Originale: Toward Freedom

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8 giugno 2018

 

L’Anarchismo in America Latina: scioperare e sognare dalla Terra del Fuoco  a  Tijuana 

di Ben Dangl

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Ángel Cappelletti (1927-1995) era un filosofo argentino che trascorse  gran parte della sua carriera insegnando all’Università Simon Bolivar in Venezuela. Ha anche tradotto numerose opere dal Greco e dal Latino e ha scritto oltre due dozzine di libri principalmente sulla filosofia e sull’anarchismo. Uno dei suoi ultimi libri è la classica    indagine Anarchism in Latin America, ora disponibile per la prima volta in inglese dalla AK Press.

Il libro ci fornisce un’ampia panoramica dell’anarchismo in 14 paesi della regione, dagli scioperi generali nei porti cileni ai teorici-lavoratori nelle fabbriche cubane di tabacco. L’estesa panoramica di Cappelletti, offre una ricca finestra in quasi cento anni di iniziative e agitazioni anarchiste, a cominciare dal 1860, quando “l’anarchismo si radicò in molti gruppi attivisti”, fino alla metà del ventesimo secolo.

“Questa opera non vuole essere una storia esauriente dell’anarchismo latino-americano, ma semplicemente uno schizzo di questa,” scrive Cappelletti. In effetti, uno dei punti di forza di questo libro è la sua ampiezza. Non soltanto ha dei capitoli comprensibilmente corposi sull’Argentina e il Messico, ma menziona anche angoli meno noti del continente dove  gli anarchici paraguayani hanno lottato per la giornata lavorativa di 8 ore e una comunità auto-gestita che era fiorita a Montevideo,  Uruguay. L’opera di vasta portata di Cappelletti è anche un’enciclopedia di fonti primarie: manifesti politici, opuscoli,  petizioni e  discorsi perduti nel dimenticatoio della storia, sono raccolti e citati qui ampiamente, amplificando utilmente le voci di questi pensatori e scrittori anarchici, e fornendo una guida di riferimento ai ricercatori.

Soprattutto, il libro L’anarchismo in America Latina tratta delle visioni, delle strategie e delle lotte degli anarchici, dalle dittature all’epocale Rivoluzione Messicana. Come scrive Cappelletti: “L’anarchismo in America Latina ha un’amia storia ricca di lotte pacifiche e violente, di dimostrazioni di eroismo individuale e collettivo, di sforzi organizzativi, di propaganda orale, scritta e pratica, di opere  letterarie, di esperimenti teatrali, pedagogici, cooperativi e comunitari.” Ed è tutto qui, nella espressiva traduzione inglese di Gabriel Palmer-Fernández e con una utile e  ricca nuova introduzione di Romina Akemi e Javier Sethness-Castro.

Cappelletti ci porta nella città portuale di Callao, in Perù, nel gennaio del 1913, quando ai lavoratori del porto si unirono “i tipografi, i fornai, i metalmeccanici, i mugnai e i gasisti” in uno sciopero generale per la giornata lavorativa di 8 ore, per salari più alti e per il sostegno medico alle vittime di incidenti sul lavoro. Il governo minacciò di usare i mitra, ma la solidarietà dei lavoratori si diffuse lontano e rapidamente, costringendo i padroni del porto e delle banchine  a cedere alle richieste degli scioperanti. I gruppi anarchici, “quasi gli unici promotori di queste lotte,” scrive Cappelletti, hanno protestato nelle strade “con un indescrivibile entusiasmo, portando la bandiera rossa.”

L’azione diretta e gli scioperi generali si diffusero e nel 1919 il movimento aveva ottenuto la giornata lavorativa di otto ore in tutta la nazione.

Oltre  a queste lotte dei lavoratori di città, il libro fa luce su progetti anarchici minori, in tutta la regione. La Comunidad del Sur (la Comunità del Sud), fondata negli anni ’50 a Montevideo, Uruguay, è stato “uno degli esperimenti comunitari più importanti della storia dell’anarchismo in America Latina,” scrive Cappelletti. “La comunità era autogestita e consisteva di coppie che vivevano, lavoravano, mangiavano ed educavano insieme i bambini.” Tuttavia, la dittatura militare l’annientò, mandando i suoi membri in esilio dove hanno riorganizzato la loro comunità prima in Perù e alla fine in Svezia.

Gli inviti anarchisti alla pace nel mezzo del conflitto degli inizi del 20° secolo per il confine tra Argentina e Cile sembrano giusti nei nostri tempi di guerra perpetua. Un anarchico cileno denunciò questo incitamento alla battaglia nel numero del 1° gennaio 1902 de La Agitación: “I governanti, quegli eterni sfruttatoti dell’infelicità, cominciano a istigarci a uccidere i nostri fratelli, i lavoratori della Repubblica Argentina…Ascoltate: oltre le Ande ci sono lavoratori che soffrono gli  stessi  tormenti e tirannie che soffriamo noi e che, come noi stessi, non hanno nulla da difendere. Non possono essere nostri nemici perché sono nostri fratelli nella schiavitù… Lavoratori cileni, deponete quei fucili che i nostri governanti vogliono che usiamo contro i nostri fratelli.”

