotta che si è risolta in modo piuttosto catastrofico – come avevo documentato un anno e mezzo prima dell’11 settembre.

 

‘RICOLMA’ DI RISORSE NATURALI

Un contributo particolarmente straordinario allo studio dell’Esercito degli Stati Uniti è una sezione redatta dall’ambasciatore Richard E. Hoagland, che si è ritirato lo scorso agosto dalla carica di Co-presidente americano del Gruppo OSCE di Minsk. Precedentemente, è stato Vicesegretario di Stato aggiunto per gli affari dell’Asia centrale e meridionale, avendo ricoperto vari incarichi diplomatici nella regione dall’inizio degli anni ’90.

 

Tra gli obiettivi strategici statunitensi in Asia centrale, Hoagland elenca la prevenzione del terrorismo, la stabilizzazione dell’Afghanistan, la salvaguardia dell'”indipendenza” delle repubbliche dell’Asia centrale, la promozione del buon governo e quanto segue: … salvaguardare gli interessi economici degli Stati Uniti e continuare a promuovere la riforma economica in modo che le cinque nazioni possano essere meglio integrate nell’economia globale.

 

Sottolineando la centralità degli interessi economici degli Stati Uniti, Hoagland esalta con ricchezza di dettagli le abbondanti riserve energetiche, minerali e materie prime della regione: Ma la zona è anche ricolma di risorse naturali. Il Turkmenistan ha la quarta più grande riserva di gas naturale al mondo. Il Kazakistan ha la seconda più grande riserva petrolifera dell’ex Unione Sovietica, seconda solo alla Russia, e le compagnie petrolifere internazionali statunitensi ed europee non hanno tardato a realizzare importanti investimenti nel luogo che continuano ancora oggi. L’Uzbekistan è un importante produttore di uranio, come lo è il Kazakistan, e ha grandi riserve di gas naturale, come del resto il Tagikistan. Sia il Kirghizistan che l’Uzbekistan detengono importanti depositi d’oro. Inoltre, il Kirghizistan e il Tagikistan hanno un potenziale idroelettrico di livello mondiale, come dimostrato dall’attuale progetto CASA-1000(3)per consegnare la loro energia idroelettrica estiva in eccesso, a tutto l’Afghanistan fino al Pakistan privo di elettricità.

 

Questi Paesi, quindi, sono pronti per l’integrazione politica nell’economia di mercato dominata dagli Stati Uniti: Per aggiungere un po’più di connotazione, le economie dell’Asia centrale valgono di più della somma delle loro risorse naturali e del potenziale energetico. L’impegno precoce del Kazakistan per la riforma macroeconomica ha creato, a 20 anni di distanza, uno snodo di servizi finanziari per la regione. La popolazione istruita dell’Uzbekistan, circa 30 milioni d’individui, ha un potenziale reale per fornire una crescita economica innovativa e imprenditoriale.”(pagg. 28-29)

 

Nonostante l’inderogabile adesione a parole di Hoagland al “buon governo” e alle “libertà civili”, nessuna delle due trova una certa sostanza nelle priorità della NATO. Le Repubbliche dell’Asia centrale sono tra i regimi più repressivi e antidemocratici al mondo, costantemente fustigati dalle organizzazioni per i diritti umani per le loro orribili torture e la persecuzione di qualsiasi dissenso politico. La promozione della “democrazia” chiaramente non significa “democrazia” nel vero senso della parola, significa semplicemente un allineamento geopolitico alla NATO, ostilità verso la Russia e un’apertura dell’economia agli investitori stranieri statunitensi e occidentali, i diritti umani calpestati.

 

L’INDIPENDENZA INTRANSIGENTE

In questo contesto, uno dei principali motivi per l’ostilità degli Stati Uniti nei confronti della Russia è lo sforzo coerente di quest’ultima di integrare i Paesi interessati in strutture politiche ed economiche territoriali alternative.

 

“Separata dall’Occidente per l’espansione della NATO, e soprattutto a causa della situazione in Ucraina, che ha portato alle sanzioni occidentali, la Russia cerca un riavvicinamento economico e politico più stretto con la Cina”, osserva il direttore principale Ibrahimov: La Russia sta attualmente cercando di creare organizzazioni di sicurezza ed economiche che potrebbero essere utilizzate per rivaleggiare con le strutture esistenti come la NATO e la Banca Mondiale. La Russia, la Cina, l’Iran e altri Paesi hanno intrapreso questi e altri passi, al di fuori degli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

 

La sfida principale della Russia, come suggerisce lo studio dell’esercito americano, è il suo ruolo di leadership nella costruzione di coalizioni alternative ai sistemi politici ed economici dominati dagli Stati Uniti. La coalizione di nuove alleanze emerse di conseguenza – l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), la coalizione di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica (BRICS), l’Unione doganale eurasiatica(4)– “mirano principalmente a opporsi al predominio economico e strategico degli Stati Uniti”, osserva il documento.

