Fonte: L'Antidiplomatico

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02/05/2018

 

Credibilità e potenza militare Usa svaniscono. E molti paesi iniziano a ignorare Washington

di Federico Pieraccini

 

Il lavoro diplomatico continua in alcune delle aree con le più alte tensioni geopolitiche nel mondo. Negli ultimi giorni ci sono stati incontri e contatti ad alto livello tra Turchia, Iran e Russia sulla situazione in Siria; incontri tra Modi e Xi Jinping per allentare le tensioni tra India e Cina; e infine, lo storico incontro tra Moon Jae-in e Kim Jong-un. La componente comune in tutti questi incontri è l'assenza degli Stati Uniti, che potrebbe spiegare gli eccellenti progressi che sono stati osservati.
 

Le ultime settimane hanno portato una nota di ottimismo nell’ambiente delle relazioni internazionali. L'incontro tra Modi e Xi Jinping in Cina ha offerto un esempio, confermato dalle parole di Wang Yi, membro del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese:
 

"I nostri iteressi comuni [di India e in Cina] superano le nostre differenze. Il vertice farà molto per approfondire la reciproca fiducia tra i due grandi vicini. Faremo in modo che il vertice informale sia un successo completo e una nuova pietra miliare nella storia delle relazioni Cina-Indiaiste le tensioni di agosto 2017 nella zona di confine himalayano tra i due paesi, i progressi compiuti negli ultimi nove mesi fanno ben sperare per un ulteriore aumento della cooperazione tra le due nazioni. Il commercio bilaterale ammonta a circa 85 miliardi di Dollari all'anno, con la Cina quale maggiore partner commerciale dell'India. L'incontro tra Modi e Xi serve anche ad approfondire il quadro già esistente tra i due paesi in organizzazioni internazionali come i BRICS, l'Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) e la Shanghai Cooperation Organization (SCO), di cui sono parte integrante. È immaginabile che i negoziati sulla Belt and Road Initiative (BRI) saranno in pieno svolgimento, con Pechino desiderosa di coinvolgere New Delhi maggiormente nel progetto. Tale prospettiva è particolarmente favorita da tre veicoli di investimento molto potenti messi in atto da Pechino, vale a dire la New Development Bank (precedentemente la BRICS Development Bank), l'AIIB e il Silk Road Fund.

 

 Xi Jinping cercherà di avvicinare progressivamente l'India al progetto BRI attraverso accordi commerciali interessanti e reciprocamente vantaggiosi. Tuttavia, questo obiettivo rimane complicato e difficile da attuare. Pechino ne è consapevole e ha già espresso l'intenzione di non imporre il BRI al paese confinante. Con buona parte della futura architettura globale e regionale che dipende da questi due paesi, la buona comprensione mostrata tra Xi Jinping e Modi fa ben sperare, soprattutto considerando gli obiettivi comunemente allineati rappresentati dalla moltitudine di organizzazioni e quadri internazionali su cui Cina e India siedono fianco a fianco lato.

 

 Un’altra notizia importanti per la regione asiatica è stato l'incontro tra Moon Jae-in e Kim Jong-un, che è stato recentemente esaminato in un articolo pubblicato su Strategic Culture Foundation.

 

 Come discusso in questo articolo, l'intenzione dei due leader è di riunire le due Coree, di denuclearizzare la penisola e di firmare un trattato di pace tra il Nord e il Sud, le cui implicazioni senza precedenti comportano domande sul futuro ruolo degli Stati Uniti sulla penisola. Come affermato in precedenza, il riavvicinamento tra le due Coree non gioca a favore di Washington, che usa la Corea del Sud come punto strategico per contenere la Cina, giustificando la sua presenza con il pretesto di confrontare la Corea del Nord. Con un accordo di pace onnicomprensivo, questa giustificazione cesserebbe di esistere. Sembra che l'obiettivo per i responsabili delle politiche statunitensi sia trovare l'opportunità di sabotare l'accordo Nord-Sud e incolpare Kim Jong-un per il suo fallimento. Senza impegnarsi in una soluzione diplomatica con il suo alleato sudcoreano, lo stato profondo di Washington non intende arretrare di un centimetro la sua presenza militare sulla penisola, e potrebbe persino guardare favorevolmente al fallimento dei negoziati, danneggiando ulteriormente Trump e la sua amministrazione.

