MEMO

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5/2/2018

 

Israele sfrutta economicamente il disastro di Gaza

di Ramona Wadi

Traduzione di Bushra Al Said

 

Considerando le terribili condizioni umanitarie di Gaza, è impossibile non ricordare ciò che il consigliere del governo israeliano Dov Weisglass disse nel 2006, quando prese piede l’assedio israeliano a Gaza: “L’idea è di mettere i palestinesi a dieta, ma non di farli morire di fame”. Quanto di questo spietato calcolo iniziale rimanga valido oggi è discutibile, poiché i palestinesi di Gaza soffrono problemi di salute che sono una conseguenza diretta delle restrizioni di Israele sul cibo disponibile per la popolazione, il blocco illegale nell’enclave e il disastro causato dai periodici bombardamenti, tra cui l’ultima grande offensiva del 2014 “Operation Protective Edge”.

La comunità internazionale ha ripetuto una dichiarazione secondo cui Gaza sarà “invivibile” entro il 2020. Sembra che la scadenza richiederà un’estensione, dato che Israele invierà una richiesta di aiuti di $1 miliardo alla comunità internazionale perché, secondo il potere coloniale, è la stessa Gaza che ha portato la popolazione sull’orlo dell’implosione.

Haaretz ha riportato commenti che attestano il tentativo di Israele di sviare la propria responsabilità e colpa. Secondo il presidente israeliano Reuven Rivlin: “Il mondo intero deve sapere e capire che chi che impedisce la ricostruzione è Hamas. Israele è l’unico partito nella regione che, in qualsiasi condizione, fornisce i bisogni minimi dei residenti in modo che corpo e anima possano sopravvivere”.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto eco alle parole di Rivlin: “È assurdo che Israele debba prendersi cura delle necessità più elementari della vita che il governo di Hamas ignora”.
Il generale maggiore Yoav Mordechai era più schietto nell’amalgamare i progetti proposti sulla sicurezza di Israele, anche se lo fa mentre travisa la resistenza legittima come “terrore”. Esonerando Israele di ogni colpa per “l’economia fallita” di Gaza, ha aggiunto che investire nell’enclave è “un ulteriore elemento della dottrina della sicurezza dell’IDF”.

Non c’è nulla di nuovo in questa tattica israeliana. Come parte della sua espansione coloniale, intraprende la distruzione, il dislocamento e la privazione; a titolo di risarcimento, redige progetti da finanziare per la comunità internazionale. Sebbene i funzionari israeliani nella loro retorica abbiano eliminato la colpevolezza e i tempi, è ovvio che, se non ci fosse alcuna presenza coloniale in Palestina, i palestinesi non avrebbero mai sperimentato l’umiliazione della dipendenza dagli aiuti e che i loro bisogni debbano essere classificati secondo la comunità internazionale, pilotata da Israele.

Prendendo spunto dalla narrativa fuorviante e erroneamente rappresentata su Gaza, la comunità internazionale probabilmente accetterà l’ultima richiesta di Israele e, di conseguenza, finanzierà sia il colonialismo sia la narrativa di sicurezza di Israele, che è parte integrante dello sviluppo che Israele presumibilmente prevede per il territorio. Considerando che l’attenzione di Israele su Gaza arriva dopo i tagli degli Stati Uniti agli aiuti finanziari ai palestinesi, dovrebbe dare l’avvio a un attento esame. Può congratularsi con ciò che i funzionari definiscono come una lotta contro il pregiudizio preteso contro Israele, tuttavia il vuoto lasciato dagli Stati Uniti alla fonte di aiuti ai palestinesi, sebbene magro rispetto all’accumulazione dei bisogni, espone ulteriormente alla violenza coloniale.

Il piano israeliano per l’infrastruttura di Gaza, quindi, è un passo verso l’alienazione. L’apertura di una nuova forma di dipendenza dei palestinesi a Gaza non è un’opportunità economica. Questa volta ci sono molte opportunità per Israele, che può estendere il suo concetto distorto di aiuto umanitario e sviluppo a una popolazione che ha freddamente e deliberatamente terrorizzato, assassinato e mutilato per molti decenni.
L’approvazione da parte della comunità internazionale, compresi i finanziamenti per i progetti proposti, consentirà a Israele di spingere ulteriormente i limiti nella collaborazione. Nel caso in cui Israele decidesse di radere nuovamente Gaza con un’altra brutale offensiva militare, i successi finanziari saranno sostenuti dai suoi complici internazionali, seguendo il modello stabilito della demolizione israeliana delle strutture finanziate dall’UE, solo più severamente. È chiaro che Israele sta cercando di infliggere ripercussioni analoghe sui frammenti rimanenti del territorio palestinese e che non esiste un modo più rapido per raggiungere questo obiettivo se non invitando la comunità internazionale a partecipare.

 

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