 

Opporsi al dominio degli Stati Uniti sembra essere un peccato capitale per gli strateghi militari statunitensi: È ovvio che il riavvicinamento Russia-Cina rappresenta nel vivo una sfida agli Stati Uniti. La questione della realpolitik, per chi detta la linea politica statunitense, sarebbe il modo di prevenire questa alleanza storicamente improbabile tra i due principali attori globali e territoriali.

 

Una delle maggiori priorità, quindi, per la strategia geopolitica statunitense è come spezzare queste alleanze e coalizioni tra i rivali statunitensi, che sfidano il “dominio economico e strategico statunitense”.

 

Un meccanismo vantaggioso è la carta nucleare, che contrariamente all’opinione convenzionale, è stata giocata molto più sconsideratamente dall’Occidente che dalla Russia.

 

LA PROVOCAZIONE DELLA NATO CHE ESACERBA LA MINACCIA DELLA GUERRA NUCLEARE GLOBALE

Recentemente c’è stata molta copertura mediatica del modo in cui Putin rappresenti una grave minaccia nucleare per gli Stati Uniti e il mondo.

 

Eppure, ciò ha ignorato il contesto della Russia che minacciala guerra nucleare,per le persistenti provocazioni della NATO, come evidenziato in un capitolo separato nello studio dell’Esercito statunitense, che analizza come il militarismo russo sia reazione coerente all’espansione nucleare della NATO.

 

L’autore della sezione è il colonnello Lee G. Gentile, Jr., Vicecomandante della 71a Flying Training Wing presso la base aerea di Vance, in Oklahoma. In precedenza, era stato capo pianificatore operativo presso l’Air Forces Central Command Combined Air Operations Center, e ha proseguito prestando servizio in Iraq.


Secondo il Col. Gentile, coredattore dello studio dell’esercito americano, l’origine della paranoia per la Russia relativa agli intendimenti occidentali risale ai primi anni ’50, quando gli Stati Uniti hanno adottato la strategia “First Offset” con la quale “si minacciava un attacco nucleare per ‘convincere’ il Cremlino che combattere un’altra guerra mondiale non era auspicabile per l’Unione Sovietica.”

 

In altre parole, gli Stati Uniti hanno inizialmente minacciato il Cremlino con la linea di condotta politica del primo attacco nucleare.

 

Lo studio dell’esercito americano dà atto, tuttavia, che: Documenti, articoli e verbali delle assemblee di ambito sovietico, recentemente desecretati, indicano che la dirigenza sovietica si sarebbe astenuta dall’invadere l’Europa.

 

Ciò va, dovrebbe essere ricordato, contro la propaganda ufficiale di Stato di quel tempo, che la stampa occidentale ripeteva dovutamente a pappagallo.

 

Dopo l’esperienza delle guerre mondiali, la Russia temeva che ci sarebbe stata l’invasione da parte dell’Occidente, se l’Unione Sovietica fosse stata militarmente troppo debole, timori aggravati dai progressi occidentali nella tecnologia delle armi nucleari: Pertanto, nel 1949, i Sovietici hanno sviluppato e testato un dispositivo nucleare per contrastare il vantaggio dell’Occidente.

 

L’Occidente ha quindi aggiornato la sua linea di condotta politica sulle armi nucleari. Nel 1954, l’amministrazione Eisenhower ha adottato la “New Look Policy”(5) per mantenere “una forza convenzionale più piccola, più competente, impiegata per l’avanzata, rafforzata dal massiccio potere di rappresaglia con armi nucleari.”

 

Non sorprende il fatto che ciò, a sua volta, “ha favorito le paure sovietiche dell’aggressione occidentale … I leader sovietici credevano che le azioni di deterrenza occidentale fossero offensive e non difensive, e progettate per”costringere”i leader sovietici ad accettare le richieste politiche occidentali.”

 

Secondo il documento, in tempi più recenti, l’espansione militare degli Stati Uniti e della NATO è stata allo stesso modo un fattore principale nella minaccia di guerra nucleare da parte russa.

