Il Manifesto

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27 lug 2018

 

Due manifestanti uccisi dai cecchini israeliani

di Michele Giorgio

 

Sangue sulle manifestazioni di oggi nella Striscia: due vittime, un 43enne e un ragazzo di 14 anni. Intanto l’inviato dell’Onu in Medio oriente fa la spola tra Israele e  Gaza per evitare un nuovo scontro militare tra l’esercito dello Stato ebraico e Hamas

 

AGGIORNAMENTI

ore 19.40 – Ucciso da un cecchino 14enne palestinese

Sale il bilancio delle vittime del fuoco israeliano alle manifestazioni per la Marcia del Ritorno a Gaza: la seconda vittima è un ragazzo di 14 anni, anche lui ucciso a est di Khan Younis come il primo manifestante. Secondo fonti mediche gazawi, i feriti sono stati 184, di cui 70 colpiti da proiettili; tra i feriti, 14 bambini, 10 donne, un giornalista e quattro paramedici.

 

ore 17.45 – L’esercito israeliano uccide un palestinese alla Marcia del Ritorno

I cecchini israeliani hanno aperto il fuoco oggi, lungo le linee di demarcazione tra Gaza e Israele, durante le manifestazioni per la Grande Marcia del Ritorno, cominciata il 30 marzo. Un palestinese è stato ucciso: il 43enne Ghazi Abu Mustafa, colpito alla testa da un proiettile a est di Khan Younis.

 

Gaza, 27 luglio 2018, Nena News –

 

Sono le ore dell’incertezza, quelle in cui si afferma tutto e il contrario di tutto e che gravano come una cappa su Gaza. Oggi, quando migliaia di palestinesi raggiungeranno le linee di separazione con Israele per il venerdì dei “bambini martiri” della Grande Marcia del Ritorno, Gaza potrebbe trovare alle sue porte l’offensiva militare che il governo Netanyahu minaccia da mesi. E comunque la guerra di attrito tra le due parti è in corso da tempo.

In risposta all’uccisione, mercoledì sera, da parte di Israele di tre militanti dell’ala armata di Hamas, Ezzedin al Qassam, i comandi militari del movimento islamico ieri mattina hanno annunciato di essere «in stato di massimo allarme» e hanno fatto appello alle altre organizzazioni di Gaza «ad agire allo stesso modo» e a far pagare a Israele «un alto prezzo di sangue per i suoi crimini».

Se questi annunci, abbinati a quelli del ministro israeliano per la sicurezza Gilad Erdan che ha parlato di «passi avanti verso un’ampia operazione militare», siano l’ultimo atto prima del nuovo conflitto, l’abbiamo domandato ieri ad “Abu Samir” nome fittizio scelto da un componente della “struttura di collegamento” tra l’ala armata e quella politica del movimento islamico. «L’intera struttura dei combattenti di Hamas, in ogni sua articolazione e capacità bellica, è pronta ad attaccare il nemico o a rispondere a una sua aggressione. La nostra linea è chiara: ad ogni assalto del nemico risponderemo con una reazione di pari livello e non abbiamo paura di combattere», ci ha risposto “Abu Samir” ricordando che Hamas può «infliggere colpi molto dolorosi a Israele». Punti ribaditi da altri esponenti del movimento islamico e di altre formazioni palestinesi ripresi dalle radio di Gaza.

I proclami di guerra, di israeliani e palestinesi, non hanno cambiato la routine di Gaza. La popolazione ieri ha continuato le sue attività e nelle strade della Striscia ha regnato la calma. Forse, come ci dice Munzer Taha, un commerciante di via Wahda, «è solo rassegnazione di fronte ad un quadro generale che continuerà a peggiorare sotto ogni punto di vista».

Per alcuni l’allerta lanciato da Ezzedin al Qassam è stato una sorta di esortazione per Nikolay Mladenov, il coordinatore speciale dell’Onu per il Medio Oriente, ritenuto l’unico attore internazionale in grado di evitare la guerra, almeno in questa fase in cui gli egiziani sembrano aver fatto un passo indietro. Mladenov ieri ha fatto la spola tra Israele e Gaza. Al mattino è entrato nella Striscia e ha incontrato il leader di Hamas Ismail Haniyeh. Poi è andato in Israele, quindi è tornato a Gaza per un nuovo incontro con Haniyeh.

«Da quanto abbiamo saputo – ci spiegava ieri sera Aziz Kahlout, un giornalista di Gaza – l’inviato dell’Onu ha spiegato agli israeliani che se (lo Stato ebraico) vuole la fine dei lanci di “palloni incendiari” (da Gaza) Hamas da parte sua chiede misure immediate che allentino l’assedio (israeliano) e migliorino le condizioni di vita della popolazione di Gaza, a cominciare dalla riduzione della disoccupazione».

Secondo Kahlout, Mladenov ha sottolineato ad Haniyeh la decisione della Banca mondiale di portare a 90 milioni di dollari gli investimenti per Gaza e ha offerto aiuti umanitari urgenti e la costruzione di infrastrutture civili per generare migliaia di posti di lavoro nella Striscia. Un’offerta che di fatto scavalca il presidente dell’Anp Abu Mazen contrario alla attuazione di questi programmi se prima Hamas non rinuncerà al controllo di Gaza e ad avere un’ala militare alternativa alle forze di sicurezza dell’Anp.

È difficile valutare la concretezza di queste indiscrezioni. Fatto sta che a queste voci se ne sono aggiunte altre diffuse dalla radio militare israeliana secondo cui Abu Mazen sarebbe pronto ora ad accettare il piano di aiuti umanitari per Gaza, che ha respinto sino ad oggi, formulato dall’Amministrazione Trump in collaborazione con Israele e alcuni paesi arabi durante una recente conferenza negli Usa. Allo stesso tempo non fa alcun passo in avanti la riconciliazione tra Hamas e Fatah, il partito guidato da Abu Mazen. Uno dei dirigenti di Fatah, Azzam al Ahmad, ha ribadito che per il momento il suo partito non avrà al Cairo incontri bilaterali con i rappresentanti del movimento islamico.

Ieri sera un palestinese è stato ucciso in Cisgiordania dopo aver ferito a coltellate due coloni israeliani, uno è in gravi condizioni, nell’insediamento di Adam.

 

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