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27/12/2018

 

La lettera segreta contenente un progetto di Israele per espellere arabi senza inutile violenza

di Adam Raz

Traduzione di Amedeo Rossi

 

La lettera segreta contenente un progetto di Israele per espellere arabi “senza inutile violenza”. Sei mesi dopo la fine della guerra di Indipendenza David Ben-Gurion intendeva espellere più di 10.000 arabi dal nord, per non meglio specificate “ragioni di sicurezza”. Perché recentemente una lettera a lungo declassificata che descrive questo piano è stata di nuovo nascosta al pubblico? 

Il documento qui riprodotto è importante per tre ragioni. Primo, per il suo contenuto; secondo, perché è stato secretato; terzo, per il rapporto tra la prima ragione e la seconda, che offre una lezione sui rapporti reciproci tra la messa a disposizione di documenti storici degli archivi e la consapevolezza storica.

Il documento è una lettera “segreta” datata 4 dicembre 1949, sei mesi dopo la fine ufficiale della guerra d’Indipendenza (in seguito alla firma dell’accordo di armistizio con la Siria). Il suo autore era Walter Eytan, il primo direttore generale del ministero degli Esteri di Israele, e il suo destinatario era Moshe Sharett, il ministro degli Esteri, che in quel momento si trovava a New York.

Eytan informa il suo capo riguardo a un piano “per espellere gli abitanti arabi da un gran numero di luoghi” in Galilea e altrove nel nord del Paese. Egli elenca i villaggi: Fasuta, Tarshiha, Jish (dove l’anno prima era andata la maggior parte degli abitanti cacciati dal villaggio di Biram), Hurfeish, Rihana, Majdal e Zakariya. Eytan notò che il piano prevedeva l’espulsione di più di 10.000 arabi, la maggioranza dei quali cristiana, anche se alcuni erano drusi (Hurfeish) o circassi (Rihana). L’espulsione avrebbe dovuto essere realizzata per “ragioni di sicurezza”. La destinazione dei deportati non veniva specificata.

Eytan scrive che David Ben-Gurion, il primo ministro, aveva già approvato il trasferimento degli abitanti “con la forza verso altri luoghi”, ma voleva l’approvazione di Sharett e di Eliezer Kaplan,

il ministro delle Finanze, perché il costo dell’operazione sarebbe stato di circa un milione di sterline israeliane (compreso il ricollocamento dei profughi).

Eytan era stato informato dei dettagli del piano da Zalman Lief, un esperto di confini e terre, che consigliava Ben-Gurion su questi argomenti. Lief sottolineava che il progetto avrebbe potuto essere messo in atto “senza inutile violenza”. Eytan sottolineò a Sharett che il consenso del ministero degli Esteri era necessario per l’approvazione del piano e aggiunse la sua opinione: “Ho espresso una risposta nettamente negativa per ragioni politiche,” scrisse a Sharett. “Ho pensato che fosse giusto che lei sapesse del piano ora, anche se il suo esito non sarà deciso nell’immediato.” Durante questo periodo, Sharett veniva spesso lasciato all’oscuro da Ben-Gurion e dai suoi colleghi.

Naturalmente l’espulsione non venne messa in pratica, ma negli anni che seguirono venne fatta una serie di tentativi di trasferire fuori dal Paese decine di migliaia di arabi cristiani dalla Galilea verso l’Argentina e il Brasile (l’idea venne descritta come un trasferimento previo consenso, con o senza virgolette). Uno dei piani era chiamato “Operazione Yohanan” (da Yohanan di Gush Halav – John di Giscala – un capo della rivolta ebraica contro i romani, nel primo secolo d.C.), che i dirigenti israeliani presero in considerazione per poco tempo nel 1952-53, finché venne accantonato perché non fattibile. Come sappiamo, la città di Gush Halav (Jish, in arabo) esiste ancora. Negli anni successivi alla guerra ci fu un’aspra polemica all’interno della dirigenza riguardo all’”emigrazione” di arabi dal Paese. Moshe Dayan [generale, uomo politico israeliano, più volte ministro, ndtr.], per esempio, pensava che “il Paese dovrebbe essere omogeneo” e appoggiava l’espulsione degli arabi con la forza.

Non sappiamo perché il piano descritto nella lettera non venne messo in atto, anche se ciò fu probabilmente dovuto principalmente alle “ragioni politiche” che Eytan aveva citato nella sua lettera. Dopotutto la proposta implicava l’espulsione di abitanti molti mesi dopo la fine dei combattimenti. Tra l’altro, in pochi anni sia i drusi (1956) che i circassi (1958) sarebbero stati inseriti nelle Israel Defense Forces [Forze di Difesa Israeliane, l’esercito israeliano, ndtr.] come soldati di leva. (In realtà, molti di loro erano stati volontari dell’IDF già durante e dopo la guerra del 1948).