 

Gli Stati Uniti ora possiedono “competenza globale per attacco chirurgico”. Di fronte a “una forza armata congiunta NATO da 1,4 milioni di uomini a ovest e un esercito cinese di 2,3 milioni di uomini a sud”, se il Cremlino tentasse di “contrastare la minaccia convenzionalmente”, le sue spese per la difesa raggiungerebbero “livelli insostenibili.”

 

Ciò “aiuta a spiegare perché il Cremlino sta usando il suo arsenale nucleare come riserva strategica per proteggere la sua forza convenzionale più piccola, pur facendo affidamento su metodi non convenzionali e asimmetrici per proteggere gli interessi nazionali.”

 

In un certo senso, la belligeranza russa è in qualche modo una reazione strategica razionale alla percezione dell’imperialismo della NATO: In parole povere, i leader russi vogliono limitare l’espansione e l’influenza della NATO, creare un cuscinetto tra la Russia e la NATO, ristabilire la propria influenza negli ex Stati sovietici e tornare a essere un potere territoriale e globale.

 

La Russia si mostra anche “paranoica per un attacco a sorpresa da parte della NATO o degli Stati Uniti”, una paura che deriva “dall’invasione tedesca della Russia occidentale durante l’operazione Barbarossa” e dalle “operazioni USA e NATO nel Caucaso e nel Medio Oriente.”

 

“Se esaminate dal punto di vista russo, queste paure sono comprensibili”, osserva lo studio dell’esercito americano, osservando che l’implacabile sconfinamento della NATO, lungo le frontiere russe, ha spinto la Russia in un angolo dal quale giocare la carta nucleare per cercare di scoraggiare la NATO, il che è la sua unica opzione: Considerando che la NATO è stata creata per contrastare l’espansione dell’Unione Sovietica, non sorprende che il Cremlino consideri l’espansione come una minaccia. Ogni volta che un ex Stato sovietico viene incorporato nella NATO, il cuscinetto si restringe. Senza quel cuscinetto fisico, le forze militari occidentali si avvicinano sempre più a Mosca, eliminando la capacità del Cremlino di fare affidamento sul fattore tempo. Allo stesso modo, la difesa missilistica intacca le più potenti armi strategiche e politiche del Cremlino, i suoi missili balistici a punta nucleare. Dal punto di vista del Cremlino, l’Occidente è disposto ad attaccare qualsiasi Paese ‘perturbatore’ privo di capacità nucleare per “imporre la sua volontà politica” negli affari internazionali e regionali. Pertanto, la leadership russa considera della massima importanza le proprie armi nucleari come strumento politico, perché in loro mancanza si sarebbe limitata a essere ininfluente negli affari territoriali e internazionali.

 

Il documento prosegue con il raffronto della politica della NATO per cooptare gli ex Stati sovietici a uno sforzo russo, del quale si fantasticava, per incorporare il Messico o il Canada nel Patto di Varsavia, o per dispiegare difese di missili balistici nelle Americhe – tali azioni non sono mai state contemplate dalla Russia, e di sicuro mai sarebbero state accettabili per gli Stati Uniti. Ma, dice il documento, la loro equivalenza nell’Europa orientale e nell’Asia centrale viene già attuata dalla NATO per indebolire la Russia. Questo è il motivo per cui l’incorporazione della Georgia nella NATO “ha innescato l’invasione russa nel 2008 dell’Ossezia del Sud e il primo uso della coercizione nucleare da parte del Cremlino.” (pag.87).

 

Sulla base di questa analisi, lo studio sostiene sforzi più concertati da parte dell’Occidente per coinvolgere la Russia in modo costruttivo, con l’intento di “sviluppare una comprensione condivisa della situazione, prima che porti allo stallo”. Questo potrebbe “ridurre le tensioni senza perseguire azioni che il Cremlino considererà minacciose”. Questa raccomandazione, tuttavia, arriva con il seguente forte avvertimento: In mancanza di dialogo, si intensifica il rischio di un’altra Guerra Fredda e di un possibile confronto nucleare.

 

REGIME CHANGE IN RUSSIA?

C’è un altro contesto per le dichiarazioni paranoiche di Putin, in merito al nucleare – la paura giustificata degli sforzi occidentali nell’influenzare la politica russa.

 

Sfortunatamente, l’analisi sobria e autoriflessiva contenuta in alcune parti dello studio dell’esercito americano è accompagnata da atteggiamenti aggressivi che tentano di giustificare una politica attiva di interferenza degli Stati Uniti negli affari economici e politici russi.