 

 E’ una guerra interna allo stato profondo che va avanti da anni. Obama ha voluto abbandonare il Medio Oriente per concentrarsi sul contenimento della Cina, modificando di conseguenza la struttura militare per tornare a una posizione da guerra fredda. Questo spiega l'accordo con l'Iran per liberare gli Stati Uniti dal suo coinvolgimento in Medio Oriente, in modo da potersi concentrare principalmente sull'Asia e promuoverla quale regione più importante per gli Stati Uniti. Questa intenzione strategica ha incontrato un'enorme opposizione da parte di due delle più influenti lobby del sistema politico americano, quella israeliana e Saudita. Senza gli Stati Uniti, questi due paesi non sarebbero in grado di fermare la pacifica ma impressionante ascesa Iraniana nella regione.

 

 Ascoltando un generali a quattro stelle come Robert Neller (comandante del corpo dei marines) e altri meno distinti, si arriva a comprendere fino a che punto l’apparato militare americano si trovi in un caos strategico senza precedenti. Le quattro forze armate (US Army, US Navy, US Marines e US AirForce) sono state vittima di modifiche epocali ad ogni cambio di presidenza. I pianificatori del Pentagono avrebbero il desiderio di confrontarsi simultaneamente con paesi come la Russia, la Cina e l'Iran, ma da anni diminuiscono la loro efficacia operativa a causa dell’estensione imperiale in cui versano. Altri politici, in particolare dell'area Neocon, sostengono la necessità di trasformare le forze armate statunitensi da una adatta a combattere piccoli paesi (Iraq, Afghanistan, Siria), insurrezioni mediorientali o gruppi terroristici (un pretesto originato dagli anni '90 e con la prima guerra del Golfo), ad una forza militare in grado di affrontare i suoi concorrenti paritetici con tutte le armi necessarie. Tale riallineamento non si verifica in un breve periodo di tempo e richiede un'enorme quantità di denaro per riorganizzare la struttura operativa delle forze armate.

 

 In questa lotta tra componenti dello stato profondo, Trump ha tradito ogni aspirazione politica che derivasse dalla sua campagna elettorale e si ritrova ad implementare una strategia sconsiderata. Trump nella sua marcia verso la presidenza si è mostrato fortemente filoisraeliano e uno strenuo difensore delle forze fortemente, con il risultato pratico di un aumento importante delle spese militari. Decine di miliardi di dollari di accordi sono stati realizzati con il paese più ricco del Medio Oriente, l'Arabia Saudita, per gli acquisti di armi, e l’accordo sul nucleare Iraniano (JCPOA) è considerato negativamente e da abrogare.

Gli interventi di Trump in Siria confermano che si trova sotto la forte influenza di quella parte dello stato profondo che è fermamente convinto che gli Stati Uniti dovrebbero essere sempre presenti in Medio Oriente, opporsi apertamente all'Iran e, soprattutto, dovrebbero prevenire la creazione di un arco sciita che estenda la sua influenza a dall'Iraq, al Libano passando per la Siria.

 

 Il ragionamento utilizzato da Trump e dalla sua amministrazione conferma questa direzione nella strategia di Washington: invocano una maggiore cooperazione con Pechino per risolvere la questione coreana; si sforzano inutilmente di diminuire l'influenza di Mosca in Siria e nel Medio Oriente in generale; e optano per una maggiore belligeranza nei confronti dell'Iran, con un progressivo allontanamento dall'Asia, smentendo la visione strategica di Obama del perno verso l'Asia (Asian pivot) Trump sembra dare l'impressione di voler aggredire la Cina con una guerra commerciale che finirebbe inevitabilmente per danneggiare gli Stati Uniti in primis.