Il fatto che Ben-Gurion abbia insistito sull’assenso di Sharett per mettere in pratica il piano rivela qualcosa delle relazioni tra i due dirigenti. I contrasti politici tra le due principali figure del Mapai, il partito al governo e precursore del partito Laburista, continuarono a lungo riguardo alle decisioni sul futuro dei due popoli che condividevano la terra e le dinamiche tra Israele e il mondo arabo.

Mentre Sharett chiedeva che tutti gli arabi rimasti in Israele venissero ufficialmente riconosciuti e gli venisse concessa la cittadinanza, con uguali diritti, Ben-Gurion si opponeva all’idea e invitava a vedere gli arabi come una potenziale quinta colonna; chiunque la pensasse diversamente era semplicemente ingenuo, diceva. È per questo, tra le altre ragioni, che si oppose alla revoca del controllo del governo militare sulla popolazione araba nel 1966, durante il periodo del governo di Levi Eshkol. Contrariamente all’opinione di Sharett e di altre importanti figure, egli considerava la sua esistenza una necessità. Probabilmente Sharett condivideva l’opposizione di Eytan al piano di espulsione.

Fino a poco tempo fa la lettera di Eytan è stata conservata in una cartella intitolata “Minorities – Matters of Organization, Religion, Policy toward Minorities” [Minoranze – Questioni di organizzazione, Religione, Politica verso le Minoranze] (File No. 2402/29) nell’Archivio di Stato israeliano. Per più di 25 anni, fino a circa sei mesi fa, la cartella era stata a disposizione per la lettura. Il personale dell’archivio avrebbe persino inviato una sua scannerizzazione per mail a chiunque lo richiedesse. (In questo caso è stata inviata all’Akevot Institute for Israeli-Palestinian Conflict Research [Istituto Akevot per le ricerche sul conflitto israelo-palestinese], il cui programma include anche l’eliminazione degli ostacoli che lo Stato pone sul cammino dei ricercatori che vogliono scoprire documenti storici). Ma ora la lettera (insieme a un’altra di otto pagine scritta da Bechor-Shalom Sheetrit, primo e unico ministro delle Minoranze [ministero abolito nel 1949, ndtr.]) è stata tolta dalla cartella e non è più consultabile.

Contrariamente ai loro obblighi, gli archivi non spiegano nella cartella perché i documenti sono stati tolti da lì e invece lo fanno lasciando una pagina bianca in cui c’è scritto solo la parola “riservato”. La lettera censurata di Sheetrit menziona il rapporto Riftin, che è stato argomento di un articolo di Ofer Aderet su Haaretz all’inizio di quest’anno (“Perché Israele sta ancora nascondendo esecuzioni extragiudiziarie commesse da una milizia ebraica nel ’48?”). La lettera di Sheetrit, intitolata “Minoranze nello Stato di Israele”, segnala questo argomento. Chi scrive avverte, tra gli altri punti, in merito a “furti e saccheggi (di proprietà arabe) da parte sia dell’esercito che di civili (…) violazione di accordi di resa riguardo alla salvaguardia di proprietà (e aggiunge che) la sete di rapina ha fatto girare la testa al personale dell’esercito.”

Perché due documenti sono stati improvvisamente censurati dopo essere stati a disposizione del pubblico per anni? Non ci sono risposte. Qualche mese fa ho scritto su queste pagine (“Cosa sta nascondendo Israele riguardo al suo programma nucleare degli anni ’50?”) che in moltissimi casi i rappresentanti dello Stato che sono incaricati di rendere disponibili documenti storici (in questo caso, il capo censore della stampa e dei media) non fanno differenza tra documenti che potrebbero compromettere la sicurezza dello Stato e la politica estera, e quelli che potrebbero semplicemente essere imbarazzanti per lo Stato.

Il fatto che, sei mesi dopo la fine della Guerra del 1948, Ben-Gurion abbia preso in considerazione l’espulsione di migliaia di arabi dalle loro case non è molto lusinghiero (tanto più che erano arabi cristiani, il cui benessere avrebbe probabilmente avuto più valore per l’opinione pubblica mondiale). Tuttavia, mentre lo studio della storia è suscettibile (fino a un certo punto) di una scelta individuale, la rivelazione di documenti storici non dovrebbe essere suscettibile di considerazioni politiche, in una democrazia non dovrebbe diventare un privilegio e non dovrebbe mai essere soggetta a considerazioni che non siano direttamente legate alla sicurezza.

 

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