Tuttavia, questo materiale è rilevante proprio per confermare la misura in cui gli Stati Uniti sono disposti a interferire negli affari interni della Russia.

 

L’analista capo della cultura dell’esercito americano, il Dr. Ibrahimov, fa notare che dopo il crollo dell’Unione Sovietica, il governo degli Stati Uniti “ha sviluppato un programma con lo scopo di migliorare la democrazia e i liberi mercati nelle repubbliche dell’ex Unione Sovietica.” Il programma è stato inaugurato mediante il Freedom Support Act del 1992, impegnando 12 miliardi di Dollari al Fondo Monetario Internazionale (FMI) per facilitare gli ex Stati sovietici e la Russia a passare “alla via della riforma del libero mercato democratico.”

 

Mentre una delle motivazioni era evitare minacce da “possibili futuri regimi totalitari”, l’altra era platealmente per il proprio tornaconto: … una Finance Support Unity economicamente aperta e in crescita avrebbe probabilmente notevoli vantaggi commerciali e di investimento per gli Stati Uniti.

 

Ibrahimov osserva inoltre che tramite queste politiche, gli Stati Uniti hanno tentato attivamente di promuovere specifici leader politici russi considerati propensi agli interessi degli Stati Uniti: fare affidamento sulle personalità, piuttosto che sui principi di base, nelle relazioni degli USA con la Russia ha legato il futuro degli interessi americani alla possibilità di sopravvivenza politica di alcuni statisti russi.”(pagg. 13-14)

 

Una sezione del co-redattore dello studio, Gustav A. Otto, Illustre Presidente della Defense Intelligence presso l’US ArmyCombined Arms Center e Chief of Training presso la Defense Intelligence Agency (DIA) del Pentagono, approfondisce il modo in cui questa tattica statunitense di interferenza politica viene messa in scena, con diversi riferimenti a una strategia segreta attiva di regime change contro Putin.


Gustav A. Otto all’Arthur D. Simons Center
Otto tentenna tra il rigettare la fattibilità di una tale strategia e il riconoscerne la necessità in una qualche forma, finendo con lo stabilire che, mentre uno sforzo militare diretto per estromettere Putin è fuori questione, i meccanismi segreti possono essere più adeguati.

 

“Cercare di sbarazzarsi di Putin, probabilmente, non è la risposta”, osserva lo studio dell’esercito americano. “Abbiamo bisogno di guardare limitatamente al lignaggio dei suoi predecessori, o possiamo guardare gli esempi dell’Iraq o della Libia. È positivo, nelle fiabe, detronizzare il re, ma sembra inattuabile nel mondo reale.”

 

Eppure, il documento osserva che la Russia: … non tarderebbe a percepire la pressione della crisi interna. Diventeranno sempre più vulnerabili mentre il Rublo si indebolisce e in patria il potere d’acquisto si erode. L’Occidente e gli Stati Uniti sono in procinto di trarne vantaggio, o ci faremo sfuggire un’altra opportunità? “(pag. 103)

 

Cosa significa in realtà “trarre vantaggio”? Il documento sembra suggerire interferenze nelle prossime elezioni in Russia: Con le elezioni presidenziali russe del 2018, si presti attenzione alla competizione per il quarto mandato di Putin, quindi si cerchino possibili modifiche per consentire di più. Come iniziare a pensarci: siate devianti e non dimenticate i vecchi modi. La chiave sta nel creare una strategia personale, non una strategia “tutto o niente” come la Russia sembra che abbia. Sarà di reazione fino a un certo punto, ma dovrebbe concentrarsi sullo squilibrare Putin, senza diventare troppo difensiva … Gli Stati Uniti e l’Occidente devono determinare a cosa vogliono che la Russia assomigli, come vogliono che si comporti e se a loro importa qualora Vladimir Putin sarà Presidente.“(pag. 106)

 

In nessun momento Otto riconosce il paradosso imperiale dei leader occidentali, che credono di avere un qualche diritto nel determinare come dovrebbe essere la Russia. Invece, egli dice: Mentre gli Stati Uniti e l’Occidente lottano per quello che vogliono che la Russia assomigli, sarebbe ben d’aiuto per loro perseguire una strategia stratificata di pacificazione, persuasione e deterrenza, senza cercare di aumentare i punti di attrito già sanguinosi.