Una storia drammatica di solidarietà anarchica internazionale e di organizzazione transnazionale, scorre in queste pagine. Nel 1919, in Cile, i portuali e i marinai anarco-sindacalisti, hanno tenuto il Primo Congresso dei Lavoratori Internazionali del Mondo nel paese (IWW), modellato in base all’IWW negli Stati Uniti. Adottarono le stesse tattiche delle loro controparti statunitensi, usando scioperi, sabotaggi, propaganda e boicottaggi contro il “capitale, il governo e la Chiesa.”

Si menziona anche la solidarietà tra il famoso e influente anarchico Ricardo Flores Magón e personaggi come Emma Goldman, Joe Hill, and Jack London nell’indagine di Cappelletti sulle influenze anarchiste e le lotte all’interno della Rivoluzione Messicana. Nel 1911, i ribelli messicani hanno cercato di prendere il controllo della Baja California.* Magón ha scritto riguardo alla ribellione, rivolgendosi ai suoi lettori messicani: “La Baja California appartiene al Messico? Non appartiene a questo paese, ma agli Stati Uniti, all’Inghilterra, e alla Francia. […] Non abbiamo nessun paese perché tutto il Messico è proprietà di miliardari stranieri che schiavizzano i nostri fratelli. Non avete nessun paese, e, per dirla in parole povere, non avete neanche un luogo dove morire.”

L’appoggio a Magón e alla Rivoluzione Messicana è stato forte tra gli anarchici e i socialisti statunitensi. Il romanziere Jack London scrisse un manifesto ai “cari e valorosi compagni della Rivoluzione Messicana” che fu pubblicato su tutta la stampa socialista degli Stati Uniti. “Noi Socialisti, anarchici senzatetto, ladri di polli, fuorilegge e cittadini indesiderabili negli Stati Uniti sono con voi anima e corpo nei vostri sforzi di rovesciare la schiavitù e l’autocrazia in Messico. Il compositore      Joe Hill scrisse, a supporto di Magón: “Mentre la bandiera rossa sventolava nella Baja California*, per quanto mi sforzassi non riuscivo a trovare nessuna “persona importante” nei ranghi ribelli. Trovai soltanto lavoratori comuni, e in gran numero…E’ ora che ogni ribelle riesca a rendersi conto che le ‘persone importanti’ e la classe operaia non hanno nulla in comune. Cantiamo quindi la canzone che dice: “La bandiera dei lavoratori è rosso scuro, e vadano all’inferno le ‘persone importanti’.”

In tutto il libro, Cappelletti parla dell’anarchismo come di qualcosa che era stata introdotta nella regione tramite i lavoratori europei e americani.” Come per altre idee di origine europea, l’ideologia anarchica è stato un prodotto importato in America Latina, “ scrive. L’influenza europea è stata davvero potente, tuttavia questo punto di vista in una storia che purtroppo mette ai margini molti attivisti meticci e indigeni e degli ideologi – un difetto che anche gli autori dell’introduzione opportunatamente trattano. Cappelletti stesso scrive riguardo all’influenza anarchica europea ed americana. “Ma le idee non sono semplici prodotti. Sono anche organismi viventi e, in quanto tali, dovrebbero adattarsi nuovi ambienti; così facendo, si evolvono in modi minori o maggiori.”

Cappelletti cita l’organizzazione politica indigena e il suo pensiero che hanno in comune delle caratteristiche con l’anarchismo. “Raramente si nota che la dottrina anarchica di collettivismo auto-gestito ha una stretta rassomiglianza con i modi antichi di vita e di organizzazione dei popoli indigeni del Perù e del Messico,” scrive, “modi di vita che venivano praticati anteriormente all’imperialismo non soltanto degli Spagnoli, ma anche degli Aztechi e degli Inca prima di loro.”  E, tuttavia, Cappelletti fa il collegamento fino a questo punto; ci sono pochissimi riferimenti alla visione politica indigena o all’organizzazione della comunità, come, per esempio, l’ayllu nelle Ande, una forma di organizzazione della comunità che risale a ben prima dell’impero incaico e che esiste ampiamente anche oggi.

A parte questi argomenti, la pubblicazione di questo libro in inglese è motivo di festeggiamento, non soltanto per la ricca storia e per le fonti sottovalutate, ma per le voci e le teorie di anarchisti morti da lungo tempo, che scrivevano di banchine e di catene di montaggio, leggendo i loro manifesti mentre erano sulla barricate, scioperando e sognando dalla Terra del Fuoco fino a Tjuana.

note

*https://it.wikipedia.org/wiki/Tijuana

*https://it.wikipedia.org/wiki/Bassa_California


Benjamin Dangl ha un Dottorato di ricerca in storia, della McGill University ed è direttore di TowardFreedom.com che fornisce una prospettiva progressista riguardo degli eventi mondiali.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://www.counterpunch.org/2018/06/08/anarchism-in-latin-america-striking-and-dreaming-from-tierra-del-fuego-to-tijuana/

 

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