 

In questa strategia, gli alleati europei svolgono un ruolo importante nell'intenzione di Washington di cancellare o modificare l'accordo nucleare iraniano. Dopo gli incontri a Washington tra Trump e Macron, e poi con la Merkel, entrambi i leader europei sembrano più o meno aperti a una modifica del JCPOA, a condizione che Trump rinunci all’idea di applicare tariffeo dazi sui prodotti commerciale dei paesi europei, un appello a cui il premier inglese Theresa May ha aggiunto il suo nome. Sembra una tattica disperata, dato che una delle questioni su cui Trump punterà la sua campagna per la rielezione nel 2020 è riuscire a correggere gli squilibri commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea, senza i quali non sarà in grado di affermare di aver mantenuto le sue promesse.

 

Gli Stati Uniti hanno molte carte da giocare, ma nessuna è decisiva. In Corea, il processo di pace dipende molto poco dalle intenzioni di Trump e più dalla volontà dei due partiti chiave di raggiungere un accordo storico per migliorare la vita di tutti i cittadini della penisola. Prevedo che lo stato profondo proverà a incolpare la Corea del Nord per un fallimento dei negoziati, portando così in Asia il caos nelle relazioni internazionali che gli Stati Uniti hanno portato con successo in altre parti del mondo. La Repubblica popolare cinese cercherà quindi di sostituire gli Stati Uniti nei negoziati al fine di avvicinare le due parti negoziali e concludere un accordo.

 

 Allo stesso modo, un tentativo di sabotare il JCPOA (accordo sul nucleare Iraniano) porterà Russia, Cina e Iran in un triangolo strategico, di cui scrivevo più di un anno fa. Un'uscita unilaterale dall'accordo nucleare servirà unicamente a delegittimare il ruolo nelle relazioni internazionale di Washington, aprendo la strada al sabotaggio dell'eventuale accordo di pace in Corea. Gli Stati Uniti si ritroveranno isolati a causa della lotta interna all'elite nordamericane/europee.

 

Il successo dei negoziati in Corea potrebbe spianare la strada ad un ombrello militare di protezione per la Repubblica Popolare Democratica di Corea garantito da Cina e Russia, allo stesso modo le due nazioni potrebbero concedere la medesima garanzia all'Iran per resistere alla pressione americana ed europea di cancellare il JCPOA. In definitiva, il riavvicinamento tra India e Cina, in vista di importanti accordi sul BRI, potrebbe suggellare la cooperazione tra due giganti, guidando l'area eurasiatica sotto l'influenza definitiva di India, Cina, Russia e Iran e garantendo un futuro di sviluppo economico pacifico per  l'area più importante del globo.

 

 Gli Stati Uniti si trovano divisi da una lacerante guerra interna alle proprie élite, dove la presidenza di Trump viene continuamente attaccata e delegittimata, mentre l'assalto coordinato al dollaro continua rapidamente attraverso strumenti come oro, petroyuan e la tecnologia blockchain.

 

Il potere militare statunitense sta dimostrando di essere una tigre di carta incapace di cambiare il corso degli eventi sul campo, come si è visto recentemente in Siria. La perdita di credibilità diplomatica derivante dal sabotaggio del JCPOA, e l'incapacità di Washington di sedersi e negoziare sinceramente con la Corea del Nord, consegnerà il colpo di grazia finale a un paese che sta facendo di tutto per distruggere le ultime amicizie rimaste con i suoi alleati europei (sanzioni imposte sulla Russia, sanzioni sulle compagnie europee che partecipano al North Stream 2 e tariffe in una nuova guerra commerciale).

 Lo stato profondo degli Stati Uniti rimane su questo percorso di autodistruzione, perennemente lacerato tra strategie opposte, che accelerano il declino unipolare di Washington e l'emergere al suo posto di un ordine mondiale multipolare, con New Delhi, Mosca, Pechino e Teheran quali nuovi poli una vasta area comprendente il Medio Oriente e tutta l'Eurasia.

 

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