Egli non sembra proprio capire che il presupposto che gli Stati Uniti dovrebbero essere in grado di influenzare la politica e l’economia russa con una “strategia” della carota e del bastone “a più livelli”, potrebbe essere la causa principale dell’escalation di quei “punti di attrito”.

 

In queste righe il documento riconosce apertamente che la politica americana sta già intervenendo attivamente nella politica russa.

 

Notando che “detronizzare Putin” è una strategia potenziale, tramite una campagna politica segreta, piuttosto che qualsiasi intervento palese, lo studio dell’esercito americano osserva che questa strategia è già stata eseguita “a singhiozzo” dagli Stati Uniti e, in modo intrigante, da altri Paesi occidentali: Un’altra possibile opzione strategica per gli Stati Uniti sarebbe cercare di detronizzare Putin, nella speranza di un successore più cooperativo. Piuttosto che una destituzione militare simile a quella irachena, gli Stati Uniti e l’Occidente potrebbero condurre una campagna di informazioni con logica, dal punto di vista economico e diplomatico, che aiuti i sostenitori di Putin a scegliere un nuovo leader … Questa strategia sembra svolgersi a singhiozzo da parte degli Stati Uniti e di molti altri in Occidente. Putin è un maestro nel destreggiarsi in questo tipo di minacce e sembra quasi che le provochi, sapendo che questo è un gioco in cui eccelle. Una campagna anti-Putin probabilmente non è ciò che vogliono veramente gli Stati Uniti e l’Occidente. Piuttosto, la minimizzazione di nuove aggressioni e la mitigazione dei comportamenti finora adottati.

 

Con ciò in mente, il documento espone anche altre azioni concilianti per placare la Russia, ad esempio, nei “negoziati su uno qualsiasi dei conflitti congelati in cui Stati Uniti, Occidente e Russia sono coinvolti … Un ruolo più importante con l’Iran, Siria o anche la Turchia potrebbe essere un’opinione.”

 

Questo, in effetti, sembra ora essere la politica egoistica adottata in Siria, dove gli Stati Uniti stanno pianificando attivamente un’intesa con Bashar al-Assad. Nelle parole di Otto della DIA, “ci deve essere una comprensione che alcuni Paesi potrebbero soffrire a causa delle nostre azioni. Una strategia di ritiro parziale dalla Siria o dall’Ucraina potrebbe effettivamente consentire migliori negoziati futuri. La riduzione delle truppe a primavera della Russia dalla Siria ha permesso lo spazio di negoziazione per Putin e persino Assad.”

 

Nonostante questo, il documento aggiunge una minaccia appena velata in mezzo a questo linguaggio più diplomatico: Putin è razionale e non è debole … malgrado tutto. Tuttavia, i recenti disordini economici, la fragilità dell’industria petrolifera e un’agricoltura nazionale in difficoltà potrebbero alla fine costringerlo ad affrontare alcuni di questi problemi. Le file per la distribuzione di viveri in Russia stanno incrementando e gli scaffali si stanno sguarnendo sempre più. [1] Dovremmo essere pronti a colpire quando giungerà quel momento, e sta per arrivare.”(pag. 107)

 

Nota del redattore[1]: In realtà, l’agricoltura russa ha beneficiato enormemente delle sanzioni che gli USA e l’UE hanno imposto alla Repubblica Federale di Russia nel 2014. La Russia ora nutre metà del mondo con il suo grano. Non ci sono state file per distribuzione di viveri nel Paese, di lì a poco la fine dell’era di Eltsin. Ecco qui, grossomodo, cos’erano le file in epoca post-sovietica in Russia.

 

Il Dr. Nafeez Ahmed è l’editore fondatore di INSURGE intelligence. Nafeez è giornalista investigativo da 16 anni, in origine del The Guardianper il quale faceva il cronista in materia della geopolitica delle crisi sociali, economiche e ambientali. Nafeez riferisce sul “cambiamento di sistema globale” per Motherboard di VICE e sulla geopolitica regionale per Middle East Eye. Firma articoli in The Independent on Sunday, The Independent, The Scotsman, Sydney MorningHerald, The Age, Foreign Policy, The Atlantic, Quartz, New York Observer, The New Statesman, Prospect, Le Monde diplomatique, e non solo lì. Ha vinto due volte il Project Censored Award per la sua copertura d’inchiesta; è stato inserito due volte nella classifica dei 1.000 londinesi più influenti dell’Evening Standard; e ha vinto il Premio Napoli, il più prestigioso premio letterario italiano, al quale è stata data vita dal Presidente della Repubblica. Nafeez è anche un accademico interdisciplinare, ampiamente pubblicato e citato, che applica l’analisi di sistemi complessi all’impeto ambientale e politico.

