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30 maggio 2018

 

Striscia di Gaza, perché né Hamas né Israele vogliono una guerra

di Barbara Ciolli

 

Il movimento che governa la Striscia non ha reagito con le armi alle stragi di civili della Marcia del ritorno. Tel Aviv lo mette alla prova. L'escalation, senza morti e feriti, scaturita da una vendetta di Jihad islamica.

Una guerra non è nella nuova strategia di Hamas e neanche negli obiettivi a breve termine di Israele. Se la tregua nella Striscia di Gaza, negoziata in Egitto dopo l'escalation, regge è perché, prima dei lanci di mortai e razzi bloccati nelle ultime 24 ore dallo scudo antimissili israeliano, dalla fine di marzo le milizie di Hamas non avevano sparato alcunché ed erano anche riuscite a controllare le frange più estremiste come Jihad islamica. Una tempistica affatto casuale: proprio dal 30 marzo sono montate le proteste di massa al confine tra Israele e l'enclave palestinese, con oltre 120 morti e migliaia di feriti per gli spari e i gas lacrimogeni delle forze israeliane. Contro la rivendicata Grande marcia del ritorno dei palestinesi.

 

NESSUNA REAZIONE. Ma a quell'aggressione Hamas, a differenza che in passato, non ha reagito. Neanche dopo la strage del 14 maggio alla frontiera, mentre a Gerusalemme le élite israeliana e americana banchettavano indifferenti all'inaugurazione dell'ambasciata Usa. Sebbene rivendicato anche da Hamas, il lancio di razzi e mortai tra il 28 e il 29 maggio è stata la risposta di Jihad islamica a un raid israeliano di alcuni giorni prima, che aveva ucciso quattro miliziani. Israele ha subito reagito con una serie di attacchi aerei, fino alla mezzanotte del 29 maggio, contro 25 obiettivi nella Striscia tra tunnel per i rifornimenti anche di armi, siti di produzione e di stoccaggio di razzi e droni, campi di addestramento.

 

La rappresaglia israeliana non è stata maggiore di altre precedenti, dopo un'escalation di media intensità. Dall'ultima guerra a Gaza del luglio 2014 (gli oltre 2.250 morti palestinesi dell'Operazione Margine protettivo) si sono verificati diversi lanci di razzi dalla Striscia, diverse crisi sono state sul punto di esplodere. Ma il bilancio di sangue peggiore dal 2014 si è avuto nelle proteste della Marcia del ritorno lungo la frontiera con Israele, che Hamas nega ufficialmente di aver organizzato e che promettono una loro nuova acme, dopo gli anniversari dell'invasione e dell'occupazione israeliana, nella giornata del 5 giugno. L'inizio, nel 1967, della Guerra dei Sei giorni.

EMISSARI SEGRETI IN EGITTO. Altre decine di palestinesi possono cadere sotto i colpi dei cecchini israeliani. La tenuta della strana tregua, accettata da Israele ancor prima sulla crisi di Gaza si riunisse il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, si misura sulla capacità di Hamas di trattenersi da reazioni armate in vendetta dei morti della Marcia del ritorno e di tenere anche a freno la Jihad islamica. Fonti della sicurezza e della difesa dello Stato ebraico smentiscono, come da tradizione, di aver preso parte alle trattative egiziane per il «cessate il fuoco unilaterale concordato da Hamas». Tuttavia dei messaggi sarebbero stati inviati e Israele ha annunciato di rispettare la tregua, «se Hamas metterà fine al fuoco. In alternativa i nostri attacchi saranno ancora più forti».

 

Le autorità israeliane sostengono di aver inferto, nei raid notturni, un «colpo significativo contro decine di target terroristici» e in mattinata hanno disposto la riapertura delle scuole e dei luoghi di lavoro al confine con la Striscia: un segnale distensivo. È come se a Tel Aviv si prendesse al momento per buona la dichiarazione di tregua del membro dell'ufficio politico di Hamas, Khalil al Hayya, ritenendo verosimile la giustificazione di Hamas di essere stata trascinata dalle frange estremiste nel lancio di razzi. In ore durante le quali il movimento che governa la Striscia era concentrato con un'imbarcazione a unirsi alla missione di una flottiglia di attivisti filo-palestinesi per forzare il blocco navale verso Gaza.

HAMAS MESSA ALLA PROVA. Il controllo anche verso la Jihad islamica si sarebbe insomma allentato, a svantaggio di Hamas. Anche il ministro dell'intelligence israeliana Israel Katz ha dichiarato che il governo Netanyahu non è intenzionato a trasformare in una guerra l'escalation di razzi e raid, che non ha finora causato morti né feriti, anche se un razzo palestinese sarebbe caduto nel cortile di un asilo. Al di là di alcuni ordigni artigianali che le autorità israeliane denunciano esplosi lungo il confine, le proteste della Marcia del ritorno sono pacifiche, le migliaia di manifestanti palestinesi attaccati sono disarmate. La tattica di Hamas di non rispondere con il fuoco all'uccisione di civili è inedita, quasi quanto la disponibilità di Israele ad accettare l'esito dei misteriosi negoziati egiziani.

 

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