 

Nota a cura del traduttore

Pipelinistan (o pipelineistan – aggiunta del traduttore) si riferisce a tutti quei oleodotti e gasdotti nevralgici che ricoprono l’Eurasia e che costituiscono il vero sistema circolatorio per la vita del territorio.
Fonte:https://marketrealist.com/2014/06/overview-what-is-pipelineistan

 

La locuzione Grande gioco (in inglese The Great Game o Tournament of Shadows; in russo: ????????????, traslitterato: Turniry Teney, ossia il Torneo delle ombre) definisce il conflitto, caratterizzato soprattutto dall’attività delle diplomazie e dei servizi segreti, che contrappose Regno Unito e Russia in Medio Oriente e Asia centrale nel corso di tutto il XIX secolo. L’origine del termine è attribuita proprio ad un ufficiale dell’esercito britannico, Arthur Conolly, che lo utilizzò per primo nel 1829.
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Grande_gioco

 

Progetto CASA – 1000 – Il progetto CASA-1000 (Central Asia – South Asia) serve per la fornitura di energia elettrica da parte di Tajkistan e Kyrgyzstan ad Afghanistan e Pakistan. La costruzione della nuova rete elettrica sarà completata entro il 2018 e già viene salutata come uno dei più importanti accordi commerciali degli ultimi tempi tra i Paesi dell’area. L’intesa – per un valore di 1,2 miliardi di dollari – rappresenta non solo un vantaggio economico per tutti i contraenti, ma servirà anche a mantenere la stabilità regionale, garantire sicurezza e prosperità. Il progetto prevede la costruzione di 1.222 km di rete elettrica tra Kyrgyzstan e Tajikistan. La rete produrrà energia elettrica pulita che verrà distribuita in Afghanistan (300 MW) e in Pakistan (1000 MW). La costruzione è finanziata da Stati Uniti, Gran Bretagna e dalle massime istituzioni finanziarie internazionali: Banca mondiale, European Investment Bank e Islamic Development Bank.
Fonte:http://www.asianews.it/notizie-it/Al-via-il-progetto-di-rete-elettrica-CASA-1000-tra-Asia-centrale-e-meridionale-37497.html

 

L’Unione doganale eurasiatica, fondata il 1º gennaio 2010, comprende Bielorussia, Russia e Kazakistan.
L’Unione doganale è il primo passo verso la formazione di un’alleanza economica più ampia comprendente i paesi ex-sovietici e costruita sul modello dell’Unione europea. Gli stati membri stanno progettando di continuare con l’integrazione economica e hanno stabilito l’obiettivo di eliminare le barriere doganali tra loro entro il luglio 2011. Il 19 novembre 2011 gli stati membri hanno creato una commissione congiunta per la creazione di legami economici più solidi, con l’obiettivo di fondare un’Unione eurasiatica entro il 2015. Dal 1º gennaio 2012 i tre stati costituiscono un singolo spazio economico. La Commissione economica eurasiatica è l’agenzia regolatrice dell’Unione doganale e della Comunità economica eurasiatica.

 

Gli Stati Uniti d’America si sono ufficiosamente detti contrari all’Unione doganale, che considerano un tentativo di rifondare un’unione di tipo post-sovietico dominato dalla Russia.

 

NOTE a cura del Traduttore

Fonte:https://it.wikipedia.org/wiki/Unione_doganale_eurasiatica

New Look era il nome dato alla politica di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, durante l’amministrazione del Presidente Dwight D. Eisenhower. Riflette la preoccupazione di Eisenhower di bilanciare gli impegni militari statunitensi concernenti la guerra fredda con le risorse finanziarie della nazione. La condotta politica ha posto enfasi sulla dipendenza dalle armi nucleari strategiche per scoraggiare potenziali minacce, sia convenzionali che nucleari, provenienti dal blocco orientale delle nazioni capeggiate dall’Unione Sovietica.
Fonte: https://en.wikipedia.org/wiki/New_Look_(policy)(traduzione dall’Inglese all’Italiano)


Link: https://medium.com/insurge-intelligence/army-study-us-strategy-to-dethrone-putin-for-oil-pipelines-might-provoke-ww3-9b1d9dbe6be9

 

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